La più grande area di libero scambio

Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP)

Quindici paesi dell’Asia e del Pacifico scommettono sull’integrazione economica della regione. 

La Cina ed altri quattordici paesi si sono uniti in un mega-accordo di libero scambio, in gestazione da un decennio. L’intesa, la Regional Comprehensive Economic Partnership (RCEP), è stata firmata domenica scorsa al termine di un summit regionale online (host virtuale il Vietnam). 

Di quello che è destinato a diventare il più grande accordo di libero scambio del mondo, fanno parte i dieci membri dell’Associazione delle nazioni del sud-est asiatico (ASEAN), la Cina, il Giappone, la Corea del sud, l’Australia e la Nuova Zelanda. Le quindici nazioni asiatiche rappresentano circa un terzo della popolazione e del prodotto interno lordo mondiali (anche senza l’India, che l’anno scorso ha abbandonato l’intesa, per timore che l’accordo avrebbe danneggiato le industrie e i produttori indiani). 

Eliminare i dazi sulle importazioni, regole per e-commerce

Il prodotto interno lordo complessivo delle nazioni firmatarie equivale a circa 26 trilioni di dollari e rappresenta (stando ai dati del 2019) circa il 28% del commercio globale (più grande, per capici, sia dell’intesa tra Stati Uniti, Messico e Canada sia dell’Unione europea). Il RCEP eliminerà, entro vent’anni, circa il 90% dei dazi sulle importazioni tra i paesi che hanno aderito all’accordo e stabilirà regole comuni per l’e-commerce, gli scambi e la proprietà intellettuale, mentre ha scansato ogni impegno sul lavoro e sull’ambiente. Il RCEP è progettato per far sì che le aziende e gli operatori risparmino tempo e denaro consentendo loro di esportare le merci in ognuno dei paesi firmatari senza dover soddisfare richieste differenziate per ogni paese. L’intesa entrerà in vigore nel 2021. 

I paesi associati hanno anche sottolineato l’importanza che riveste l’accordo in una fase in cui il mondo cerca di riprendersi dai disastri provocati dalla pandemia da coronavirus e hanno dichiarato in un comunicato congiunto che l’intesa “avrà un ruolo importante nel costruire la resilienza regionale attraverso una ripresa economica post-pandemia inclusiva e sostenibile“.

Il valore simbolico dell’accordo

Il valore simbolico dell’accordo va, tuttavia, molto oltre il suo valore reale. Il coinvolgimento della Cina è un segno della sua disponibilità a svolgere un ruolo costruttivo, nonostante le azioni aggressive condotte nel Mar cinese meridionale, ad Hong Kong ed altrove, ha detto alla CNN William Reinsch, del Center for Strategic and International Studies (CSIS). Ad esempio, il RCEP potrebbe fornire a Cina ed Australia, coinvolte di recente in dispute commerciali, “un’altra piattaforma dove discutere e smussare le loro divergenze”. 

Secondo diversi analisti, l’accordo è una prova ulteriore del crescente potere dell’Asia ed evidenzia, anche dal punto di vista simbolico, appunto, l’importanza di una regione all’alba di quello che, a detta di molti, probabilmente sarà conosciuto come “il secolo asiatico“. 

L’intesa segnala, infatti, che l’Asia continua a promuovere la liberalizzazione degli scambi commerciali anche se altre regioni sono diventate al riguardo più scettiche e la cosa, secondo gli economisti della HSBC, può consolidare una tendenza in corso da decenni, “il fatto che il centro di gravità economico globale continua a spingersi senza sosta verso Est”. Le stime suggeriscono che il blocco dell’ASEAN potrebbe essere la quarta più grande economia nel mondo entro la la fine del decennio.

Un segnale per gli U.S.A.

Si prevede che il RCEP estenda il raggio d’azione di Pechino nell’Asia sudorientale, dove il commercio quest’anno è cresciuto nonostante la pandemia. Inoltre, molti ritengono che la Cina, il principale architetto dell’intesa, sfrutterà l’accordo per mandare un segnale al nuovo presidente degli Stati Uniti, Joe Biden, e fargli vedere come Pechino abbia ampliato la sua agenda multilaterale di libero scambio durante un’amministrazione americana unilateralista e ripiegata su se stessa come quella di Donald Trump. Se, infatti, il RCEP diventerà il più grande accordo commerciale del mondo, è solo perché Trump ha tirato fuori gli Stati Uniti dal Trans-Pacific Partnership (TPP) nel suo primo giorno in carica all’inizio del 2017: una mossa che ha deluso profondamente gli alleati asiatici dell’America, e cioè il Giappone, Singapore ed il Vietnam. 

La firma del RCEP, a pochi mesi dall’insediamento di Biden in gennaio, potrebbe indebolire ulteriormente gli Stati Uniti, dato che l’amministrazione Biden, se dovesse cercare di unirsi nuovamente a quello che ora si chiama il Comprehensive and Progressive Agreement for Trans-Pacific Partnership (CPTPP), come ha detto di voler fare, probabilmente dovrà affrontare una opposizione interna molto agguerrita. Trump si è tirato fuori dal TPP perché riteneva sarebbe costato posti di lavoro americani, anche nella manifattura. Il CPTPP promette una eliminazione dei dazi ancora più rapida ed ampia del RCEP e include significativamente regole e previsioni sul lavoro e sull’ambiente. 

Tuttavia, se il nuovo accordo comporterà uno spostamento delle dinamiche regionali in favore della Cina, dipenderà molto dalla risposta americana, sostiene Reinsch, che non a caso sottolinea l’importanza dell’elezione di Joe Biden. “Se gli Stati Uniti continuano ad ignorare o a maltrattare i paesi dell’area, il pendolo dell’influenza oscillerà verso la Cina. Se Biden ha un piano credibile per ristabilire la presenza e l’influenza degli Stati Uniti nella regione, il pendolo potrebbe tornare verso di noi”. 

Ma, mette in guardia Pepe Escobar su Asia Time Online, il più grande patto di libero scambio finora realizzato non ha a che fare con l’esclusione degli Stati Uniti o con le ambizioni geopolitiche della Cina, ma piuttosto con la naturale evoluzione dell’integrazione in Asia. “Il RCEP potrebbe costringere l’Occidente a fare i compiti e a comprendere che il punto non che l’accordo ‘esclude gli USA o che è progettato dalla Cina. Il RCEP è un ampio accordo dell’Asia orientale, avviato dall’Asean e discusso dal 2012 tra pari, incluso il Giappone, che a tutti gli effetti si posiziona come parte del Nord Globale industrializzato. È il primissimo accordo commerciale che unisce potenze asiatiche come la Cina, il Giappone e la Corea del Sud”. 

Infatti, significativamente, il RCEP rappresenta il primo accordo commerciale tra le tre grandi potenze economiche industriali dell’Asia. Le tre nazioni del Nord est dell’Asia stanno, infatti, negoziando dal 2012 per definire un’intesa trilaterale, ma negli anni recenti non ci sono stati grandi progressi poiché la rivalità geopolitica si è intensificata. 
“Dove non passano le merci, passano gli eserciti”, recita una celebre massima attribuita all’economista francese del XIX secolo Frederic Bastiat. Ma, di conseguenza, è vero anche il contrario: dove passano le merci, non passano gli eserciti. Il che, per inciso, è forse la chiave giusta per capire quel che accade in Asia (e, ovviamente, per capire l’Europa di oggi e quella di domani).

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