Essere della comunità LGBTQ+ in Medio Oriente


L’omosessualità rimane un crimine in Medio Oriente

Mentre l’occidente progredisce – seppure gradualmente – riconoscendo giuridicamente le coppie innamorate formate da due persone maggiorenni dello stesso sesso mediante la concezione di diritti, istituti e prerogative, quasi la totalità dei Paesi del Medio Oriente crede che l’omosessualità sia contro natura e ontologicamente errata. Infatti, molte società arabe esprimono una forte interdizione nei confronti di tutti gli atteggiamenti che comportano un’attrazione sentimentale e/o sessuale tra due persone dello stesso sesso.

L’omosessualità rimane un tabù e provoca imbarazzo e vergogna alle persone appartenenti ai gruppi LGBT, che frequentemente sono oggetto di insulti, soprusi e persecuzioni. Essa viene addirittura percepita come un reato in alcune aree e sanzionata dalla legge con pene severe. In molti Stati infatti sono previsti carcere, lapidazione, multe e persino la morte per chi viene accusato di essere gay.

Secondo il report dell’associazione ILGA (The International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex association) pubblicato nel 2017, sono sei gli stati arabi in cui ancora oggi vige la pena di morte per gli omosessuali (Arabia Saudita, Yemen, Iraq, Iran, Pakistan e Afghanistan). In altri cinque stati il massimo della pena comporta 14 anni di reclusione (Emirati Arabi Uniti, Oman, Siria, Kuwait e Qatar). Infine, in Turchia, Giordania, Israele e Bahrain non esistono tutele contro la discriminazione per le coppie omosessuali, sebbene i diritti delle persone LGBT in questi quattro Stati siano considerati abbastanza avanzati rispetto alla maggior parte degli altri paesi del Medio Oriente.


https://ilga.org/maps-sexual-orientation-laws

In molti stati arabi, le leggi contro l’omosessualità discendono dai vecchi codici coloniali francesi o britannici. Queste leggi di epoca coloniale sono state mantenute nella maggior parte di questi Stati, ma in molti altri paesi, per esempio in Giordania e in Bahrein, sono stati varati nuovi codici dopo l’indipendenza.

In altri casi, le leggi contro le relazioni omosessuali derivano dall’influenza dell’Islam o da una usa particolare interpretazione. Ordinariamente, la legge islamica, oltre a rifiutare le relazioni omosessuali, bandisce anche tutte le pratiche sessuali fuori dal matrimonio “zina” e l’adulterio. Le interpretazioni conservative della legge della sharia nei tribunali locali arabi, rendono la vita impossibile per molte persone omosessuali.

L’omosessualità è stata trasformata in un reato capitale in Iran dopo la rivoluzione islamica del 1979. Sebbene le esecuzioni per attività omosessuali consensuali siano difficili da rintracciare, diversi omosessuali sono stati impiccati su basi discutibili e senza aver ricevuto un processo equo.

In Iraq, dove l’attività tra persone dello stesso sesso è tecnicamente legale, dal 2003 alcune milizie islamiche dono riuscite ad imporre la propria idea di giustizia. Gruppi come lo Stato islamico sono diventati famosi per aver assassinato brutalmente persone sospettate di essere gay, lapidandole a morte. In Oman, Siria, Yemen e parte della Palestina (Gaza), le leggi respingono esplicitamente atti sessuali tra persone dello stesso sesso, senza distinzioni di genere. Mentre in Kuwait, in Sudan e in parte degli Emirati Arabi Uniti (Dubai), ci si riferisce solo agli uomini, ai quali è vietato compiere “liwat” (sodomia). Nei codici del Libano e parte degli Emirati Arabi Uniti (Abu Dhabi), è proibito il sesso “innaturale” vagamente definito.

Le leggi anti-gay, nella maggior parte dei casi, vengono utilizzate come strumenti di “moralità” dalle autorità pubbliche per perseguire, criminalizzare e arrestare coloro che sono accusati di “promuovere la devianza sessuale”. In Kuwait viene addirittura condannata la non conformità di genere. A questo Paese si è tristemente aggiunto anche l’Oman, che ha introdotto una clausola nel suo nuovo codice penale che punisce ogni uomo che pare vestirsi con abiti femminili.

Come se non bastasse, in Arabia Saudita essere gay porta al patibolo. I Diritti LGBT non vengono in alcun modo riconosciuti e l’omosessualità risulta molto spesso essere un argomento tabù e quindi non affrontato all’interno della società. Gli atti omosessuali vengono puniti con la reclusione, il carcere, l’amputazione di parti anatomiche, l’internamento in cliniche psichiatriche, la lapidazione in pubblico fino a giungere, nei casi più gravi, la pena di morte.

Infine, è opportuno precisare che in molti di questi Stati le persone transgender sono generalmente confuse ed equiparate agli omosessuali: sodomia, omosessualità e transessualismo sono considerati crimini, malattie o palesi segni della decadenza e dell’immoralità che vige in occidente.

Gli atteggiamenti sempre più conservatori nella regione hanno peggiorato le cose:  l’ascesa del fondamentalismo islamico negli anni ’80/90 coincise con quella del movimento per i diritti dei gay in America e in Europa, marcando le differenze culturali. Da allora, i politici sono in grado di manipolare i sentimenti anti-LGBT per il loro guadagno personale. È il caso di Hassan Nasrallah, leader di Hezbollah, un gruppo politico islamista con sede in Libano, che l’anno scorso ha accusato l’Occidente di esportare l’omosessualità nel mondo islamico.

Inoltre, un sondaggio del Pew Research Center del 2013 ha rilevato che la maggior parte delle persone nelle regioni arabe ritiene che l’omosessualità debba essere respinta: il 97% in Giordania, l’80% in Libano e il 78% in Turchia.


http://www.pewglobal.org/2013/06/04/the-global-divide-on-homosexuality/

Cosa significa essere gay o transgender nel mondo musulmano?

https://www.beirutpride.org/

A differenza di ciò che sta accadendo in India, dove quest’anno dopo anni di battaglia della comunità LGBT, la Corte Suprema ha depenalizzato l’omosessualità cancellando la sezione 377 del Codice Penale che dalla fine dell’Ottocento puniva come “Offese contro natura” i rapporti omosessuali e prevedeva pene che potevano arrivare al carcere a vita, la tutela dei diritti LGBT peggiora nella stragrande maggioranza degli stati musulmani.

Non ostante le repressioni e gli arresti incontrollati, nella maggior parte degli stati arabi esistono delle scene LGBT molto attive che lottano pubblicamente per cambiare le leggi anti-LGBT. Tuttavia, gli attivisti per i diritti delle persone gay, sia per il loro numero esiguo che per la mancanza di mezzi idonei, si trovano di fronte a delle forti resistenze da parte delle autorità e della società conservatrice araba che difficilmente tollera le diversità. Infatti, l’attivismo attira un’attenzione pericolosa: le celebrazioni del Pride a Beirut quest’anno sono state chiuse e gli  organizzatori brevemente arrestati.

Al rischio di essere emarginati dall’omofobia, gli attivisti per la difesa dei diritti umani in Medio Oriente rispondono rifiutando il silenzio e combattendo l’intolleranza.

In una campagna recentemente avviata da Human Rights Watch intitolata “No longer alone” (mai più soli), alcuni soggetti (gay o transgender) provenienti dal mondo arabo, nella speranza di sviluppare movimenti per combattere l’omofobia e la transfobia, raccontano gli ostacoli e le discriminazioni subite a causa della propria sessualità.

“Siamo così. E Dio ci ha fatto così. Non abbiamo nulla di cui vergognarsi, niente da nascondere.” racconta Rashed, un ragazzo giordano.

Rima, una ragazza bisessuale libanese, ribadisce: “Figure religiose, governo, i tuoi genitori: tutti vogliono avere voce in capitolo su ciò che fai tra le tue gambe. Voglio dirti che non sono affari loro e che il tuo corpo, i tuoi desideri e le tue idee sono solo tuoi. Se non gli piace quello che sei, hanno torto”. “Sono passato dal pensare al suicidio, al dirlo ai miei genitori e all’accettarmi. I cambiamenti richiedono tempo, non arrivano facilmente e bisogna essere pazienti. Ma non sei solo, sei con noi. Incontrerai molte persone, eterosessuali, omosessuali, bisessuali, che saranno dalla tua parte. Non sei solo”, è il messaggio di Omar, un ragazzo iracheno.

“Sono una persona normale. Sono solo attratto da persone come me.” è la dichiarazione di Elie, un uomo gay Libanese.

Fortunatamente, le campagne degli attivisti e le pressioni delle istituzioni occidentali sembrano avere un effetto. In Libano, tra il 2007 e il 2017, quattro giudici si sono rifiutati di criminalizzare l’omosessualità sulla base del fatto che la costituzione, che punisce il “sesso innaturale”, non si applica alle relazioni omosessuali consensuali. Nel 2014 l’Iraq ha accettato una raccomandazione delle Nazioni Unite per reprimere le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale. Altrove, gli attivisti sono riusciti a far usare ai media il termine “mithli” (omosessuale) piuttosto che “finocchio” o “pervertito”. Inoltre, Internet (sebbene pesantemente censurato) offre alle persone LGBT l’opportunità di incontrarsi: Ahwaa, una piattaforma per persone LGBT del Bahrein, vanta oltre 10.000 utenti.

Man mano che sempre più persone comunicano in questo modo, forse il cambiamento avverrà.

NB: “Essere gay è ancora un crimine in oltre 70 nazioni al mondo e in 8 c’è la condanna a morte. Degli oltre 70 paesi che oggi criminalizzano gli atti omosessuali, oltre la metà sono ex colonie britanniche e francesi. L’omosessualità rimane fuorilegge soprattutto in Medio Oriente, Africa e Asia meridionale.” ILGA 2017

Abdoulaye Coumbassa

Nato a Conakry in Guinea e attualmente residente a Oriago(VE), frequento il terzo anno di Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani all’Università di Padova e svolgo un tirocinio curriculare con Social News sia per interesse personale nei temi trattati che per coltivare la mia passione per la scrittura. Mi interesso principalmente di lingue, diritti umani, relazioni internazionali e turismo. 

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