Migrazione e cambiamento climatico, i temi discussi sul veliero di Greenpeace a Palermo

“Salvare vite è un dovere non un crimine” : a bordo della Rainbow Warrior di Greenpeace la mattina del primo luglio un incontro tra Ong e il primo cittadino di Palermo, Leoluca Orlando.

Dopo l’arresto della comandante della Sea Watch 3 Carola Rackete con l’accusa di “resistenza o violenza contro nave da guerra”, parte della società civile, mossa da un’ondata di sdegno, si è schierata dalla parte di chi interviene per trarre in salvo vite umane. Le piazze di Palermo, Napoli, Pescara da megafono alla richiesta di liberazione della giovane attivista.

Anche Greenpeace e Mediterranea hanno dato voce al proprio dissenso. Lo hanno fatto nella soleggiata mattina del primo luglio, sul pontile della Rainbow Warrior, famoso veliero della Ong ecologista ormeggiato nel porto di Palermo da tre giorni in occasione del tour europeo “Uniti per il clima”.  A bordo del natante arcobaleno il Direttore Esecutivo di Greenpeace Italia, Giuseppe Onufrio, il Capo Missione di Mediterranea Luca Casarini, il sindaco Leoluca Orlando. Sonoro di gabbiani e fruscio di tramontana a far da cornice all’incontro.

Il Direttore di Greenpeace, Giuseppe Onufrio,  ha subito sottolineato lo stretto legame esistente tra  flussi migratori e crisi climatica soprattutto in Africa: «Il fenomeno migratorio va gestito attraverso politiche attive con i paesi soggetti all’alterazione del ciclo delle piogge che provoca desertificazione. In assenza di nutrimento scappare è quello che ognuno di noi farebbe». Nel manifestare piena solidarietà nei confronti della scelta morale compiuta da Carola Rackete ha aggiunto «Non è possibile assistere ad un tentativo di criminalizzazione di chi non fa altro che salvare vite. Esiste un principio morale assoluto, cardine della normativa internazionale e metterla in discussione è molto pericoloso». 

A porre ancor di più l’accento sull’intreccio tra desertificazione ed emigrazione è Luca Casarini della Ong Mediterranea. «Il primo motivo di movimento dal sud verso il nord è la desertificazione. Molto spesso in mare ci raccontano di fughe da paesi in cui non si può più coltivare nulla, dove non c’è acqua e il cambio del ciclo delle piogge provoca disastri. Per questo il tema dei cambiamenti climatici ha a che fare con il tema della libertà di movimento dell’essere umano, con il diritto alla vita, con la visione che abbiamo di questo mondo.   È la democrazia che si scontra con l’autoritarismo, con una visione esclusiva del pianeta che dovrebbe appartenere solo a qualcuno che lo usa senza pensare a quelli che verranno dopo e senza pensare alle conseguenze». 

Non manca una dura presa di posizione da parte della stessa Ong che più di un mese fa ha subìto il sequestro della propria nave per aver salvato cinquantadue migranti in fuga dai lager libici. «Chi fa affogare le persone, chi le costringe dentro dei lager nazisti, chi costringe i bambini a vedere le proprie madri stuprate, chi non soccorre una persona in mare è un criminale.  Attraverso la guerra al paradigma della legge del mare si vuole fare la guerra all’idea di democrazia, all’idea di centralità della vita umana sopra ogni cosa, all’idea della possibilità di vivere in un mondo dove non esiste un sovrano che ha la libertà di farti morire o la possibilità di farti vivere» Termina il suo intervento con l’annuncio del ritorno in mare con un nuovo natante battente bandiera italiana  perché «dall’inizio dell’anno oltre 1500 morti nel Mediterraneo Centrale hanno trasformato questo nostro mare in un’enorme fossa comune. Noi torneremo in mare nonostante la criminalizzazione perché pensiamo che questa sia una battaglia che bisogna fare. Già un’altra volta nella storia d’Europa ci siamo girati dall’altra parte ed è successo uno sterminio, non lo possiamo più fare».

Un grande gesto di sostegno alla Sea Watch 3 dal sindaco di Palermo Leoluca Orlando che ricorda il conferimento della cittadinanza onoraria a tutto l’equipaggio e la mobilitazione civile attesa per lo stesso pomeriggio lungo le vie della città. Attentato alla sicurezza. Per il primo cittadino il ministro dell’interno Salvini «Non tiene conto della sicurezza degli esseri umani». E continua «Se esiste una legge dove dimensione morale e dimensione giuridica coincidono è la legge del mare, perché s’impone non è una facoltà. S’ impone al comandante di una nave di salvare chi è in pericolo a mare senza distinzione alcuna e s’impone di decidere dov’è il porto sicuro. Lo stesso Ministro degli Esteri con evidente imbarazzo ha dovuto riconoscere che la Libia non è un porto sicuro. Proprio per questo credo che siamo in presenza di uno stato di necessità creato ad arte dal Ministro degli Interni per non aver consentito l’approdo esasperando gli animi e ponendo la comandante di fronte ad una scelta che è un dovere ma anche uno stato di necessità». Leoluca Orlando, da sempre in prima linea nella difesa dei migranti anche questa volta non si sottrae chiudendo così il suo accorato intervento «Avanzerò una formale denuncia nei confronti del Ministro dell’Interno che ha creato lo stato di necessità mettendo il comandante nelle condizioni di non avere scelta».

Dalla Rainbow Warrior ancorata nel cuore martoriato del Mediterraneo si alza un grido di battaglia. Per la Vita Umana. Di solidarietà. Per chi la salva.





Federica Governanti

Classe 1987. Palermitana di nascita, cosmopolita nel sangue e ambientalista nell’animo. Alla passione per i diritti umani e le discipline politologiche devo la mia laurea in Relazioni Internazionali, alla curiosità per la cultura a tutto tondo, i miei interessi che spaziano dalla musica alla poesia, dal cinema alla letteratura specie di viaggio. D’indole sognatrice e idealista, ho sposato l’utopia e indosso una fede laica per le cose impossibili. 

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