La vita è il bene più prezioso

La Chiesa Cattolica guarda con grande favore alla ricerca scientifica quando questa, nel rispetto della dignità della persona umana, si prodiga per migliorare la qualità della vita e per approfondire la conoscenza delle leggi della natura

La fecondazione assistita è nuovamente al centro dell’attenzione e dei dibattiti di scienziati, di filosofi, di uomini di Chiesa, di politici e dell’opinione pubblica. Oognuna di queste figure affronta le implicazioni etiche, scientifiche, morali e religiose seguendo un’ottica personale, di tendenza e, qualche volta, utilitaristica.

Il 12 giugno prossimo ci sarà il referendum che abroga parzialmente la legge  n. 40/2004 che si propone di regolamentare in territorio italiano la delicata materia della “procreazione medicalmente  assistita” alle coppie sterili, definite tali in quanto non in grado di concepire e di procreare secondo natura.

Le posizioni discordanti sul tema non possono esaurirsi con “a favore” oppure “contro”, perché l’applicazione di tecniche messe a punto con la ricerca medica – laddove la natura non è in grado di favorire il progetto di concepire una nuova vita che la coppia si prefigge – è una questione strutturalmente molto più articolata e complessa.

La distinzione principale, da un punto di vista etico, è  se sia giusto, e fino a che punto lo sia, aiutare un processo naturale senza per questo sostituirsi alla natura stessa.

Ci aiuta a capirlo don Ettore Malnati, docente ordinario di ecclesiologia, teologia del laicato, antropologia teologica, trinitaria allo studio teologico interdiocesano del Friuli-Venezia Giulia, è membro della commissione per l’ecumenismo ed il dialogo della diocesi di Trieste e presidente dell’associazione culturale Studium Fidei di Trieste.

Don Malnati, quali sono, secondo i principi della fede cristiana, le tecniche scientifiche  socialmente e moralmente accettabili e  quelle assolutamente inaccettabili?

La Chiesa Cattolica guarda con grande favore alla ricerca scientifica che, rispettosa della dignità della persona umana, si prodiga per migliorare la qualità della vita e per approfondire la conoscenza delle leggi che la natura porta in sé. L’antropologia cristiana parte dal fatto che l’uomo è immagine di Dio, e dal Creatore ha la missione di “dominare” cioè conoscere ed aiutare tutte le realtà create a favore della vita, ovviamente nella legittimità dell’etica naturale. Questo è il limite che impone ogni deontologia che vuole servire veramente la persona umana, senza mortificarne la dignità. Le tecniche eticamente applicabili ed accettabili sono appunto quelle che rispettano questi criteri, come già è stato richiamato dal Magistero della Chiesa nel documento Donum Vitae (parte I, n. 2).

La fecondazione artificiale e quella extracorporea in particolare, meglio nota come FIVET, solleva questioni che fanno precipitare addetti e potenziali fruitori in uno stato di confusione dal quale è difficile uscire, anche in presenza di una legislazione a supporto: questa procedura  scinde infatti il concepimento dall’atto coniugale, fondamento della famiglia.

La Chiesa Cattolica considera legale il concepimento legato alla conclusione dell’amplesso affettivo sessuale quale parte integrante del rapporto o atto coniugale in una scelta libera e per amore. Vi possono essere in una coppia delle difficoltà per una procreazione normale. Essendo uno dei fini del matrimonio appunto la procreazione, è legittimo che dei coniugi si facciano aiutare dalla scienza. In questo caso dice il Magistero della Chiesa: “La medicina che voglia essere ordinata al bene integrale della persona deve rispettare i valori specificatamente umani della sessualità” (Giovanni XXIII enc. Mater et Magistra AAS 53, 1961). L’intervento medico appare rispettoso di ciò quando è al servizio della persona mirando ad aiutare l’atto coniugale (in una dimensione omologa) sia per facilitare il compimento sia per consentire di raggiungere il suo fine, una volta che sia stato normalmente compiuto (Donum vitae, parte II, n. 1).

L’embrione ha i diritti giuridici propri dell’essere umano?

Quando l’embrione è formato, cioè alla conclusione di quel processo in cui l’informazione genetica, venuta dallo spermatozoo, si trova all’interno della stessa membrana dell’informazione genetica venuta dalla madre con l’ovulo, in quel momento, un nuovo essere umano è concepito. Non si tratta solo di un “futuribile” o di un ens in potenza, bensì di un uomo “in facto esse” nella normale sua procedura di sviluppo. Pertanto va tutelato. Il Concilio Vaticano II ha con chiarezza sottolineato che “la vita una volta concepita deve essere rispettata e protetta con la massima cura” (Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 51). Di recente, il Magistero ha riaffermato che “la vita umana deve essere rispettata e protetta in modo assoluto dal momento del concepimento” (Carta dei diritti della famiglia n. 2, 1983).

Come viene considerata l’abortività connessa alla Fivet, in quanto parte degli embrioni creati in laboratorio vengono sacrificati in maniera proporzionale al fallimento del loro impianto nel corpo della donna?

Anche la Chiesa Cattolica concorda che la vita fisica, per cui ha inizio la vicenda umana nel mondo, non esaurisce certamente in sé tutto il valore della persona né rappresenta il bene supremo dell’uomo. “Tuttavia ne costituisce in un certo qual modo il valore fondamentale, proprio perché nella vita fisica si fondano e si sviluppano tutti gli altri valori della persona” (Donum vitae, parte I, n. 4). Secondo questo criterio, l’abortività connessa alla FIVET, poiché parte degli embrioni creati in laboratorio vengono sacrificati in maniera proporzionale al fallimento del loro impianto nel corpo della donna, pone gravissimi problemi morali in quanto non si tutelerebbe l’inviolabilità del diritto alla vita dell’essere umano innocente (Donum vitae, parte I, n. 4) dando adito ad una mentalità di “intercambiabilità” che svilisce il valore dell’unicità dell’individuo e quindi di ogni embrione.

Nel corso di queste procedure, gli embrioni in soprannumero vengono congelati senza che vi sia una conoscenza precisa del loro utilizzo futuro; vi sono proposte di utilizzare gli embrioni in soprannumero per la ricerca e la sperimentazione che male si accordano ad uno status giuridico di soggetto di diritto. Quali sono, secondo lei, le valutazioni da fare secondo coscienza?

Sottostare a questa logica significherebbe un modo di procedere scientifico-sperimentale che manipolerebbe la vita umana con gravissime conseguenze come quelle di “produrre” un fratello come mezzo di ricambio dell’altro, creando esseri umani di serie A e Z. Ciò è moralmente inaccettabile tra persone viventi. E’ necessario chiedere alla scienza di continuare le ricerche per la salute dell’uomo, tenendo conto di uno dei principi fondamentali dei diritti umani che è l’uguaglianza e non la subordinazione. Fintanto che la persona non può esprimere la sua libera decisione a sacrificarsi per l’altro, le Istituzioni debbono tutelare tutti i soggetti che potenzialmente godono di questi diritti (vedi ad esempio i minori nella legislazione patrimoniale). E’ doveroso affermare con serietà e convinzione che questo modo di procedere delle biotecnologie va “in direzione esattamente contraria al rispetto della vita e rappresenta una minaccia frontale a tutta la cultura dei diritti dell’uomo” (Giovanni Paolo II, enc. Evangelium vitae, n. 18).

Nella fecondazione assistita di tipo eterologo i gameti vengono prelevati da soggetti esterni alla coppia. In questo caso, giuridicamente sorge il problema che i genitori sociali e quelli biologici non coincidono,  eciò fa sì che questa pratica venga considerata lesiva del principio della dignità umana. E’ possibile, con queste premesse, raggiungere una posizione che metta d’accordo il legittimo desiderio delle coppie sterili a procreare e crescere i figli nell’amore e nel rispetto della vita oppure ci troviamo di fronte ad un accanimento che della vita ignora il senso più profondo per soddisfare una necessità?

Siamo consapevoli della tristezza delle coppie sposate che vorrebbero poter realizzare il dono della paternità e della maternità. E’ loro diritto cercare il figlio con l’aiuto della scienza, ma senza accanimento ed in conformità con la legge morale. Anzitutto qui è da dire che i figli non sono un diritto a tutti i costi per la morale cristiana, bensì un dono ed una benedizione (Donum vitae, parte II, n. 4). Quindi la fecondazione artificiale eterologa, essendo fuori da questa logica, non può essere considerata morale.

 

Marina Galdo

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