Dal Concilio alla Teologia del Popolo

Il Concilio Ecumenico Vaticano Secondo, una delle più grandi assemblee globali dei Vescovi e Cardinali cattolici è stato indetto a Roma dal Papa Giovanni XXIII nel 1962 e si è concluso nel 1965 con il suo successore Paolo VI. Pur tra contrasti e contraddizioni, ha contribuito, anche, ad un aggiornamento della Chiesa sulla questione dei poveri e l’intricata situazione sviluppatasi all’interno ha fatto emergere linee inconciliabili. Come hanno fatto notare Daniele Menozzi e Giovanni Filoramo, due grandi accademici della storia della Chiesa, la linea tradizionale di lettura in chiave spirituale del problema della povertà si è scontrata con l’esigenza di vivere, praticamente, il modello del Cristo Povero attraverso una “opzione preferenziale per i poveri” in quanto realizzatori di valori con la loro stessa vita. In tale contesto, il Sud America si è fatto portatore di una nuova interpretazione del messaggio cristiano: la Teologia della Liberazione.

La Teologia per i poveri: le premesse

La nascita della cosiddetta Teologia della Liberazione deve essere inserita in questo contesto di apertura della Chiesa, in particolare sotto il pontificato di Paolo VI negli ultimi due anni di Concilio, riguardo la condizione dei popoli che vivono in povertà ed il necessario intervento da parte della Comunità ecclesiastica e politica mondiale per mettere fine a questa situazione. L’enciclicaPopulorum Progressio” del 1967 di Papa Montini può essere considerato il documento in cui viene riassunta la linea della Chiesa in materia: ”Lo sviluppo dei popoli, in modo particolare di quelli che lottano per liberarsi dal giogo della fame, della miseria, delle malattie endemiche, dell’ignoranza; che cercano una partecipazione più larga ai frutti della civiltà, una più attiva valorizzazione delle loro qualità umane; che si muovono con decisione verso la meta di un loro pieno rigoglio, è oggetto di attenta osservazione da parte della Chiesa.”

Il Pontefice quindi analizzava tutti gli aspetti della vita contemporanea dall’ambito sociale a quello economico, dichiarando la necessità di un maggiore ruolo della Chiesa nei luoghi poveri e dimenticati della terra. Questa presa di posizione così netta da parte di Paolo VI, emanazione di quanto il Concilio aveva deciso, veniva accolta con favore da alcuni Cardinali e Vescovi convenuti al Vaticano Secondo.

Queste nuove concezioni, tuttavia, avevano già cominciato a diffondersi sia in America del Sud sia in Europa fin dagli anni cinquanta. In Brasile si erano formate delle comunità ecclesiastiche vicine alla popolazione povera mentre in Francia, dopo un attento studio sociologico che aveva accertato il progressivo allontanamento della popolazione, in particolare quella degli operai, dalla fede, aveva cominciato a diffondersi la figura del prete operaio, che svolgeva la propria opera di religioso all’interno delle fabbriche lavorando a fianco delle maestranze, condividendone le condizioni di vita e di lavoro.  

Tra coloro che avevano abbracciato la concezione di “Chiesa Povera”, prima del Concilio, si ricorda il teologo francese Paul Gauthier, il quale pubblicava, nel 1963, il libro “I poveri, Gesù e la Chiesa”, in cui affermava la necessità di affiancare al tema della liberazione dell’uomo, attraverso l’incarnazione del Verbo, quello della solidarietà nei confronti dei poveri e degli emarginati. Tale visione è nata dai suoi viaggi e missioni in Medio Oriente, Africa e Sudamerica sempre a fianco dei bisognosi lavorando come operaio e falegname e fondando, nel 1964, insieme al giornalista italiano Ettore Masina, la “Rete Radié Resch”, associazione di solidarietà internazionale. Gauthier è considerato uno dei principali ispiratori delle concezioni proprie della Teologia della Liberazione.

La Teologia della Liberazione

Il 16 novembre 1965 presso le Catacombe di Domitilla a Roma, un gruppo di Padri Conciliari, a pochi giorni dalla fine del Vaticano Secondo, firmava quelli che sarebbero passati alla storia come “I Patti delle Catacombeincentrati sulla necessità di mettere al centro della propria attività pastorale i poveri e a perdere ogni privilegio fino ad allora riconosciuti agli uomini di Chiesa. Tra i partecipanti molti rappresentanti del Sud America, area geografica in cui si svilupperà maggiormente la nuova Teologia.

Con la Conferenza Episcopale Latino Americana e dei Caraibi (CELAM) svoltasi a Medelìn, in Colombia, nel 1968, le idee e le aspirazioni maturate fino a quel momento venivano sottoscritte da diversi Vescovi e prelati presenti. Tra questi figuravano coloro che, di fatto, venivano considerati i padri della nuova concezione come l’Arcivescovo Hélder Camara, il teologo brasiliano Leonardo Boff ed il teologo peruviano Gustavo Gutierrez, il quale nel 1973 nel suo libro “Historia, Política y Salvación de una Teología de Liberación coniava il nome del movimento Teologia della Liberazionee ne esplicava fondamenti e principi. La parola di Dio quindi veniva calata nella realtà quotidiana dell’uomo e diveniva lo strumento con cui combattere la propria emarginazione ed oppressione. Considerato il periodo storico e l’area geografica in cui si è formata, la liberazione dell’uomo professata non è riferita al peccato ma ai regimi militari che in quel momento governavano alcuni Stati dell’America Latina.

Le contromisure della Chiesa

Il nuovo movimento diveniva sorvegliato speciale da parte della Chiesa di Roma, sempre più preoccupata delle deviazioni insite nella nuova Teologia. Paolo VI, durante i suoi discorsi, ritornava sul tema ponendo l’accento sul concetto di liberazione espresso dalla Chiesa “[…] l’opera di Cristo è una liberazione. Liberazione da che cosa? Liberazione dalla morte, alla quale il peccato (ch’è distacco della nostra vita dalla sorgente prima e vera e necessaria della Vita divina), ci aveva destinati.” E aggiunge: ”Fare attenzione, diciamo, affinché la liberazione cristiana non sia strumentalizzata a scopi prevalentemente politici, né posta a servizio di ideologie discordanti in radice dalla concezione religiosa della nostra vita, né soggiogata da movimenti socio-politici avversi alla nostra fede e alla nostra Chiesa, come un’esperienza mondiale e attuale oggi purtroppo dimostra. Non siamo ciechi!”

Ma è soprattutto sotto il Pontificato di Giovanni Paolo II che il Vaticano ha posto in essere le contromisure vere e proprie nei confronti della Teologia della Liberazione. Karol Woytila, nel 1981, nominava a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, organo incaricato di promuovere e tutelare la Catechesi, il Cardinale Joseph Ratzinger, eletto successivamente Papa col nome di Benedetto XVI, al quale affidava il compito di elaborare due studi approfonditi sul movimento: la Donum Vitae e Istruzioni su alcuni aspetti della “Teologia della Liberazione”. Per comprendere il percorso intrapreso sia dal Pontefice sia dal Cardinale tedesco nella lotta contro la Teologia e le sue derivazioni politiche nei Paesi sudamericani, è necessario, innanzitutto, pensare ai discorsi e ai gesti del Pontefice nei suoi viaggi come accaduto durante Conferenza Episcopale Latino Americana (CELAM) del 1979 a Puebla, in Messico in cui affermava: ”Ebbene, esistono oggi da molte parti – il fenomeno non è nuovo – “riletture” del Vangelo, che sono risultato di speculazioni teoriche ben più che di autentica meditazione della parola di Dio e di un vero impegno evangelico. In altri casi, si pretende di mostrare Gesù come impegnato politicamente, come uno che combatte contro la dominazione romana e contro i potenti, anzi implicato in una lotta di classe. Questa concezione di Cristo come politico, rivoluzionario, come il sovversivo di Nazareth, non si compagina con la catechesi della Chiesa.”

Durante il viaggio in Nicaragua nel 1983, Giovanni Paolo II tentava di estendere anche a quel Paese, guidato dalla giunta socialista sandinista, la voce della Chiesa in quel momento impegnata a combattere il Comunismo e le derivazioni marxiste della Teologia della Liberazione. In questa ottica, il gesto simbolico compiuto dal Papa polacco avveniva all’aeroporto, quando, salutando i ministri del governo in carica, giunto davanti a Ernesto Cardenal, presbitero, teologo, Ministro della Cultura ed esponente del filone marxista della Teologia, lo invitava a ripensare alla propria posizione e a dimettersi da quella carica politica in quanto inconciliabile con i doveri di un uomo di chiesa. Ernesto Cardenal, rifiutatosi di dimettersi, veniva sospeso dall’incarico a divinis.

La Teologia venuta dai confini del mondo

Jorge Mario Bergoglio, l’attuale Papa Francesco, da sempre, sia da Gesuita sia da Cardinale e Arcivescovo di Buenos Aires, ha posto al centro della propria missione pastorale la necessità di creare una Chiesa aperta ai temi attuali dell’immigrazione, della disoccupazione e delle diseguaglianze sociali.  

La Conferenza Episcopale Latino Americana tenutasi nel santuario dell’Aparecida, in Brasile, nel 2007 ha permesso di trarre alcuni spunti di riflessione, necessari per comprendere il pensiero di Papa Francesco. In questa sede il Porporato argentino ha ricoperto l’incarico di Presidente della Commissione che ha redatto il documento finale, in cui sono state riportate tutte le sue idee innovatrici, tra le quali ha rivestito un ruolo preminente il concetto di identità propria di una chiesa latinoamericana unita nel nome del Vangelo e dei poveri e sempre più impegnata nella sua Missione pastorale in quel continente.  

Oggetto della Conferenza anche la questione della Teologia della Liberazione e su come la Chiesa sudamericana dovesse approcciarsi ad essa. Coloro che hanno partecipato all’assemblea e ai lavori ad Aparecida ripetono che quella del Papa attuale è una Teologia del Popolo, sviluppatesi in Argentina tra gli anni settanta e ottanta, che presenta diversi punti di contrasto con il ben più famoso movimento sudamericano, sebbene sia considerata una sua corrente. Secondo la visione socialista di Leonardo Boff, la categoria di popolo è incentrata sul concetto di classe, mentre per il Cardinale Bergoglio (e del teologo argentino Juan Carlos Scannone, uno dei più importanti esponenti della corrente) si riferisce ad un popolo (nell’accezione di “Popolo di Dio”) inteso come nazione; a comporre questa categoria sono soprattutto i poveri, i quali conservano, più di tutti, la propria cultura, cementata dalla stessa fede. La definizione quindi abbandona la matrice liberale (nel senso di insieme di persone che abitano un certo territorio,) e marxista (divisioni di classe) a favore di una terza via, che è la visione di cui Papa Francesco e Scannone si fanno interpreti. Il Cristianesimo ha trovato un nuovo volto?

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13-03-2013 Città del Vaticano
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Il nuovo Papa Jorge Mario Bergoglio con il nome di Francesco I
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The new Pope Francis in St. Peter’s Square

 

 

Enrico Malgarotto

Enrico Malgarotto nato il 19/01/93 a Venezia, ho conseguito la maturità classica e la laurea in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani presso l’Università di Padova. Da sempre ho maturato vivo interesse per l’aviazione, la storia e le relazioni internazionali, perfezionato poi con il percorso di studi. Su SocialNews desidero condividere esperienze e conoscenze, con l’opportunità di approfondire la tematica dei diritti umani, che considero come il fondamento del vivere civile, da altre prospettive. 

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