The playmaker, il ruolo strategico della Corea del Nord

Quella tra le due Coree è una guerra che si combatte da più di cinquant’anni, sebbene il conflitto durato tre anni tra la coalizione guidata dagli Stati Uniti sotto la bandiera delle Nazioni Unite e il regime comunista del nord, guidato da Kim Il-Sung,  sostenuto dalla Cina e dall’Unione Sovietica sia terminato nel ben lontano 1953. La guerra, infatti, non si concluse con un trattato di pace, ma con un armistizio, che non portò alla cessazione delle ostilità ma si limitò a confermare la divisione della penisola con la creazione di una Zona Demilitarizzata (DMZ) lungo il trentottesimo parallelo. Tutt’ora forze statunitensi e sud coreane, con la fascia delle Nazioni Unite al braccio, monitorano il confine a poche decine di metri dalle guardie di Pyongyang.

corea del nord e del sud confine

Le tensioni tra i due paesi si percepisce sempre, cambia solo l’intensità degli scontri, la maggior parte dei quali provocati dalla Corea del Nord.

Il braccio armato dei Kim

I leader che si sono succeduti negli anni al governo del Nord sono stati Kim Il-Sung, fondatore del regime dopo la liberazione dal Giappone, dal 1945 al 1994, Kim Jong-Il dal 1994 al 2010 e, a partire dal 2011, Kim Jong-Un., presidente attualmente in carica, in una successione dinastica che vede il potere passare da padre in figlio.

La filosofia del Sŏn’gun, che può essere tradotta come “Prima di tutto l’esercito”, imposta nel 1994 da Kim Il-Sung, basata sul principio secondo cui tutte le risorse devono essere destinate alle Forze Armate e pone l’Esercito al vertice dello Stato sia per quanto riguarda gli affari interni che nell’ambito della politica estera.

  corea del nord esercito

Chosŏn inmin’gun o Esercito Popolare della Corea del Nord rappresenta la componente terrestre delle forze armate dello stato comunista. Fonti occidentali riportano che la Forza Armata può contare su circa cinque milioni di coscritti, uomini e donne, cui vanno aggiunte le forze della riserva e alcune organizzazioni paramilitari, attivabili in caso di conflitto, che garantiscono la sicurezza interna. La Corea del Nord dispone, inoltre, di circa tremila carri armati e ventimila cannoni di vario calibro di costruzione sovietica o cinese, così come le armi individuali e di reparto. Quello della Corea è considerato come uno degli eserciti più numeroso al mondo.

La componente navale, o Joseon-inmingun Haegun, forte di sessantamila uomini, si avvale di circa settanta sottomarini di diversi tipi oltre che di un centinaio di fregate e imbarcazioni per il pattugliamento.

Infine, la Forza Aerea dell’Esercito Popolare Coreano, Chosŏn Inmin Kun Kongun, conta, al momento attuale, un totale di centodiecimila avieri con più di mille aerei tra caccia intercettori, caccia bombardieri, ricognitori, trasporti, addestratori, elicotteri e droni, in grado di svolgere tutte le missioni tradizionalmente affidate all’arma aerea. La maggior parte dei velivoli sono di costruzione sovietica o cinese, eccetto alcuni elicotteri da trasporto leggero di costruzione statunitense ricevuti dal regime di Pyongyang negli anni Ottanta, illegalmente, dall’azienda che distribuiva tali aeromobili per conto della casa costruttrice. Rimangono ignote le modalità con cui il regime è venuto in possesso di un  velivolo da trasporto occidentale usato dall’Aeronautica di Pyongyang.

Gli esordi del nucleare nordcoreano

Nel 1956 la Corea del Nord chiese all’Unione Sovietica, sua alleata, di avviare una collaborazione per lo sviluppo del programma nucleare. Mosca acconsentì a patto che si trattasse di energia a scopi pacifici e lo stesso vincolo venne posto dalla Cina. Dopo la firma dell’accordo, vennero inviati scienziati e tecnici per l’addestramento. In risposta a ciò che fu considerato una minaccia, gli Stati Uniti risposero distaccando in Corea del Sud missili dotati di testate nucleari.  

Il primo centro di ricerca scientifica sull’energia nucleare nordcoreano venne costruito nel 1962 a Yongbyon, a 90 chilometri dalla capitale. Nel 1979 venne avviata la costruzione di un secondo reattore, per la prima volta senza la collaborazione sovietica e nel 1985 venne avviata la costruzione di un terzo. Nello stesso anno la Corea del Nord firmò il Trattato di Non Proliferazione Nucleare (sigla in inglese NPT) senza, però, ratificare le linee guida della IAEA, l’Agenzia delle Nazioni Unite incaricata di promuovere l’uso pacifico dell’energia nucleare. Nel 1993, durante un’ispezione, i tecnici dell’agenzia evidenziarono la mancanza dei requisiti di sicurezza richiesti. Lo stesso anno la Corea annunciò il proprio ritiro dal NPT.

I test nucleari della Corea del Nord

Il programma nucleare per scopi bellici della Corea del Nord risale agli anni Ottanta quando vennero costruiti dei centri di produzione e lavorazione dell’uranio e, contemporaneamente, vennero compiuti dei test sui vettori.

Per cercare di limitare la corsa al nucleare nordcoreana, gli Stati Uniti, il 21 ottobre del 1994, si resero disponibili a raggiungere un accordo con Pyongyang. In cambio del congelamento della produzione di plutonio, venne offerta la possibilità di stabilire una cooperazione economica tra i due Paesi, oltre a garantire la fornitura di carburante e la costruzione di due impianti per la produzione di energia. L’accordo, accettato dal regime, venne sospeso nel 2003 in risposta alle continue violazioni di Pyongyang.

Le sanzioni vennero imposte dalle Nazioni Unite a partire dal 2006 in seguito al test nucleare compiuto nel sito di Punggye-ri, scavato dentro una montagna nel nord del Paese. In seguito, vennero compiuti altri quattro test, nel 2009, nel 2013 e due nel 2016. Per capire che tipo di arma fosse stata impiegata, gli statunitensi utilizzarono un aereo dotato di speciali strumenti in grado di analizzare le particelle radioattive disperse nell’aria. Tali missioni, grazie anche al contributo dell’intelligence sudcoreano, permisero di scoprire che negli ultimi due test compiuti furono impiegate armi all’idrogeno, a conferma degli enormi passi in avanti compiuti dal regime nello sviluppo del proprio deterrente.

Missili nucleari per Pyongyang

Ai test nucleari si sono susseguiti, di pari passo, i lanci dei missili balistici costruiti per veicolare le testate. Lo sviluppo missilistico nordcoreano cominciò tra il 1976 e il 1981, quando vennero impiegati vettori di costruzione sovietica. Gli studi e le ricerche nazionali del settore portarono alla progettazione e costruzione del primo missile interamente nazionale, il Rodong, sperimentato con successo nel 1993. Dalla fine degli anni Novanta venne avviata la produzione di missili per la ricerca spaziale ed il 31 agosto del 1998 venne lanciato il primo vettore, un Paektusan-1, per la messa in orbita del satellite Kwangmyonsong-1. Il razzo non raggiunse l’orbita come previsto, ma sorvolò il Giappone obbligando il governo nipponico a rivedere gli accordi stipulati insieme agli USA nel 1994. Gli analisti occidentali furono concordi nel ritenere questo lancio un test per la creazione di missili balistici a lungo raggio.

Nel corso degli anni vennero sperimentati diversi lanci, alcuni con esito positivo mentre altri si sono dimostrati un fallimento. Tutti, comunque, erano caratterizzati da una traiettoria orientata a nord est in direzione del Mar del Giappone, circostanza che provocò le puntuali proteste di Tokyo sempre più preoccupato dello sviluppo militare di Pyongyang.

Corea del Nord, una reale minaccia?

Parallelamente allo sviluppo di missili terra-terra, con il test eseguito nel 2013, il progetto di costruzione di una forza missilistica sottomarina nucleare si sta concretizzando e, a tale minaccia, si aggiunge la capacità di miniaturizzare le testate in modo da poter essere trasportate dai missili balistici a lungo raggio.

i test missilistici e nucleari eseguiti negli ultimi due anni hanno scatenato una crisi che ha coinvolto Washington fin dai tempi dell’amministrazione Obama e che continua a tutt’oggi. Donald Trump ha annunciato di voler risolvere la questione coreana coinvolgendo la Russia, sempre più preoccupata dell’esito dell’attuale situazione di stallo e la Cina, ancorché tale strategia si dimostri complicata dalla recente frattura tra quei due Paesi  ed il Giappone.

Le condizioni poste dagli Stati Uniti sono semplici  e chiare: se Pyongyang continuerà i suoi test (missilistici e nucleari), le forze armate americane risponderanno militarmente. A conferma delle parole del Presidente si  assiste ad un progressivo rischieramento nell’area di uomini e mezzi oltre che, a partire dal mese di aprile, all’invio di una poderosa flotta, tra cui tre portaerei che stazionano a sud della Corea. Tale concentramento di Forze navali è considerato un evento raro dagli esperti.

Corea del Sud, la mano tesa di Moon

Nel tentativo di contenere la minaccia di Pyongyang nei confronti della Corea del Sud, da sempre uno degli obiettivi principali del regime, è stata posizionata una batteria anti missili balistici statunitense (chiamata THAAD) in grado di intercettare e distruggere i vettori lanciati dal nord. Il dispiegamento di questo sistema di difesa, tuttavia, ha causato molte proteste e diviso l’opinione pubblica sudcoreana.

Il nuovo presidente della Repubblica, Moon Jaen-In, ha deciso di far ritirare il sistema statunitense. Moon. infatti, sta cercando di imporre un nuovo approccio per risolvere la crisi attraverso il dialogo con Pyongyang anche in considerazione dei timori della Cina, che vede nel sistema THAAD una minaccia per il proprio Paese. Se Seul non avesse optato per il ritiro, ci sarebbero state ripercussioni  economiche, come affermato da un portavoce del governo cinese.

Proprio all’indomani della decisione del governo di Seul, Pyongyang ha lanciato un vettore a raggio intermedio di ultima generazione, oltre a missili da crociera, dalla base di Wonsan, nella costa orientale del Paese. Questi ultimi si sono inabissati, dopo un volo di 200 chilometri, nel punto dove 24 ore prima era passata la flotta americana impegnata in un’esercitazione con le forze giapponesi e sudcoreane.  La volontà del regime di costruire missili balistici dotati di testata nucleare in grado di colpire il suolo statunitense sta diventando realtà, come ammesso dal Vice Ammiraglio James Syring della Missile Defence Agency americana durante una conferenza stampa.

L’opzione Pechino

Mano a mano che le provocazioni aumentano e l’opzione militare assume maggior credito,  i leader delle nazioni coinvolte nella crisi mantengono aperti tutti i canali diplomatici. Trump considera il governo cinese come l’unico attore, alleato di ferro del regime, in grado di comunicare con la Corea del Nord. È da notare che la crisi ha permesso il riavvicinamento di Washington con Pechino come evidenziato dalla visita del Presidente cinese Xi Jinping negli Stati Uniti ad aprile di quest’anno.  

La Cina è disponibile al dialogo, ma è anche preoccupata che la destabilizzazione del regime di Kim Jong-Un possa provocare un’espansione a stelle e strisce, in un temuto scenario che vede la penisola coreana riunificata e filo occidentale, nonché, a causa di ulteriori sanzioni e restrizioni economiche, una migrazione di massa di nordcoreani in Cina.

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Enrico Malgarotto

Enrico Malgarotto nato il 19/01/93 a Venezia, ho conseguito la maturità classica e la laurea in Scienze Politiche, Relazioni Internazionali e Diritti Umani presso l’Università di Padova. Da sempre ho maturato vivo interesse per l’aviazione, la storia e le relazioni internazionali, perfezionato poi con il percorso di studi. Su SocialNews desidero condividere esperienze e conoscenze, con l’opportunità di approfondire la tematica dei diritti umani, che considero come il fondamento del vivere civile, da altre prospettive. 

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