Viviamo in un mondo dove le persone difficilmente riescono a tollerare tutto ciò che è distante dalla loro cultura d’origine. Parler en paix è un’associazione, con sede a Parigi, dove la cultura araba ed ebraica possono trovare un terreno comune di dialogo. L’organizzazione è stata fondata nel 2004. Offre lezioni sia di arabo che ebraico per mostrare le similitudini tra queste due lingue e per far comprendere alle persone che l’incontro con “l’altro” può essere un’opportunità di crescita personale. L’associazione ha vinto nel 2016 il trofeo “Vivre ensemble” (vivere insieme) – un riconoscimento donato a quelle associazioni che si impegnano, all’interno del territorio francese, per promuovere politiche di convivenza sociale. La particolarità di quest’organizzazione risiede nel suo essere sia laica che apolitica. Ma lasciamo che sia Véronique Teyssandier, Presidentessa dell’associazione, a parlarcene.
Quando è stata fondata l’associazione?
Nel 2004 a la Villette si è tenuto il primo “Salon international des initiatives de paix” (Salone internazionale delle iniziative di pace). Era un periodo duro per via di tensioni sia politiche che comunitarie scoppiate in Israele e Palestina, e solitamente ciò che accade in quelle zone ha ripercussioni anche in Occidente. Quindi un professore di lingua araba e uno di lingua ebraica decisero di creare un luogo dove si potessero apprendere queste due lingue e nello stesso tempo approfondire le due culture.
Qual è la sua storia? Com’é diventata Presidentessa dell’associazione?
Sei anni fa mi sono unita all’associazione e da quattro anni ne sono la Presidentessa. Ero interessata a imparare l’arabo, quindi quando lessi un articolo riguardante l’associazione, mi ricordo di aver apprezzato l’idea di diffondere il principi di convivenza e tolleranza attraverso l’apprendimento delle lingue e delle culture. Io sono una professoressa di francese e ho molti studenti che provengono dalla Corea del Sud e dal Giappone, due popoli che, è risaputo, si criticano molto a vicenda. Ma ciò che mi ha sorpreso è stato appurare che quando sono insieme in classe e si trovano a dover affrontare una nuova lingua, cominciando a parlare tra loro, scoprono di avere molte cose in comune. Condividere le sfide che si devono affrontare per imparare una nuova lingua li aiuta a concentrarsi su ciò che li rende simili, piuttosto che su ciò che li differenzia.
Perchè l’associazione non ha nessuna tendenza politica?
Perchè i fondatori volevano concentrarsi sulla lingua e sulla cultura come modo per “decouvrir l’autre” (scoprire l’altro). Gli iscritti non parlano di politica o religione. In questo modo persone che non avrebbero mai avuto l’occasione di parlarsi, perchè appartenenti a circoli sociali diversi, hanno invece la possibilità di conoscersi e quindi scoprono di condividere molti interessi.
E perchè non ha nessuna tendenza religiosa?
Queste due lingue sono spesso associate alla loro rispettiva religione, contrariamente a quanto accade con altre lingue. Inoltre quando si parla di religione, le persone diventano molto sensibili. Quindi, visto che l’intenzione dei fondatori era di mantenere un clima di serenità, decisero di avvicinarsi alla religione solo da un punto di vista culturale (pas cultuel, mais culturel).
Come funzionano le lezioni?
Lo scopo è insegnare sia arabo che ebraico allo stesso tempo. Le lezioni si tengono una volta a settimana: una settimana si lavora per un’ora e quindici minuti su una lingua, poi dopo una pausa di mezz’ora, sull’altra; la settimana dopo viceversa. Dall’anno scorso, due volte all’anno i professori di arabo e ebraico svolgono alcune lezione assieme per mostrare le similitudini tra le due lingue.
Organizzate anche eventi culturali?
Pubblichiamo mensilmente e settimanalmente newsletter culturali e organizziamo regolarmente eventi culturali. Per esempio, siamo andati a uno spettacolo danzante intitolato “Au temps où les arabes dansaient”, spettacolo di danza contemporanea ispirato alla danza del ventre della produzione cinematografica araba degli anni ’50. Alla fine di gennaio, siamo andati al teatro Manufacture des Abbesses ad assistere un’opera ispirata al libro “Le nazi et le barbier” scritto da Edgar Hilsenrath (scrittore ebreo-tedesco nato nel 1926 attualmente residente a Berlino) e abbiamo avuto la possibilità di partecipare ad un dibattito con gli attori. Inoltre, ogni anno organizziamo un viaggio durante le vacanze di Pasqua, quest’anno andremo in Bosnia, a Sarajevo e a Mostar, per scroprire la cultura araba e ebraica in quella regione.
Siete mai stati vittima di episodi di razzismo? Sopratutto dopo gli attacchi terroristici di Parigi nel 2015?
Per nulla! Anzi, abbiamo ricevuto ancora più iscrizioni, perchè le persone hanno cominciato a capire che qualcosa andava fatto, qualcosa per avvicinare le persone. A dire il vero, molti ci hanno ringraziato per il servizio che forniamo, infatti siamo l’unica associazione a Parigi che si è impegnata nella creazione di un luogo di dialogo tra queste due comunità.
Parler en paix è l’unica associazione a Parigi che, senza alcun coinvolgimento politico o religioso, si sta impegnando per creare un dialogo tra mondo arabo ed ebraico. Il merito di quest’associazione risiede nel fatto che ha trovato un modo per avvicinare questi due popoli attraverso ciò che condividono. Sicuramente il loro campo d’azione si trova all’interno della Francia, quindi non hanno alcuna pretesa di raggiungere risultati al di fuori dei loro confini territoriali; in ogni modo viviamo in un mondo sempre piu transnazionale, dove le relazioni tra popoli sono influenzate attraverso i confini nazionali. In altre parole, sebbene l’intento principale di Parler en paix sia di promuovere le due culture nella loro pluralità a Parigi, la loro attività può essere percepita come punto di partenza per superare il tormentato conflitto che grava sul popolo arabo e ebraico ormai da pià di settant’anni.
É necessario, infine, aggiungere che, per promuovere la pace e il dialogo tra i popoli, c’è la necessità di concentrarsi su ciò che unisce e non su ciò che rende differenti. Il processo di pace comincia dalle azioni della società civile e la riconciliazione può iniziare solo attraverso il riconoscimento dell’altro, prima di tutto come essere umano.