Pakistan: luci e ombre sul nucleare

Avendo lavorato nei Servizi di Intelligence afghani, ho ottime ragioni per essere scettico circa l’abilità del Pakistan a tenere le proprie armi nucleari lontane dagli estremisti.” Queste le parole – estremamente allarmanti – raccolte dal The New York Times in un’intervista a Rahmatullah Nabil, politico ed ex direttore del National Directorate of Security, l’organo informativo e di sicurezza del Paese con capitale Kabul.  

Fin dagli anni cinquanta il Pakistan, grazie alla spinta ed al pieno sostegno da parte degli Stati Uniti, aveva mostrato interesse allo sviluppo dell’energia atomica a solo scopo civile. A tale scopo, nel 1956 veniva istituita la Pakistan Atomic Energy Commision (PAEC), organismo indipendente dall’autorità di governo, con finalità di ricerca, sviluppo e promozione della scienza nucleare.

Armi nucleari per il Pakistan

Le motivazioni, invece, che hanno portato alla decisione di creare un proprio arsenale bellico nucleare devono essere ricercate nei rapporti tra il Pakistan e i Paesi confinanti, in primis, l’India, da sempre avversaria dello Stato Musulmano per le contese territoriali al confine, ma anche con l’Unione Sovietica e l’Afghanistan, Stati orientati verso il blocco comunista orientale. Nel 1965, dopo la seconda grande guerra tra Islamabad e New Delhi, il Pakistan ha cominciato ad avvertire la necessità di dare inizio al programma militare nucleare e a negoziare con le potenze occidentali l’appoggio per questo ambizioso progetto.

La cocente sconfitta nella guerra con l’India del 1971 sanciva la perdita di una porzione del proprio territorio e la consapevolezza dell’inferiorità delle proprie Forze Armate in confronto a quelle nemiche. Inoltre, il primo test nucleare indiano del 1972 costringeva lo Stato Musulmano a proporre al Paese confinante un piano per rendere quella porzione di Asia libera da armi nucleari. Il rifiuto da parte dell’India portava il Primo Ministro pakistano Zulfikar Ali Bhutto a considerare prioritario lo sviluppo delle armi per annullare il divario militare con l’India. Tra gli anni ottanta e novanta la PAEC portava a termine numerosi test a freddo (cold – test), ovvero quel processo che consentiva di condurre esperimenti nucleari a temperature e pressioni inferiori rispetto a quelle necessarie per ottenere la fusione e quindi con liberazione di una quantità di energia di molto inferiore.

Il 28 maggio 1998 il Pakistan conduceva il primo test nucleare vero e proprio, denominato Chagai –I, sotto la collina Ras Koh, nel Belucistan. Il test era stato condotto, inoltre, come risposta ai cinque test nucleari da parte dell’India cui seguivano altrettanti esperimenti pakistani nei due giorni successivi.

La cooperazione militare sino – pakistana

Sin dal 1970 la Cina ha avuto un ruolo chiave nel programma nucleare pakistano fornendo il materiale necessario per la creazione degli ordigni e provvedendo alla formazione degli ingegneri destinati al progetto. La presenza – all’apparenza controversa – di un Paese comunista a fianco di uno Stato filo – occidentale va fatta risalire alla difficile situazione geopolitica della guerra fredda tra l’Unione Sovietica e la Cina. La rottura tra i due Stati, infatti, era il risultato di una serie di scelte operate dal Presidente sovietico Nikita Chruscev, all’indomani del suo insediamento nel 1953 e non condivise dalla classe dirigente cinese, più vicina alla politica ed alla visione socialista di Stalin che a quella del suo successore.

Nel 1987 Islamabad e Pechino hanno firmato un accordo per la vendita al Paese musulmano di trenta missili a corto raggio, in grado di essere armati con testate di costruzione pakistana. L’acquisizione dei missili veniva perfezionata nel 1990 e la loro gestione veniva affidata, nel 1995, anno d’inizio della vita operativa dei vettori, alla National Defence Complex (NDC), sussidiaria della PAEC, di cui si è già parlato. Alla fine degli anni novanta il Pakistan cominciava lo studio e la creazione di un missile di costruzione nazionale derivato dai progetti cinesi.

Attualmente il Pakistan possiede un totale di circa centodieci – centoquaranta testate, tale da considerare il Paese musulmano come la quarta potenza nucleare del mondo e con la prospettiva di occupare il terzo posto nella classifica, entro cinque o sette anni, con il ritmo di produzione attuale. I vettori destinati ad essere armati con le testate sono i missili a medio raggio dell’Esercito e le bombe utilizzate dall’aviazione.

La spada di Damocle del terrorismo nucleare

La vicinanza con l’Afghanistan ha comportato il coinvolgimento diretto di Islamabad nella lotta contro il terrorismo. Tuttavia l’ampia corruzione a tutti i livelli e una politica considerata troppo debole e, per certi versi, indulgente nei confronti delle formazioni estremiste (è sufficiente ricordare che Osama Bin Laden risiedeva in Pakistan quando è stato catturato e ucciso dalle forze speciali statunitensi nel 2011) hanno reso il Pakistan lo Stato con il maggior numero di terroristi operativi sia nel Paese sia in quelli limitrofi. Ma il dato che inquieta la comunità internazionale è l’estrema vicinanza dei depositi di armi nucleari alle aree nord occidentali (posizione obbligata dalla necessità di evitare che i siti contenenti le testate potessero facilmente essere attaccati dalle truppe indiane in caso di invasione) in cui operano gli estremisti e per tale motivo più esposte a tentativi di impossessarsene ed utilizzarle a proprio vantaggio.

Gli attacchi terroristici avvenuti nelle basi militari di Sargodha, di Kamra nel 2007 e il 21 agosto del 2008 a Wah, considerato il più importante deposito di armi speciali del Pakistan, sono evidenze del grande pericolo rappresentato dalle formazioni estremiste che il Paese deve saper affrontare. Inoltre le continue puntate offensive nei confronti dei militari e delle organizzazioni statali preposte alla security dei siti sono la dimostrazione dell’efficienza del sistema di intelligence che le organizzazioni terroristiche possiedono sui movimenti, la dislocazione dei siti ed i piani di difesa delle Forze Armate pakistane.

Pakistani Air Force personnel cordon off the main entrance of the air force base following an attack in Kamra about 60 kilometres northwest of Islamabad on August 16, 2012. Militants armed with guns and rocket launchers stormed a key Pakistani air force base before dawn on August 16, sparking heavy clashes with security forces, officials said. AFP PHOTO / AAMIR QURESHI

In questo momento, secondo il rapporto del Department of State statunitense del 2016, l’ultimo elaborato in questi anni, in Pakistan operano principalmente i gruppi Tehrik – e Taliban Pakistan (TTP), presente principalmente nelle regioni rurali del nord ma non direttamente affiliato ai Talebani afghani, il sedicente Stato Islamico (ISIS), Lashkar-e-Jhangvi (LeJ) e, secondo altre fonti, anche Haqqani Network, gruppo di estremisti operativo in Afghanistan e Pakistan soprattutto nella lotta contro la coalizione a guida statunitense di ISAF. I rapporti tra Haqqani ed il Governo pakistano sono stati proficui e continuativi per decenni fino a quando, nell’agosto del 2017, il Presidente statunitense Donald Trump ha annunciato che i fondi destinati al Pakistan sarebbero stati tagliati se Islamabad non si fosse impegnata in misura maggiore nella lotta al terrorismo. Come conseguenza delle pressioni di Washington i legami tra il governo pakistano ed i gruppi terroristici, tra cui Haqqani, si sono deteriorati a favore di una nuova politica statale più attiva nella lotta contro gli estremisti.

La policy nucleare pakistana

L’analisi della politica d’impiego dell’arsenale nucleare pakistano suggerisce di individuare il “presunto” pericolo insito nelle procedure per garantire la sicurezza delle testate stesse. Secondo Difesa Online, autorevole testata giornalistica italiana online nel settore militare e della politica internazionale: le armi nucleari saranno utilizzate in caso di aggressioni, siano esse nucleari o convenzionali […] Le capacità non convenzionali pakistane diventano, a pieno titolo, dispositivi per preservare l’integrità territoriale di Islamabad dalle minacce esterne, mediante l’applicazione della dottrina del deterrente minimo e credibile, in base alla consapevolezza che la minaccia al ricorso ad armamenti nucleari rappresenta anzitutto uno strumento politico per scongiurare azioni militari lesive degli interessi vitali di una nazione”. L’impiego quindi della capacità nucleare, in quantità tale da scoraggiare qualsiasi aggressione nemica ma nel rispetto delle ristrettezze economiche imposte alle Forze Armate pakistane, consente al Paese musulmano di poter rispondere a qualsiasi minaccia sia impiegando l’arma nucleare fin dal primo attacco (first strike), nel caso l’avversario sia anch’esso una potenza che impiega armamento di questo tipo, sia come secondo attacco (second strike) nel caso in cui siano state impiegate armi convenzionali da parte della minaccia.

Pur partendo dal presupposto che nelle basi e nei siti militari pakistani la maggior parte dei vettori è destinata ad essere armata soprattutto con munizionamento convenzionale, la necessità di garantire un rapido impiego degli armamenti nucleari comporta che i missili o le bombe pronte all’uso siano già armati con una testata nucleare. Il munizionamento nucleare destinato a essere utilizzato in un secondo momento, nell’ipotetico scenario di guerra, è, invece, collocato in depositi la cui sicurezza è garantita da doppia recinzione, torrette d’osservazione, personale addestrato (soprattutto proveniente dalla regione del Punjab, al confine con l’India, per evitare qualsiasi forma di legame – religioso e culturale – con gli estremisti islamici) e specifiche procedure di accesso (codici di riconoscimento) ai siti. Nella maggior parte dei casi i depositi contenenti le testate sono collocati in speciali strutture sotterranee, protetti da diversi strati di cemento armato. Tuttavia l’esatta entità dei depositi e la loro dislocazione rimane segreta. Ai siti destinati alla componente missilistica, si aggiungono anche quelli specifici dell’arma aerea. Le basi della Pakistan Air Force di Masroor e Mushaf, per citare alcuni esempi, ospitano depositi per le bombe e zone allestite per ospitare gli aerei in allerta nucleare.

La compiacenza, inoltre, dei Generali e del Servizio segreto pakistano con le organizzazioni terroristiche, soprattutto per l’affinità ideologica anti occidentale, comporta ulteriori rischi di infiltrazioni all’interno delle varie basi o, peggio ancora, di trasferimento delle conoscenze ad Al-Qaeda come il presunto caso avvenuto nel 2001 e che ha visto coinvolti due scienziati pakistani accusati di aver avuto rapporti con i terroristi e di aver passato loro informazioni circa la tecnologia nucleare.

Monopolio del nucleare?

Se da un lato la possibilità di attacchi diretti alle strutture alle centrali nucleari da parte di organizzazioni terroristiche rappresenta un pericolo concreto, dall’altro il difficile rapporto tra le autorità civili e militari preposte ad autorizzare l’impiego di armi speciali costituisce secondo l’analisi di Difesa Online, una variabile significativa nella valutazione del rischio di un impiego improprio del deterrente nucleare, in caso di conflitto, dovuto alla paventata tendenza alla prevaricazione del personale delle Forze Armate su quelle politiche. Con il colpo di Stato del Generale Pervez Musharraf il 12 ottobre 1999, allora Capo di Stato Maggiore della Difesa e con la sua conferma a Primo Ministro il 20 giugno del 2001, dopo aver dato le dimissioni da Vertice delle Forze Armate, il “presunto” pericolo del monopolio da parte dei militari nel controllo dell’arsenale nucleare è diventato verosimile. Al vertice delle Forze Armate, infatti, il Generale era anche a capo del deterrente non convenzionale pakistano, ruolo, di fatto, mantenuto anche da Primo Ministro. Sotto la sua presidenza, dopo l’approvazione da parte nel National Security Council, comitato federale creato per consigliare il Primo Ministro e il governo in materia di sicurezza, è stata creata la National Command Authority (NCA), struttura di comando cui compete la formulazione delle politiche, il coordinamento delle attività relative al programma nucleare ed il controllo sulle forze strategiche non convenzionali ed, in definitiva, la decisione finale sull’impiego del deterrente nucleare. Ciò viene realizzato attraverso tre strutture appositamente create: l’Employment Control Committee, che sovrintende al comando e controllo dell’arsenale, composto dal Primo Ministro, dal Ministro degli Esteri, dell’Interno e della Difesa, i rappresentanti delle tre Forze Armate, tecnici e consiglieri vari; il Development Control Committee che controlla lo sviluppo dei vettori, con responsabilità anche di natura amministrativa sulla struttura, anch’esso composto dal Primo Ministro, Generali degli Stati Maggiori e rappresentati della comunità scientifica che lavora nel programma; e infine la Strategic Plans Division con compiti prettamente “militari” di comando, controllo, intelligence e sicurezza a favore della NCA.

Una minaccia globale

Il Paese, mai come adesso, deve saper affrontare una vasta gamma di minacce: l’India, il vicino Iran (report locali parlano di droni iraniani abbattuti dalle Forze Armate di Islamabad lungo il confine), la potenziale instabilità politica, il terrorismo islamico e la continua tendenza a stringere legami con gli estremisti piuttosto che a combatterli.

Nonostante l’assicurazione dei vari governi circa la sicurezza delle proprie testate, la situazione appare incerta per le motivazioni sopra descritte. Considerata la portata globale del pericolo nucleare in mano ad estremisti come i jihadisti, sono necessarie contromisure da parte di tutta la comunità internazionale. L’elevato rischio di una guerra non convenzionale nell’area (a causa della concentrazione di Stati dotati di armi di questo tipo come il Pakistan, l’India, la Cina e un Iran sempre più orientato a dotarsi di munizionamento atomico) e la minaccia del cosiddetto terrorismo nucleare, costringono la comunità internazionale a prendere provvedimenti per quella che è considerata, a tutti gli effetti, una minaccia globale. Per questa ragione i maggiori attori della regione, in primis Pechino, alleato di ferro del Pakistan e gli Stati Uniti, pur con le dovute riserve per l’ambigua politica di Islamabad, devono esercitare pressioni affinché il Paese Musulmano riveda i suoi piani di difesa nell’ottica delle minacce interne ed esterne che caratterizzano il Paese.

Enrico Malgarotto

Enrico Malgarotto nato il 19/01/93 a Venezia, ho conseguito la maturità classica e la laurea in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani presso l’Università di Padova. Da sempre ho maturato vivo interesse per l’aviazione, la storia e le relazioni internazionali, perfezionato poi con il percorso di studi. Su SocialNews desidero condividere esperienze e conoscenze, con l’opportunità di approfondire la tematica dei diritti umani, che considero come il fondamento del vivere civile, da altre prospettive. 

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