Teoria monetaria moderna, tra Covid e crisi economica

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Per quanto rapida, una trattazione sulle politiche monetarie e finanziarie degli Stati richiede però qualche riflessione preliminare.

Periodo di emergenza, periodo di novità e cambiamento. Ogni crisi crea un’opportunità e la pandemia da Covid-19 può diventare l’occasione per un ripensamento dell’economia così come oggi la conosciamo.

La situazione attuale

Innanzitutto, va tenuto in considerazione come un mercato del lavoro più ristretto potrebbe dare ai lavoratori più potere contrattuale e una rivalutazione equilibrata del debito pubblico potrebbe far aumentare gli investimenti in economia sostenibile, in questa nostra epoca attuale focalizzata sull’innovazione, su intermediazioni finanziarie più economiche e su una politica monetaria che si sta affrancando dalla presenza di denaro fisico.

Attualmente si lavora per tenere l’inflazione bassa e stabile, per mettere l’occupazione al primo posto, tramite la politica monetaria di innalzamento e abbassamento dei tassi di interesse a breve termine come leva per favorire consumi e investimenti. L’indipendenza delle banche centrali dai governi ha finora assicurato che il modello funzionasse, mentre la politica fiscale è stata usata per mantenere bassi i debiti pubblici e ridistribuire il reddito nella misura e nel modo che i politici hanno ritenuto opportuno.

Anni di politiche monetarie straordinarie e di tassi zero non hanno però ravvivato il PIL globale e non hanno fatto ripartire in maniera decisa il mercato del lavoro, nonostante l’inflazione sia rimasta contenuta.

Inoltre, l’epidemia di Coronavirus ha bloccato produzione e catene di approvvigionamento, e di conseguenza avrebbe dovuto causare un aumento dei prezzi. Invece, ha avuto un impatto maggiore sulla domanda di beni, causandone il crollo. Il desiderio di investire è calato, mentre sono aumentati i risparmi accumulati sui conti correnti. La pandemia ha evidenziato e accentuato le disuguaglianze nel sistema economico e la polarizzazione sociale.

Questo è il punto chiave del nuovo sistema: ideare nuovi modi per tornare alla piena occupazione.

La teoria monetaria moderna (MMT) torna a far parlare di sé proprio ora, durante la pandemia: i governi aumentano la spesa e il debito pubblico cresce a dismisura, generando disagi sociali e una corsa al modo di frenare la gravità economica della situazione.

La teoria monetaria moderna

I Paesi aventi sovranità monetaria non sono vincolati al quantitativo delle entrate riguardo alle operazioni di spesa governative.

Questi governi non hanno bisogno né di tasse né di prestiti per attuare le politiche proposte e democraticamente decise dai cittadini in quanto possono stampare tanta moneta quanta sia necessaria poiché sono i detentori del monopolio dell’emissione della valuta sul loro territorio.

L’idea centrale è che il governo possa stampare quanto denaro voglia, in quanto non può andare in fallimento od essere insolvente, tranne nel caso in cui non prenda la decisione politica di farlo.

Il debito pubblico non sarebbe un indicatore di un collasso economico, non essendo altro che il denaro immesso nell’economia statale non ancora sottoposto a tassazione: per questo motivo non ha qui significato comparare il bilancio di Stato e quello di una famiglia o di un cittadino o di una società. 

L’unico limite reale è la disponibilità di risorse reali, come i lavoratori, le materie prime. Quando la spesa pubblica è troppo elevata rispetto alle risorse disponibili, l’inflazione può effettivamente aumentare. Tuttavia, le tasse creano una domanda continua di valuta e costituiscono uno strumento per prelevare e drenare denaro da un’economia inflazionata, contrariamente all’idea convenzionale secondo cui le tasse servano a fornire al governo denaro sonante da spendere per costruire infrastrutture, finanziare programmi.

Non è una teoria nuova e non sono nuovi molti dei suoi principi che trovano però nella stessa una strutturazione più organica. 

Non gode di approvazione fino in fondo, ma rimane il fatto che da qualche tempo ha iniziato a comparire anche nei rapporti di banche e società di investimento. Ed è verosimile attendersi che in un periodo che vede aumentare sensibilmente la spesa e il debito pubblico a causa della pandemia la sua popolarità sia destinata ad aumentare.

Questa possibilità, però, si offre solo a paesi che abbiano il pieno controllo della propria moneta. Non vale quindi per una nazione come l’Italia, che dipende dalla Banca centrale europea, o per paesi che fanno dipendere la loro moneta da valute estere.

Se la quantità di beni di consumo non aumenta, mentre aumenta il denaro circolante, i prezzi aumenteranno, ma la ricchezza ristagnerà. L’inflazione si comporta come una tassa indiretta sui risparmiatori e ridistribuisce i patrimoni.

Il finanziamento in disavanzo non sarebbe un problema. Se le risorse produttive non vengono pienamente utilizzate a causa di una domanda interna ed estera ripetutamente insufficiente, il settore pubblico potrebbe compensare la carenza della domanda con disavanzi a sostegno dell’attività.

Coerenza e logica, tra la teoria e la realtà

L’impianto di fondo non regge rispetto ad una logica economica di base.

Se un governo e una banca centrale volessero applicare oggi la teoria la loro credibilità andrebbe a vacillare.

Il debito pubblico emesso dal governo e detenuto dalla banca centrale sale nominalmente, il governo genera più inflazione per abbattere il valore reale del debito. In questo contesto il governo non ha motivo di frenare la crescita del debito per contenere l’inflazione. Anzi, prevedendo la situazione, le imprese e le famiglie avranno maggiori aspettative verso l’inflazione.

Di conseguenza, l’inflazione cresce fin dal primo momento.

Si parla in questo caso di incoerenza temporale. Al governo conviene, in futuro, fare qualcosa di diverso rispetto a quanto annunciato al tempo corrente.

Una separazione tra politica monetaria e fiscale è il motivo principale per cui l’inflazione è stata messa strutturalmente sotto controllo negli ultimi 25 anni.

Quando una spinta recessiva, come la crisi da Covid-19, spinge i tassi di interesse nominali vicino a zero, la discesa dell’inflazione alimenta le aspettative di deflazione. 

In assenza di una possibile risposta della Banca centrale, i tassi di interesse reali crescono e scoraggiano i consumi e gli investimenti. L’attività economica si ritrova ad essere soffocata ancora di più. In questo quadro all’economia gioverebbe creare un minimo di inflazione, per spingere al ribasso i tassi di interesse reali e invertire l’andamento.

Il dilemma della politica economica di oggi è proprio questo. 

Non è possibile verificare con certezza a priori se un modello introdotto consenta effettivamente di manipolare in misura moderata e controllata l’andamento nell’inflazione.

Di fronte alle necessità della sanità, del sostegno economico alle attività e ai bisogni dei cittadini, la teoria monetaria moderna fornisce una risposta rapida, concreta e logicamente appetibile. Non si può ignorare, però, che il tutto deve essere contestualizzato rispetto agli istituti, ai meccanismi e alle interazioni dell’economia reale e alle possibili reazioni.

Tra convenzione e realtà, tra i vantaggi e le contraddizioni rimane il dubbio. La teoria monetaria moderna, per quanto alcuni suoi meccanismi trovino spazio nelle sperimentazioni di alcune banche nei periodi di recessione, non sembrerebbe fornire la soluzione necessaria alla crisi di oggi.

Rosario Pullano

Rosario Pullano è studente del Politecnico di Torino, dove frequenta il corso di laurea magistrale Physics of complex systems, percorso internazionale interateneo tra icpt, sissa e alcune università di Parigi. Nasce a Catanzaro l’8 febbraio 1997. All’età di 5 anni si trasferisce con la famiglia a Trieste. Si forma presso il Liceo Classico “Dante Alighieri” e, successivamente, studia all’università “La Sapienza” di Roma, dove consegue la laurea triennale in fisica. Si trasferisce a Bologna un anno, dove completa il corso di alta formazione in finanza matematica. Il 21 novembre 2016 è tra i vincitori nella categoria “Giovani Promesse” nella Sezione Poesia singola del “Concorso letterario internazionale Michelangelo Buonarroti”. Pubblica la raccolta di poesie “Memorie del futuro: sentimenti” nel 2019 con la casa editrice EuropaEdizioni. Ad oggi, continua a scrivere in ambito creativo e in ambito giornalistico e segue le sue ispirazioni imprenditoriali occupandosi di progetti di start up relativi al mondo dell'innovazione dei servizi digitali. 

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