L’ Italia, un Paese per vecchi

L’Italia è un Paese di vecchi. Metà della popolazione ha più di 45 anni. L’Italia è un Paese a bassa fecondità. Il numero medio di figli per donna è molto basso (1,3), un valore superiore solo a quello di Grecia, Spagna e di alcune Nazioni dell’Est. L’Italia è anche il Paese che da più lungo tempo – circa vent’anni – mantiene tale valore inferiore a 1,4. Questo dato circostanzia la gravità del fenomeno. Per mantenere il cosiddetto “tasso di sostituzione”, ogni donna dovrebbe generare almeno 2 figli. Un calo della fecondità sotto la soglia di sostituzione, come stiamo assistendo in Europa, determina conseguenze drammatiche se il fenomeno si protrae oltre la soglia limite dei trent’anni, l’unità di tempo demografica. Analizzando vari processi storici, si comprende come il mantenimento di un tasso di fecondità inferiore ad 1,3 per oltre trent’anni conduca ad un rischio reale di implosione della società esistente nel luogo in cui ciò accade. Voltaire e Gibbon associano il crollo dell’impero romano a quello della natalità.

I fenomeni demografici si verificano lentamente. Tardano ad essere percepiti, compresi, efficacemente contrastati. La diminuzione delle nascite, determinata da cause sanitarie e sociali, e l’aumento del numero di persone anziane, conseguente all’aumento dell’aspettativa di vita, producono i loro effetti molto lentamente, nell’arco di generazioni. Anche elaborare soluzioni praticabili è un processo lento, spesso troppo per poter far fronte al crollo del sistema.

Oggi le tecnologie e le tutele di cui disponiamo si sono molto evolute. Sperare in una vita lunga è possibile grazie al progresso medico e scientifico. Tuttavia, l’attuale riduzione della fecondità può essere organica, causata da assorbimento di inquinanti, ma anche volontariamente perseguita attraverso metodiche abortive e procedure anticoncezionali inesistenti nei secoli passati. La società, inoltre, appare ingessata: non si proietta positivamente nel futuro e ciò prelude alla sua decadenza. I figli costano. In tempo di crisi diventano un lusso. Invece di costituire una ricchezza per la comunità, rappresentano l’emblema della ricchezza stessa. Diventano elementi rari.

I dati mostrano come la bassa fecondità italiana non sia dovuta ad un minor desiderio di genitorialità, ma alla difficoltà di realizzare il proprio progetto di vita. Secondo le stime dell’ISTAT, la percentuale principale di donne che ritengono la maternità inconciliabile è quella compresa fra i 40 ed i 44 anni e fra i 18 ed i 24 anni (le più giovani!). Nel 2045, la popolazione residente in Italia sarà pari a 59 milioni, con una flessione di 1,6 milioni rispetto ai 60,6 milioni del 2017. L’età media, poi, è destinata ad aumentare di 5 anni, con un picco di invecchiamento tra il 2045 e il 2050. Nel prossimo futuro, inoltre, i residenti saranno sempre più concentrati nelle regioni del Centro Nord e gli immigrati arriveranno a quota 2,6 milioni. Sempre secondo le previsioni dell’ISTAT, i flussi migratori compenseranno solo in parte il calo demografico: sulla dinamica di nascite e decessi, comporteranno 2,6 milioni di residenti in più nel corso dell’intero periodo valutato.

Tutti i Paesi industrializzati vivono questo problema. Per evitare l’implosione non basta l’allungamento della vita media: chi pagherà il sistema assistenziale e previdenziale per una popolazione sempre più vecchia e costosa? Finora abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi. Come le cicale, abbiamo consumato le nostre riserve senza pensare a come rimpinguarle nel futuro. Fra un po’ non solo non avremo più risorse, ma dovremo anche iniziare a saldare i debiti accumulati in passato. Mai così attuale è il detto che i figli sono un dono della Provvidenza… quanto meno per pagare il debito pubblico… Forse, il fenomeno migratorio può parzialmente mitigare la decadenza in cui viviamo. Andrebbe, però, considerato come tutto questo, oltre che dalla smania di ricchezza che pervade i Paesi occidentali, sia provocato dalla perdita dei rapporti di coppia duraturi. Non c’è più voglia di impegnarsi nella soluzione dei problemi e, quindi, nella capacità di gestire i propri figli.

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