IL SIPARIO SI ALZA SULLE “ALTRE REALTÀ” E ALLA RIBALTA ARRIVANO GLI “ATTORI SENSIBILI”

LE ORIGINI. I LUOGHI

l nostro percorso artistico è iniziato a metà degli anni ‘80 nelle stanze/galleria di un grande appartamento nel centro storico di Parma. La scelta di lavorare in spazi non convenzionali è rimasta nel tempo una nostra nitida cifra stilistica. Ma oltre alla “glorificazione” dell’identità spaziale dei luoghi attraversati nelle nostre mise en site, nei primi anni ‘90 abbiamo sentito prioritaria la necessità di disporre di un luogo di lavoro “stabile”, in cui creare le nostre opere senza i vincoli legati alle comuni tipologie teatrali.

Una vecchia fabbrica di circa 1.000 m2 situata nella periferia storica della città, ristrutturata la- sciandone intatti i segni del tempo, è diventata la nostra officina creativa e la sede permanente delle nostre attività. Oltre alla presentazione dei nostri spettacoli e alla realizzazione dei laboratori pluridisciplinari, dal 1996 abbiamo aperto un dialogo attivo con la scena contemporanea internazionale attraverso la direzione di un Festival – da noi curato – dedicato alle nuove ricerche artistiche: Natura Dèi Teatri è un progetto di produzione e riflessione sullo stato dell’arte contemporanea. Il nostro spazio fisico ed espressivo viene attraversato dalle esperienze estetiche più innovative nell’ambito delle performing arts europee. Gli artisti sono invitati a produrre lavori ad hoc per il Festival, stimolati da impulsi concettuali suggeriti dalla nostra visione poetica.

L’IMAGOTURGIA

Il continuo rispecchiarsi e “dialogar/si” tra immagine e corpo dello stesso attore compone l’imago turgia. Essa trasforma l’immagine creata in precedenza in teatro vitale e viceversa, in una dialettica profonda – in agone estetico – che fonde insieme parola e gesto, finzione e verità.

Qui e ora e qui e allora, il presente e il passato, l’Io e l’Es del performer. Ho inventato il neologismo “imagoturgia” perché troppo spesso l’immagine proiettata era, ed è tuttora, solo parte fondamentale della scenografia, amplificazione visiva del corpo dell’attore, fantasma virtuale dialogante o agente evocativo, oppure sostituisce il ruolo primario dell’attore diventando essa stessa protagonista, epifania nel significato primario di apparizione divina per suscitare emozioni e visioni grandiose.

La relazione con l’immagine è profondamente connaturata alla pratica artistica di Lenz, in sintesi la realizzazione ad hoc di opere visive in stretta connessione con la scrittura drammaturgica e l’installazione scenica.

LA PEDAGOGIA. LE PRATICHE DI TEATRO SOCIALE

Matrice irrinunciabile del pensiero pedagogico di Lenz è la ricerca di una nuova funzione linguistica dell’attore nel teatro contemporaneo.

Il laboratorio è lo stato in cui si trasfondono sapienze drammatiche, filosofie sceniche e tecniche del vivente, è il tempo in cui l’umano trapassa sé per compiersi pienamente nel proprio destino artistico e poetico. È monumento in costruzione. Da anni abbiamo avviato Pratiche di Teatro Sociale, un progetto che si articola in differenti percorsi laboratoriali rivolti a disabili intellettivi, fisici, sensoriali, ex lungo-degenti psichici, soggetti normalmente esclusi dai processi artistici.

Il teatro contemporaneo sente maturare in un pro- cesso naturale la necessità di fondersi con l’esse- re sociale in condizione di fragilità, vulnerabilità, debolezza, sofferenza, alla ricerca di una nuova resurrezione artistica. L’aspetto che differenzia questa pratica di ricerca è il primato del disegno drammaturgico sulla nuclearità dell’improvvisa- zione relativa. Nella poetica di Lenz, la forma degli esiti spettacolari è l’intreccio profondo tra la radice, il nucleo originario del testo e il suo svelamento attraverso la parola e il gesto dell’attore.

GLI ATTORI SENSIBILI. UN ESEMPIO

In questi anni il nostro pubblico ha esperito tante modalità di messa in scena. Come cambia la funzione di chi deve predisporre il complesso articolarsi di segni linguistici se il segno primario – l’attore sensibile – pone già in partenza un potenziale espressivo esplosivo e di per sé catartico? Quale altro attore o attrice, se non attore o attrice sensibile, potrebbe dire lo stesso verso nella medesima intonazione, improvvisazione, discrezione, sincerità, invenzione? L’attore sensibile diventa presenza senza tempo, universale, rappresentativa di quella dimensione spaziale, emozionale, teatrale nel senso più puro. Non c’è caricatura, né imbonitura. C’è solo la Parola nell’unica modalità in cui deve essere detta. Questo pro- voca grande emozione in chi partecipa, e in questa emozione si condensano i diversi linguaggi. Icona del nostro teatro è Barbara Voghera, attrice sensibile con Sindrome di Down, storica interprete delle nostre creazioni da quasi vent’anni. Le nostre vite artistiche si sono incrociate alla fine degli anni ‘90 e da allora sono diventate inseparabili, stimolate da un processo creativo in continua evoluzione, arricchito dall’esplorazione “furiosa” delle grandi drammaturgie: Shakespeare, Goethe, Calderón, Manzoni, Ariosto. In particolare, Hamlet Solo, straordinario monologo interpretato da Barbara, è la summa di questa lunga e profonda esperienza scenica condivisa, una creazione teatrale in cui la monumentalità del capolavoro classico si traspone in una nuova sintesi di potente densità emozionale. Barbara Voghera è protagonista di questo ritratto tragico sull’esistenza umana: non solo un’interprete, ma corpo di dolorosa poesia e di imperfetta bellezza, capace di incarnare le pa- role shakespeariane in un’oscillazione esponen- ziale tra perdita e ritrovamento del senso.

Maria Federica Maestri

PEDAGOGIA, IMAGOTURGIA E PRATICHE DI TEATRO SOCIALE COME PERCORSO DI INSERIMENTO. L’ESPERIENZA DELLA FONDAZIONE LENZ DI PARMA CHE, DA QUASI QUARANT’ANNI, LAVORA CON SOGGETTI NORMALMENTE ESCLUSI DAI PROCESSI ARTISTICI 

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