L’espansione del mercato dei droni

Ad eccezione dell’Egitto, inserito nella regione del Medio Oriente, Marocco e Algeria sono i principali importatori di armi nel continente africano e sembra che l’obiettivo sia prepararsi per un reciproco scontro armato. Nel Sahara occidentale le tensioni fra i due Paesi infatti crescono progressivamente. Inoltre, secondo Africa Intelligence, il Marocco si sta affermando come uno dei maggiori importatori e produttori di droni armati e droni kamikaze: i loitering munitions, cioè munizioni che esplodono quando raggiungono l’obiettivo.

Quest’ultimo apparato d’arma rende sempre più inquietante il concetto di guerra legata alle intelligenze artificiali. Ma andiamo con ordine. Sono alcuni anni che il Pentagono ha attivato il Centro di coordinamento per l’intelligenza artificiale (Jaic). Inoltre il Darpa, l’agenzia statunitense della difesa per progetti avanzati, ha condotto vari test su flotte di droni capaci di collaborare in autonomia completa senza controllo umano. Sperimentazioni simili ( sciami di droni in volo autonomo ) sono in corso in Russia e in Cina che ambisce a diventare leader nel campo dell’intelligenza artificiale.

Gli Usa impiegano però da tempo droni armati a controllo remoto, ne possiedono circa 10 mila di varie dimensioni, autonomia e potenza.  Queste armi sono ad appannaggio anche di molti altri Paesi quali Regno Unito, Israele, Nigeria, Pakistan, Iran, Iraq e Italia. Si, l’Italia è il terzo Paese della Nato, dopo USA e Gran Bretagna, ad usare il Predator B, un aeromobile a pilotaggio remoto armato.

Ma vediamo di fare chiarezza sull’evoluzione di questi sistemi. Dopo i droni spia (apparecchi a controllo remoto disarmati) e i droni armati ( capaci di colpire i bersagli con diversi gradi di autonomia ) gli arsenali si possono arricchire oggi dei droni kamikaze, cioè velivoli sempre a controllo remoto ma molto più economici, di ridotte dimensioni, che imbarcano bombe per esplodere al momento dell’impatto con l’obiettivo. Gli Stati Uniti guidano l’industria di queste nuove armi insieme ad Israele, Turchia, Russia, Iran e Cina.

Il mercato dei droni utilizzati in battaglia è quindi in progressiva espansione, dai 486 milioni nel 2016 si arriverà a fine 2021 a quasi mille milioni di dollari. Il basso costo e la semplicità dei droni kamikaze incentiverà ulteriormente la crescita di questo business. Nei prossimi dieci anni si prevede che verranno spesi oltre 100 miliardi di dollari per lo sviluppo e acquisto di nuovi droni che saranno sempre più sofisticati, autonomi e miniaturizzati.

I compratori però non saranno più solo le forze armate delle varie nazioni sovrane ma anche terroristi e piccoli eserciti, più o meno regolari, che potranno usufruire di metodi offensivi prima di oggi a loro preclusi.

Per il momento tutti i droni possono agire solo su controllo di un operatore umano. Ma le tecnologie d’intelligenza artificiale sempre più evolute, la mancanza di legislazioni adeguate, regole di ingaggio poco chiare e il possesso di queste armi da parte di  governi canaglia o gruppi terroristici porteranno a conflitti del tutto nuovi rispetto a quelli a cui “siamo abituati”.

Tratto da “La Ragione”.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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