Baobab Experience: l’accoglienza nel Lazio non si fa sgomberare

Secondo il Ministero degli Interni i migranti e rifugiati che sono giunti via mare in Italia nel 2016 sono stati 181.436, mentre dall’inizio dell’anno al 30 giugno 2017 gli arrivi stimati sono 83.360, situazione nella quale la regione Lazio ospita circa il 9% del totale.

Il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar) nel 2016 ha stabilito in Italia 26.012 posti, di cui 4.442 nel Lazio, per un totale di 330 strutture, collocando la regione al secondo posto per questo tipo di accoglienza.

Anche la capitale romana aderisce allo Sprar, con poco più di tremila posti, ma la gestione della situazione continua a sfuggire di mano all’amministrazione pubblica, che, infatti, chiude diversi progetti considerati non idonei, diminuendo così i posti disponibili. La questione dei migranti forzati coinvolge Roma da molti anni, ma in particolare dal 2015 le circostanze si sono modificate, aumentando in modo esponenziale il numero di persone richiedenti asilo e protezione internazionale che cercano ospitalità nella capitale o che più “semplicemente” vi transitano per un periodo di tempo.

Nonostante l’elevato numero di migranti che chiedono aiuto e protezione nella città, Roma non si è ancora attrezzata nel modo giusto, non ha ancora definito le politiche e le soluzioni adatte per un fenomeno di questa portata, risultando cosí sprovveduta e a volte persino disumana.

baobab experience migranti Roma

Da una parte un’amministrazione impreparata e tergiversante, dall’altra una cittadinanza attiva, sensibile ed umana. Esempio di quest’ultima è rappresentato in particolare da un gruppo di volontari che dal 2015, anno dell’aumento clamoroso dei migranti presenti a Roma, si sono trovati ad accogliere migliaia di uomini, donne e bambini alla ricerca di una vita migliore, abbandonati dalla politica, dalla burocrazia e dalle amministrazioni.  Era il mese di maggio del 2015 ed un gruppo di volontari iniziavano un’avventura chiamata Baobab, un centro autogestito in via Cupa a Roma, un’ex struttura di accoglienza in disuso, riabilitata per accogliere migranti di passaggio che aspettavano di raggiungere altre destinazioni europee. Durante l’estate dello stesso anno sono transitate per il centro 35 mila persone, dove molti operatori volontari offrivano assistenza legale, sanitaria e materiale attraverso la distribuzione di beni di prima necessità e pasti caldi, e che si ponevano come esempio di accoglienza dal basso, eliminando le frontiere in quella Roma conosciuta più per «Mafia Capitale» che per azioni positive.

In questa situazione, però, la legalità si è imposta a forza sull’umanità e a novembre dello stesso anno l’amministrazione comunale convocava alcuni volontari del Baobab, annunciando lo sgombero del centro in quanto lo stabile doveva tornare al proprietario. Il 6 dicembre 2015 l’amministrazione Tronca metteva i lucchetti all’esperienza del Baobab, promettendo soluzioni alternative e ricollocamenti dei migranti in altri luoghi ritenuti adatti all’accoglienza. Dopo lo sgombero, però, nella capitale non è cambiato niente. Le soluzioni alternative non sono arrivate, ma gli attivisti operanti nel centro non hanno perso il desiderio di trasmettere dignità e aiuto, continuando a presidiare via Cupa con due camper messi a disposizione da Medici per i Diritti Umani, cercando di aiutare i migranti a cercare accoglienza nelle poche strutture disponibili.

Allo stesso tempo i volontari presentavano un progetto alla Regione Lazio, proponendo l’ex centro ittiogenico di Roma, abbandonato da anni, come fulcro della loro attività di ospitalità. Le risposte non sono mai arrivate e nell’aprile 2016 volontari e migranti occupavano lo stesso centro, alla ricerca di una soluzione per aiutare quelle persone dimenticate dall’amministrazione e dalla burocrazia, vittime di un regolamento, quello di Dublino, troppo incerto e mal funzionante. La polizia non ha tardato ad arrivare, il tentativo di rinascita del Baobab è stato spazzato via dalle forze dell’ordine, portavoce della contrarietà di cittadini e governanti di affidare quello stabile al comportamento «incivile e poco moderato» dei migranti.

 

Accoglienza difficile e travagliata, quella della regione Lazio ed in particolare della città di Roma dove, nonostante il secondo sgombero e le innumerevoli difficoltà, gli operatori del Baobab non se la sono sentita di abbandonare la loro voglia di restare umani e cercare una soluzione, anche se provvisoria e scomoda, per le centinaia di persone che continuavano ad arrivare in via Cupa e nei diversi punti di accoglienza.

Nasce allora una tendopoli, nei pressi della Tiburtina, dove si tenta di dare supporto e protezione a coloro che arrivano in cerca di speranza e non possiedono niente, cercando di non far perdere loro anche la dignità che resta. Una soluzione instabile e molto criticata, sgomberata più di una volta, dove tra materassi sistemati per terra, tende e materiale raccolto dalla cittadinanza e dalle associazioni, i volontari cercano di mantenere salda la situazione, non facendosi scoraggiare dalla forza e dalla necessità di «ordine pubblico».

In quella che spesso a molti piace chiamare «L’Europa dei popoli» si verificano ancora situazioni come quella del Baobab, che ha subito l’ultimo tentativo di sgombero nel giugno 2017, situazioni in cui le amministrazioni faticano e tardano a trovare soluzioni concrete per migranti e transitanti, in cui il decoro cittadino è più importante della vita delle persone.

Sgomberare un centro di accoglienza della portata del Baobab è stato simbolo di abbandono e di inefficienza, ma la forza e la volontà di operatori e volontari ha dimostrato come esiste ancora il modo di rendersi utili, di dimostrare solidarietà e soprattutto che Roma, nonostante tutto, resta una città aperta.

Da che parte stare resta sempre una scelta individuale, che va presa con coscienza e consapevolezza: escludere o restare umani?

 

Anna Toniolo

Anna Toniolo, nata a Mirano (VE) il 1/marzo/1994. Studentessa al terzo anno di Scienze Politiche, Relazioni internazionali e Diritti Umani all’Università degli Studi di Padova. Viaggiatrice e curiosa incallita, giornalista in erba per passione, combatto per la verità e la giustizia per vocazione. Su SocialNews alimento la mia passione per il giornalismo e la scrittura, alimentando la mia attitudine verso la giustizia e facendo del mio meglio per trasmetterla a chi legge. Cosa sono per me i diritti umani? Sono il filo rosso che unisce ogni essere umano, sono ciò che ci dovrebbe sempre ricordare che, anche se diversi, siamo tutti uguali. Bandite le discriminazioni. 

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