Omosessuale? In India sei un criminale

India, sezione 377 del codice penale: “i rapporti omosessuali sono un crimine”. Essere gay, nel 2017, nel paese di Gandhi, è un crimine. La legge, emanata sotto l’Impero britannico, è rimasta nella giurisprudenza indiana e prevede pene detentive fino a 10 anni di carcere.

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Nel 2009, l’Alta corte di Nuova Delhi ne aveva dichiarato l’incostituzionalità, facendo riferimento alla criminalizzazione dei rapporti sessuali consensuali tra adulti dello stesso sesso. Questo perché contraria al principio di uguaglianza (articolo 14), al divieto di discriminazione per motivi di religione, razza, casta, sesso o origine (articolo 15) e, non meno importante, al diritto alla libertà personale (articolo 21). Tutti principi stabiliti nella Costituzione indiana.  

L’intervento della Corte suprema, il più alto organo giurisdizionale del Paese, ha però ribadito la costituzionalità del resto della legge e quindi la sua validità, non escludendo comunque la possibilità di modifica attraverso un intervento parlamentare. Il rigetto dell’abolizione risiede nei limitati casi di persecuzione del reato dalla sua introduzione, in poche parole la mancata applicazione della legge fa sì che resti in vigore.  Essa viene spesso utilizzata come mezzo di intimidazione da parte delle forze di polizia che seguono il pensiero di buona parte della popolazione: l’omosessualità è una malattia. Inoltre, il suo persistere vieta, alla comunità gay, di presentare denuncia contro stupri subìti.

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Nel 2015, il parlamento ha bocciato il disegno di legge presentato dal deputato di centro sinistra Shashi Tharoor che proponeva alcune modifiche, come l’eliminazione del riferimento al “sesso contro natura” nel codice penale. La proposta sottolineava l’importanza del pieno consenso durante il rapporto e poneva come limite la maggiore età. Secondo Shashi Taroor, con la riforma sarebbero venute meno minacce, ricatti ed estorsioni di cui sono vittime le persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender (LGBT) .

Si può dire, quindi, che finché esisterà questa legge, benché minimamente applicata, i milioni di indiani che appartengono alla comunità LGBT non saranno pienamente liberi.

Eppure, qualcosa si muove in India…

Nel Kerala, stato nel sud-ovest dell’India, sarà presto discusso in parlamento un progetto di legge volto a decriminalizzare l’omosessualità che, se passasse, potrebbe rivoluzionare le cose nell’intero Paese dove stanno già lentamente cambiando.  

Nel 2014, infatti, la Corte suprema ha riconosciuto le hijra, persone nate biologicamente maschili che sentono di appartenere a un “terzo sesso”.

“È diritto di ogni essere umano scegliere il proprio genere sessuale” ha dichiarato uno dei giudici durante la lettura del verdetto, spiegando che la scelta è stata dettata proprio dai principi, sanciti nella carta costituzionale, di pari opportunità di crescita rivolti a tutti i cittadini. Da allora, i transessuali rientrano in uno di quei gruppi sociali svantaggiati che godono di una serie di misure governative speciali, come assistenza e borse di studio.

Inoltre, il governo ha recentemente avviato campagne di sensibilizzazione sul tema a partire dalle scuole. In un istituto di Mumbai, ad esempio, è stato introdotto lo studio delle discriminazioni verso la comunità transgender attraverso un progetto il cui scopo è eliminare i pregiudizi che comportano la totale esclusione sociale di persone trans che, per sopravvivere, sono costrette a prostituirsi.  Le hijra, infatti, non sono considerate degne di lavorare allo stesso livello degli altri cittadini. Ma se allora, quest’anno per la prima volta, è stato concesso ad una transessuale di diventare membro del corpo di polizia, qualche cambiamento è davvero in atto.

 

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Intanto, il Ministero della salute e del benessere familiare ha deciso di pubblicare e diffondere Saathiya, un manuale rivolto agli adolescenti che mira a presentare l’omosessualità come un fatto assolutamente normale. L’opuscolo affronta tutte le tematiche inerenti al sesso, alla sessualità e alla prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili, argomenti da sempre considerati un tabù. Saathiya sarà diffuso nelle scuole attraverso dei volontari che, come scritto nel manuale, mostreranno che “non c’è alcun problema nel sentirsi attratti dal sesso opposto o dal proprio sesso”. “Ancora troppi sono i dubbi, specialmente nelle comunità rurali” ha dichiarato il ministro Mishra, per questo il progetto non può che aiutare a trovare risposte a delle incognite profondamente radicate nella società.

Anche la televisione ha  un ruolo concreto sul campo. Uno spot pubblicitario diffuso da Ogilvy & Mather, uno dei più grandi network di comunicazione e marketing, ha mostrato per la prima volta una coppia lesbica in procinto di incontrare la madre di una delle due per raccontare la verità sulla propria storia.
Lo stesso fanno i telefilm, mentre il cinema indiano ha già sdoganato la rappresentazione dei baci omosessuali. La serie tv “Kaisi Yeh Yaariyan” affronta proprio il coming out di un ragazzo. Gli autori hanno voluto raccontare la storia dei tanti adolescenti che decidono di nascondere la loro identità, alla società e alla famiglia, spronandoli a parlarne.   

 

Ancora troppe contraddizioni

Se da un lato si notano dei cambiamenti che vedono l’India come uno dei pochi Paesi al mondo dove è riconosciuto  il cosiddetto “terzo sesso”, dall’altro è evidente come siano ancora diffusi atti discriminatori nei confronti della comunità LGBT, spesso da parte delle istituzioni stesse.

Un docente è stato licenziato dall’Università della scienza e delle arti di Cuddalore proprio per il suo orientamento sessuale. Gay e attivista per i diritti LGBT è stato costretto a rinunciare al posto di lavoro a causa del suo comportamento contrario alla legge. “Dal momento della sua nomina, non sono che arrivate mail di protesta”, ha dichiarato una fonte dell’istituto descrivendo anche i numerosi battibecchi all’interno dell’ateneo. Molti studenti non hanno però esitato a dichiarare di non aver avuto alcun tipo di problema con lui, ma che piuttosto gli altri dipendenti hanno iniziato a porre domande sul comportamento tenuto in classe dell’insegnante, il quale già temeva la possibilità del licenziamento.

Ancora, perché uno stupro non può essere denunciato se subìto da un omosessuale? Non sarà perché anche la vittima stessa commette un crimine, ossia l’essere proprio omosessuale? Le violenze che vedono la donna vittima fanno sempre notizia, mentre è molto più raro sentire parlare di vittime maschili, e certamente non perché ciò non accada. Gli uomini non denunciano per la paura di venire socialmente emarginati. Allora a volte si affidano alla rete internet e i social network diventano un mezzo di diffusione di quello che è accaduto. Arnav Baarbad, dagli USA, ha postato su Facebook la storia di un amico indiano, drogato e violentato dal ragazzo con cui usciva. Spiega che, in caso di denuncia, verrebbe arrestato per il suo orientamento, vista anche la sua stessa volontà di incontrarlo.

La vita di chiunque sia parte della comunità LGBT non potrà mai essere libera e garantita finché esisterà la sezione 377 del codice penale che lo equipara a un criminale. È questo il punto da cui bisogna partire. Per arrivarci bisogna parlarne perché, finché l’argomento resterà tabù, non ci sarà possibilità di innescare un cambiamento su larga scala. Una ragazza lesbica indiana ha dichiarato che non credeva nemmeno che si potesse amare una persona del proprio stesso sesso o che esistesse una comunità LGBT. “Non vorrei essere lesbica, – ha continuato scrivendo su Reddit con lo pseudonimo di StarGirl 2112 – vedo le mie amiche con i loro fidanzati e vorrei tanto vivere il loro stesso amore”. La ragazza stessa ha finito per chiedersi se la società potrebbe mai accettarla così com’è, ed è sicura che il suo essere omosessuale le costerà la carriera, la reputazione, l’immagine e la libertà, insomma la sua intera vita.

Lo sanno bene le diverse associazioni che ogni anno prendono parte ai Gay Pride organizzati nel Paese. Gli attivisti vogliono evidenziare la netta divisione esistente tra l’India conservatrice attaccata alle tradizioni e quella giovane che, invece, recepisce velocemente i cambiamenti. Quest’anno, a marzo, nella città di Mumbai 14 000 persone hanno chiesto uguali diritti per tutti. Lo scopo principale è rompere il silenzio. Ed è così che in parlamento si accende nuovamente il dibattito attorno alle hijra, si studiano meccanismi per il loro inserimento sociale, ci si interroga sul reale significato della parola “trans”.

 

Alice Pagani

Alice Pagani, nata a Verona il 21/06/95. Attualmente studente di Scienze Politiche, Relazioni Internazionali, Diritti Umani presso l'Università degli Studi di Padova. Da sempre lettrice accanita, amante di lingue, culture e nuovi posti da scoprire. SocialNews mi permette di coltivare la passione per la scrittura, applicando, allo stesso tempo, gli studi universitari. Cosa sono per me i diritti umani? Tutti quei diritti che spettano a ognuno in quanto essere umano presente sulla Terra, non sono ammesse discriminazioni. 

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