Un rifugio altrove: “Dimmi chi sono”

Articolo 1 della Convenzione di Ginevra: “rifugiato è colui che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”.

“Dimmi chi sono”: un contributo per la sua uscita al cinema

Connubio tra musical e documentario, “Dimmi chi sono” è un film di Sergio Basso, prodotto dalla casa cinematografica “La Sarraz Pictures”. Racconta la storia di Sarita, una ragazzina di 13 anni che vive in un campo profughi del Nepal, a Khudunabari. Proprio in questo luogo si possono ritrovare quasi 100.000 persone che da circa trent’anni sono state esiliate dal Bhutan e aspettano di essere “ricollocate”. La ragazza si interroga sul perché non possano tornare a casa. Il suo popolo non può più reinsediarsi in patria poiché i Lotshampa, cittadini bhutanesi di origine nepalese e di religione induista, espulsi dal Bhutan dopo la pulizia etnica degli anni novanta in seguito alle leggi varate negli anni ottanta, imponevano alla minoranza di lingua nepalese di adeguarsi agli usi e costumi della maggioranza, perciò la loro cultura era destinata ad essere spazzata via. Da tempo sono in corso trattative trilaterali (Bhutan, Nepal e O.N.U.) per trovare una soluzione a questo problema.

Il regista vuole raccontare una storia pressoché sconosciuta e drammatica usando, però, un’arma fondamentale: l’ironia.

L’inizio della lavorazione del film risale al 2008, è stato girato e le riprese terminate ma, per permettere l’uscita nelle sale cinematografiche, c’è bisogno di un aiuto da parte di ognuno di noi, ed è possibile contribuire alla campagna consultando il sito http://igg.me/at/dimmichisonofilm.

“Il film è una cartina di tornasole su come vengono trattate le emergenze profughi in tutto il mondo, e quindi risuona, e molto forte, circa l’emergenza rifugiati nel Mediterraneo”- racconta Sergio Basso.

È un film il cui tema è molto attuale, di cui si sente ogni giorno parlare ma nessuno mai si chiede perché i rifugiati e le persone che vivono esperienze di vita di questo genere non raccontino il loro passato e come, a causa di tragedie ed emergenze, arrivino a perdere la loro identità. Semplicemente cercano delle risposte concrete ed il loro desiderio più grande sarebbe quello di poter ritornare alle loro vite e nelle loro case.

Dimmi Chi Sono – Sarita

Come viene protetta la persona rifugiata nel quadro del diritto internazionale?

L’acquisizione dello status di rifugiato avviene successivamente la domanda di Asilo (art. 14 della Dichiarazione Universale dell’Uomo) e attraverso un colloquio con il soggetto interessato, durante il quale viene valutato se la persona ha diritto a tutela internazionale. I rifugiati sono persone che si trovano all’esterno del loro Paese di origine per varie motivazioni: persecuzioni, conflitti,violenze, guerre entro le quali essi non riescono più ad avere una vita dignitosa e hanno bisogno, perciò, di protezione internazionale. Sono persone che hanno bisogno di aiuto da parte dell’UNHCR ( United Nations High Commission for Refugees) ossia “L’alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati”, che lavora a stretto contatto con i governi degli Stati e delle organizzazioni competenti. All’art. 33 della Convenzione di Ginevra del 1951, ossia il documento in cui si possono ritrovare, all’interno delle sue norme, gli standard con i quali si valuta qualsiasi misura di protezione e di trattamento dei rifugiati, si riconosce il principio di “non refoulement” (non respingimento) vale a dire il fatto che i rifugiati non possano essere espulsi o rimpatriati verso delle situazioni dove la loro vita e libertà sarebbero minacciate.

Migrante, rifugiato, richiedente asilo e profugo sono termini equiparabili?

Molto spesso i termini “rifugiato”, “profugo”, “richiedente asilo” o “migrante” vengono utilizzati quasi fossero sinonimi ma, al contrario, indicano delle situazioni molto diverse, anche dal punto di vista giuridico.

Il “migrante” è colui che fugge dal proprio paese e transita in un altro. Si vuole indicare, con questo termine, il fatto che la persona volontariamente e consapevolmente decida di andarsene dal proprio Paese di origine e affermarsi in un altro, ad esempio trovando un lavoro oppure intraprendendo una carriera scolastica e/o universitaria o, semplicemente, verso condizioni di vita più favorevoli e dignitose. Rispetto al rifugiato, perciò, il migrante può ritornare in patria senza problemi e in condizioni di sicurezza.

Il “rifugiato”, invece, oltre a quanto già indicato, è una persona che non può far ritorno in condizioni favorevoli nel proprio paese poiché sarebbe pericoloso per lui stesso e avrebbe bisogno di trovare protezione altrove. Acquisisce un proprio status giuridico grazie alla “Convenzione di Ginevra” del 1951 e al relativo protocollo del 1967. Sarita, la protagonista del film, si ritrova in questa condizione. È una ragazza che vorrebbe far ritorno al suo paese ma non può e il suo sogno più grande sarebbe, un giorno, poterci ritornare e vivere una vita più serena e spensierata.

Il “richiedente asilo” è quella persona che ha lasciato il proprio Paese di origine e chiede il riconoscimento dello status di rifugiato o altre forme di protezione internazionale ed attende una risposta delle autorità.

Il “profugo” è colui che se ne è andato dalla sua patria per diverse motivazioni ma non è nelle condizioni di chiedere la protezione internazionale.

È necessario, dunque, fare una distinzione delle diverse terminologie poiché, molto spesso, sono utilizzate in modo inadeguato e scorretto ed è importante distinguerle poiché si possono evidenziare forme di protezione differenti.

Una forma speciale di protezione in Italia

In Italia, oltre a quelle già indicate, esiste una forma speciale di protezione ossia quella per motivi umanitari. È di tipo residuale ed è la commissione territoriale competente che effettua un esame alla quale il migrante decide di presentare la domanda di asilo politico e per cui non ha diritto ad altra forma di protezione internazionale. Il permesso di soggiorno per motivi umanitari viene rilasciato nei casi in cui vi siano dei gravi motivi per esempio l’età,problematiche di salute, oppure in caso di instabilità politica, violenza, il non rispetto dei diritti umani o in caso di disastri ambientali e naturali. La sua durata massima è di due anni ed è rinnovabile e può mutare in permesso di soggiorno per motivazioni lavorative. Nel 2017 la protezione umanitaria è stata riconosciuta a circa 20.000 richiedenti asilo, una percentuale del 25% del totale dei richiedenti asilo.

Quanti sono i rifugiati accolti in Italia nel corso degli anni?

Ultimamente, anche nei telegiornali, si enfatizza il fatto che l’Italia stia vivendo un periodo storico di “invasione” di rifugiati che mai aveva conosciuto prima. Ma si può parlare realmente di invasione? È necessario fare un po’ di chiarezza su questo.

L’Europa ospita, in totale, 5,2 milioni di rifugiati, un numero in grande crescita negli ultimi anni (+18% rispetto a fine 2015, +68% rispetto al 2014).

Nonostante l’Italia sia uno dei Paesi su cui più grava il peso dell’immigrazione, il nostro Paese rimane tra gli ultimi in Europa per incidenza del numero di rifugiati sul totale della popolazione. Negli anni l’Italia ha accolto circa 131 mila rifugiati (dato UNHCR del 2016). In realtà, se si effettua un confronto, si può notare che, ad esempio, la Svezia accoglie 186 mila rifugiati ed ha il più alto rapporto rifugiati/abitanti (10 milioni di abitanti) e in Germania si può verificare che il numero dei rifugiati è di circa 478 mila con 82 milioni di abitanti, ossia 4 volte quelli presenti in Italia.

È importante perciò, prima di gridare all’allarme rifugiati, riflettere sulle situazioni e numeri presenti anche negli altri Paesi d’Europa prima di amplificare situazioni e dimensioni del fenomeno che, in realtà, sono presenti in modo pressoché equilibrato e non disomogeneo all’interno della popolazione italiana.

Papa Francesco e il suo messaggio per rifugiati e migranti

Il 20 giugno si è celebrata la Giornata Mondiale del Rifugiato, voluta dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per una maggiore sensibilizzazione nei confronti di tutte quelle persone che sono costrette a lasciare la propria terra e i loro affetti più cari verso un qualcosa di incognito, dunque verso una “nuova” vita.

Papa Francesco ha voluto trasmettere un messaggio che si rifà a quattro verbi per cui la Chiesa si deve impegnare a garantirne l’effettiva esecuzione e sono essenzialmente: accogliere, proteggere, promuovere e integrare migranti e rifugiati.

Afferma, inoltre, che non si deve rispondere con il rifiuto ma con l’accoglienza.

“Ogni forestiero che bussa alla nostra porta è un’occasione di incontro con Gesù Cristo, il quale si identifica con lo straniero accolto o rifiutato di ogni epoca (cfr Mt 25,35.43). Il Signore affida all’amore materno della Chiesa ogni essere umano costretto a lasciare la propria patria alla ricerca di un futuro migliore. Tale sollecitudine deve esprimersi concretamente in ogni tappa dell’esperienza migratoria: dalla partenza al viaggio, dall’arrivo al ritorno. E’ una grande responsabilità che la Chiesa intende condividere con tutti i credenti e gli uomini e le donne di buona volontà, i quali sono chiamati a rispondere alle numerose sfide poste dalle migrazioni contemporanee con generosità, alacrità, saggezza e lungimiranza, ciascuno secondo le proprie possibilità” sostiene Papa Francesco.

Melissa Guidolin

Sono Melissa Guidolin e ho 21 anni. Sono diplomata in "Tecnico dei Servizi Sociali" all'istituto "G.A. Remondini" di Bassano del Grappa. Frequento tutt'ora "Scienze Politiche,Relazioni Internazionali e Diritti Umani" all'Università degli Studi di Padova. Da sempre sono appassionata di bambini, anziani e persone con disabilità e ne difendo fermamente i loro diritti. Per me, i diritti umani potrebbero essere associati alla parola libertà e la loro garanzia è possibile specialmente in sistemi democratici. Sarebbe giusto che in tutti i paesi del mondo ci fosse l'opportunità per le persone di usufruire dei diritti di cui sono titolari ma che per svariati motivi, soprattutto politici, non possono godere fino in fondo. Questa esperienza a SocialNews sono sicura migliorerà molto il mio modo di scrivere. Tratterò sicuramente temi che mi appassionano e per cui studio, cercando di ampliare le mie conoscenze in merito all'attività di ricerca. 

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