BOX 5

Il quadro normativo della mediazione penale minorile

In Italia vige il principio della “obbligatorietà dell’azione penale”; pertanto nessuna politica di sviluppo delle pratiche di mediazione può rispondere all’esigenza primaria di riduzione e snellimento delle procedure processuali; il processo penale minorile tuttavia ha in sé la possibilità di ridisegnare i confini dell’intervento penale, creando delle “terre di mezzo” nelle quali è possibile “fare giustizia” senza fare processi.

Ne sono esempio i diversi contesti precedenti il dibattimento e il giudizio, quali:

    • l’art. 9 del DPR 448/88, che prescrive, in fase di indagini preliminari, di acquisire elementi utili alla valutazione delle condizioni e delle risorse personali, familiari, sociali e ambientali del minore;
    • l’art. 27 DPR 448/88, che contempla la pronuncia di non luogo a procedere e quindi di non esercitare l’azione penale per irrilevanza del fatto, prevedendo preliminarmente l’audizione del minorenne, dell’esercente la potestà dei genitori e della persona offesa dal reato;
    • l’art. 28 DPR 448/88, che prevede la sospensione del processo e messa alla prova del minorenne, attraverso un provvedimento del giudice che può anche contenere prescrizioni dirette alla riparazione del danno e alla promozione di iniziative di conciliazione con la vittima. Inoltre, è previsto che il giudice, qualora valuti che la prova abbia avuto esito positivo, debba dichiarare con sentenza l’estinzione del reato;
    • l’art. 564 del codice di procedura penale, che offre un ulteriore spazio per l’attivazione della mediazione in quanto attribuisce al Pubblico Ministero la facoltà di tentare una conciliazione fra querelante e querelato.

Oltre a tali spazi, che precedono la definizione giudiziaria del procedimento, l’intervento di mediazione è possibile anche in fase di esecuzione penale, nell’ambito delle sanzioni sostitutive, già applicabili in fase di udienza preliminare, e all’interno del provvedimento di affidamento in prova al servizio sociale, misura alternativa alla detenzione, in relazione all’opportunità che: “…l’affidato si adoperi in quanto possibile in favore della vittima del suo reato….” ( comma 8 dell’art.47 della L. 354/75). Infine, sempre in fase di esecuzione della pena e, in particolare di quella pecuniaria, spazi per la mediazione sono ravvisabili nel caso in cui detta pena debba essere convertita dal giudice per insolvenza del condannato (artt. 101 e ss. della legge 24 novembre 1981, n° 689).

Rispondi