Sapremo riconoscere la quarta rivoluzione industriale?

Industria 4.0 discende dai processi messi in atto dalla quarta rivoluzione industriale e si qualifica come un processo che tende verso una quasi totale automatizzazione e digitalizzazione della produzione industriale. Secondo il Ministero per lo sviluppo economico, la quarta rivoluzione industriale è attualmente ancora in corso e promuove l’utilizzo di macchine intelligenti, interconnesse e, soprattutto, collegate ad internet, creando una relazione fondamentale tra sistemi fisici e digitali attraverso l’utilizzo di analisi complesse implementate dai Big Data e da adattamenti real-time. Il modello industria 4.0 prevede, dunque, l’attivazione di una serie di tecnologie abilitanti come robot collaborativi e facilmente programmabili, stampanti 3D, utilizzazione di ampie categorie di dati in grado di ottimizzare il sistema produttivo stesso e tutte le attività ad esso collegate, promettendo, in questo modo, un aumento della profittabilità riducendo la somma dei capitali investiti. Il cambiamento in corso porta grandi promesse, ma i modelli di consumo, produzione e occupazione implementati dallo stesso pongono anche grandi sfide che richiedono un atteggiamento proattivo da parte delle industrie, dei governi e degli individui in quanto tali. Contemporaneamente alla rivoluzione tecnologica, il sistema mondiale sta subendo una serie di trasformazioni socio-economiche, geopolitiche e demografiche che interagiscono in modo dinamico e che influenzano il grande cambiamento che la maggior parte delle professioni sta subendo.In questa nuova prospettiva di digitalizzazione ed innovazione tecnologica sorgono diversi dubbi sull’impatto esercitato da questo processo sulla gestione dei posti di lavoro e, soprattutto, e più in generale, su come tale dinamica andrà ad influenzare il rispetto del diritto al lavoro. Gli studiosi e gli osservatori stanno, infatti, cercando di capire come cambierà il lavoro stesso, quali nuove figure saranno fondamentali e quali sono destinate ad estinguersi, polarizzando il dibattito in particolare su due opinioni. Da una parte, l’approccio pessimista sostiene che, nel lungo periodo, le macchine sostituiranno completamente l’essere umano aumentando la disoccupazione a livelli esponenziali; dall’altra, l’approccio ottimista non nega che ciò possa accadere, ma focalizza la propria visione sulla nascita di professioni nuove che permetteranno di ridurre gli effetti negativi di questo nuovo processo industriale. Secondo la ricerca «The future of the Jobs» del 2016, presentata al World Economic Forum, nei prossimi 2 o 3 anni verranno creati circa 2 milioni di nuovi posti di lavoro. Contemporaneamente, però, ne spariranno 7 milioni. Nel complesso, la prospettiva è positiva, ma è chiaro anche che la necessità di un numero sempre maggiori di figure più professionalizzate si accompagna ad una forte instabilità in tutto il mondo del lavoro, comportando una forte difficoltà per le industrie. Dunque, che impatto esercita questa rivoluzione sui diritti delle persone, in particolare su quelli dei lavoratori? Non esiste uno scenario unico. In un quadro mondiale, le prospettive e le conseguenze sono differenti. L’industria elettronica del Giappone, per esempio, è la più grande e sviluppata nel mondo. Qui alcune aziende hanno già provveduto a sostituire i propri impiegati con software guidati dall’intelligenza artificiale. I bassissimi livelli di disoccupazione costringono le aziende a sopperire alla mancanza di lavoratori con altri metodi, tra i quali l’uso della tecnologia. In questo contesto, quindi, i lavoratori non vengono sostituiti, ma affiancati da robot che svolgono mansioni di supporto al lavoro umano, assorbendo con evidente facilità la rivoluzione in corso. In un contesto come quello europeo, invece, l’impatto della trasformazione industriale in corso ha effetti molto più significativi e sconvolgenti. Si espande la richiesta di professioni qualificate e diminuisce drasticamente l’offerta di posizioni legate ai lavori meccanici e di routine. L’articolo 23 della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani si focalizza sulla necessità che ogni individuo goda di un lavoro dignitoso, della libera scelta dell’impiego e della protezione contro la disoccupazione. Inoltre, gli articoli 6, 7 e 8 del Patto internazionale sui diritti economici del 1966 stabilisce che gli Stati sono obbligati a dare piena attuazione a tale diritto e dovranno includere «programmi di orientamento e formazione tecnica e professionale, nonché l’elaborazione di politiche e tecniche atte ad assicurare un costante sviluppo economico, sociale e culturale e un pieno impiego produttivo», imponendosi in modo chiaro sul fatto che il lavoro non può essere lasciato alle libere dinamiche del mercato, ma deve essere argomento fondamentale per una programmazione dello stato sociale. L’industria 4.0 si pone in questa prospettiva in maniera contrastante. Da una parte, infatti, struttura la propria azione sulla necessità di investire nel sistema di ricerca e formazione, mettendo nella sua Agenda l’urgenza di formare imprenditori e giovani in questa direzione, adeguando le competenze di chi si interfaccia con questa nuova modalità di lavoro; dall’altra, però, questo processo nasconde diversi lati oscuri. Limita, infatti, drasticamente il diritto alla libera scelta dell’impiego, condizionando la necessità di figure professionali differenziate e di vario livello, strutturando il nuovo mercato del lavoro sulla centralità di figure specifiche e altamente professionalizzate. Inoltre, non tutela il diritto alla protezione dalla disoccupazione, eliminando sempre più posti di lavoro, tagliando fuori coloro i quali lavorano da tempo e non hanno le capacità di integrarsi in un sistema veloce e dinamico. Secondo il report dell’Istat «L’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale», in Italia la percentuale di forza lavoro con competenze digitali elevate è considerevolmente inferiore rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea (23% contro 34%). Ciò si deve, in particolare, alla difficoltà di adattamento delle persone più anziane, che rappresentano la maggioranza della popolazione in età da lavoro, ai nuovi processi industriali e, soprattutto, all’ancora scarsa incentivazione, da parte dello Stato, di programmi di orientamento e formazione tecnica accessibili a tutti, incrementando un sistema di discriminazione fondato sulle possibilità di preparazione. La quarta rivoluzione industriale e, in particolare, i processi messi in atto dall’Industria 4.0 non si pongono ancora in maniera del tutto chiara rispetto alla gestione e alla promozione dei diritti umani. La questione verte, quindi, sulla capacità delle imprese, dei governi e degli individui di reagire e gestire questi nuovi sviluppi in modo tale da impedire un fenomeno di disoccupazione di massa e, soprattutto, la formazione di disuguaglianze tra i lavoratori, agendo su una scala tecnologica ed economica, ma anche sociale e umana.

 

Anna Toniolo

Anna Toniolo, nata a Mirano (VE) il 1/marzo/1994. Studentessa al terzo anno di Scienze Politiche, Relazioni internazionali e Diritti Umani all’Università degli Studi di Padova. Viaggiatrice e curiosa incallita, giornalista in erba per passione, combatto per la verità e la giustizia per vocazione. Su SocialNews alimento la mia passione per il giornalismo e la scrittura, alimentando la mia attitudine verso la giustizia e facendo del mio meglio per trasmetterla a chi legge. Cosa sono per me i diritti umani? Sono il filo rosso che unisce ogni essere umano, sono ciò che ci dovrebbe sempre ricordare che, anche se diversi, siamo tutti uguali. Bandite le discriminazioni. 

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