Elisabetta II e la crisi delle repubbliche parlamentari

Foto di M. Harris da Pixabay

8 Settembre 2022, una data che entra nei libri di storia: sancisce la fine di quello che è stato il regno più lungo della storia della Gran Bretagna. La regina Elisabetta II viene a mancare all’età di 96 anni mentre si trova nella residenza reale di Balmoral, in Scozia.

Un fulmine che squarcia una tranquilla giornata di fine estate e che segna la perdita di uno degli ultimi pilastri del ‘900.

Il clamore suscitato dalla notizia della morte della regina deriva da un aspetto storico e da un altro invece più preoccupante: il sociale.

Elisabetta II è un personaggio storico. Dopotutto, se si pensa ad un qualsiasi evento accaduto nel Novecento, si scopre come Elisabetta sia in qualche modo presente. Prima a sostegno del padre Giorgio VI e dal 1952 come regina. Durante la Seconda Guerra mondiale partecipa attivamente prestando servizio presso l’“Auxiliary Territorial Service” come autista e meccanico. Ha dato incarico a 15 Primi Ministri, tra cui si citano Winston Churchill e Margaret Thatcher. Ha vissuto l’adesione del Regno Unito alla Comunità Economica Europea nel 1973 e il referendum del 23 giugno 2016 che ha portato all’uscita del paese dall’UE il 31 gennaio 2020. Durante la pandemia di Covid rassicura il proprio popolo con uno storico video messaggio indirizzato alla nazione, quarto della storia del suo regno, esclusi i messaggi di Natale.

L’aspetto sociale non è da meno. La regina Elisabetta rappresenta un simbolo di unità. Qualsiasi sia la crisi in atto, essa diventa un punto di riferimento, non solo per i suoi sudditi, ma per l’intero mondo. Il popolo ha un’unica certezza: la regina è sempre lì al suo posto.

Può preoccupare che la regina inglese rappresenta meglio di qualunque altro monarca in Europa l’ultimo rimasuglio di un mondo in cui poche famiglie, per “volere divino”, hanno governato. Un mondo, quello della nobiltà, le cui basi si poggiano principalmente su protocolli, regole e apparenza: palazzi sfarzosi, cerimonie fiabesche. I sudditi non sempre vedono di buon occhio il proprio regnante, eppure tanti lo riconoscono come simbolo di identità nazionale.

Un’ identità che al mondo d’oggi tanta gente fatica a trovare.

Nel mondo occidentale, sintomo comune tra le persone è proprio il non sentirsi rappresentati dalle istituzioni e dai politici.

I più recenti sondaggi effettuati in Italia in vista delle elezioni politiche del 25 settembre 2022 mostrano come circa l’80% degli italiani non abbia alcuna fiducia nella politica e non creda che quest’ultima possa realmente cambiare le sorti del paese. Un dato allarmante che in parte deriva dall’esperienza delle passate legislazioni ma che probabilmente trova le radici in quello che è la mancanza di una vera identità nazionale che vada oltre gli slogan politici e che sia fruttuosa per la crescita e lo sviluppo sostenibile dello Stato.

Il concetto di identità nazionale è legato all’assenza di un processo che venga portato avanti dallo Stato affinché le persone si identifichino e si riconoscano in qualcosa. La mancanza di un’identità nazionale porta instabilità e insicurezza. Porta alla ricerca dell’uomo simbolo al comando. Ciò si traduce talvolta nell’appeal che di conseguenza acquisiscono determinati partiti nazionalisti, e talvolta nell’ammirazione di una figura come quella di un regnante.

Elisabetta II affascina coloro che vedono in essa un personaggio che va oltre la politica, aspetto che si fonda sul fatto che un monarca non viene eletto da nessuno.

Allo stesso tempo la monarchia, intesa come monarchia parlamentare, rimane una forma di governo che attrae principalmente chi non la vive. Una forma di governo che de facto non varia da una qualsiasi Repubblica parlamentare, se non per la figura del monarca, che rimane comunque di rappresentanza.

La monarchia costituisce allora una reale soluzione alla crisi delle repubbliche parlamentari?

Probabilmente no.

Il problema è molto più complesso ed è radicato nella classe politica formatasi in tanti anni di Repubblica.

In Italia, i principi cardine della Costituzione sono stati traditi più e più volte durante l’arco della storia repubblicana. Ciò non si lega dunque alla mancanza di un monarca, bensì all’assenza di figure in grado di fornire al popolo le linee guida necessarie alla crescita e allo sviluppo dell’Italia.

Sempre più spesso il bene del Paese è stato sostituito dall’interesse personale, il che ha contribuito a spaccare ancor di più una nazione già per natura divisa.

Uno Stato senza identità e unità è uno Stato che non ha futuro, perciò il primo passo per risollevarne le sorti deve essere la costruzione di quel senso di appartenenza e unione di intenti che in troppo pochi hanno saputo fare.

Compito che, invece, la regina Elisabetta II ha ben incarnato durante il suo lungo regno.

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