A chi andranno in eredità il mio profilo Facebook e tutti gli altri social?

Le vicende personali, talvolta dolorose, ci portano ripensare la nostra “esistenza digitale”: la scomparsa di una persona cara è sempre un evento traumatico, ma imbattersi nel suo profilo social ancora attivo fa sorgere una miriade di domande personali e giuridiche riguardo a questa parte della sua eredità. Cosa sopravviverà di me e cosa voglio che effettivamente mi sopravviva di tutte quelle fotografie, canzoni, pensieri sparsi, commenti quotidianamente pubblicati sui miei profili social?

Il nostro “io digitale” è condannato a vivere per sempre vagando su internet o posso in qualche modo incidere su questa sopravvivenza elettronica che potrei non volere?

Il diritto, con tutte le sue limitazioni, cerca di dare una risposta che è al contempo antica e modernissima e si ricollega ai “diritti del sangue”, vediamo come.

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L’eredità digitale ed i diritti della personalità

Testi, fotografie, canzoni, filmati, grazie all’evoluzione tecnologica non sono più oggetti materiali da conservare in modo tradizionale, semmai in una vecchia scatola da scarpe, ma si sono smaterializzati, esistono cioè solo in forma di bit e, quando li pubblichiamo sui nostri profili social, di fatto sono conservati in un “nuvola” su qualche server remoto; essi diventano accessibili solo attraverso le credenziali di autenticazione per potersi collegare alla propria “bacheca” e non è detto che un domani i nostri eredi vi possano accedere.

Spesso questi “beni digitali” non hanno necessariamente un contenuto economico, ma hanno un enorme valore affettivo e da sempre il diritto si è fatto carico, attraverso il diritto morale d’autore o il diritto al ritratto o ai ricordi di famiglia, di tutelare queste proiezioni della personalità dell’individuo anche al di la del loro valore economico.

Si parla in questi casi di “diritti extrapatrimoniali”, ovvero di un mix tra diritti della personalità e diritti a contenuto patrimoniale.

Ciò che entra in gioco, infatti, non è il solo valore patrimoniale del bene, ma la tutela della personalità del defunto dopo la morte, e chi si è occupato di catalogare dal punto di vista giuridico queste situazioni le definisce “successioni c.d. anomale”, in quanto fin dall’epoca romana è la famiglia e non l’erede il destinatario di tali diritti (es. legislativamente previsti sono il diritto morale d’autore, il diritto al ritratto); la tutela della personalità del defunto è tanto rilevante che il vincolo di sangue è preminente rispetto alle regole della successione e persino il contenuto patrimoniale del diritto può essere annientato per il rispetto alla volontà del titolare che voglia impedire la diffusione di una determinata opera (ad es. è previsto il diritto all’inedito anche quando lo sfruttamento economico sarebbe oggettivamente rilevante).

Se questo è il principio generale ed è possibile individuare un interesse superiore a tutela della personalità del defunto, è anche possibile superare le eventuali regole contrattuali poste dal gestore della piattaforma social o di un diritto straniero, in particolare per la corrispondenza ed i ricordi di famiglia.

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I gestori dei social: a che legge fanno riferimento?

Molto spesso utilizziamo i social network senza occuparci di quale sia la sede legale del gestore della piattaforma né quali siano le regole legali di utilizzo della stessa.C’è però un profilo che occorre comunque tenere ben presente.

La stragrande maggioranza di questi servizi, infatti, fa rimando a clausole contrattuali regolate da ordinamenti stranieri, la stessa giurisdizione in caso di controversia non è quella italiana, bensì quella dello stato di stabilimento del prestare del servizio web.

Pertanto dopo la morte del titolare dell’account, soprattutto se le credenziali (username e password) non sono note, l’erede o il familiare dovrà contattare il gestore e dimostrare il proprio diritto all’accesso secondo una normativa profondamente diversa dalla nostra.

Le condizioni generali del servizio molto spesso dichiarino applicabile la legge della California, sotto la giurisdizione esclusiva della Contea di Santa Clara, molto nota tra gli specialisti del settore, ma ignota ai più, con ovvi problemi per chi non conosce le regole di quell’ordinamento e la cui applicazione ha dei costi insostenibili per chi si trova al di qua dell’Oceano.

Potrebbe sorgere anche un altro ostacolo: inizialmente alcuni operatori (non molti) prevedevano che in caso di morte l’account venisse semplicemente chiuso e reso inaccessibile a chiunque.

L’idea che una oscura clausola contrattuale comporti la distruzione irreversibile di dati che possono avere un valore affettivo inestimabile per chi rimane è difficilmente accettabile non solo dai comuni cittadini, ma anche da molti giuristi.

Infatti, la giurisprudenza che lentamente si va formando sul punto tende a mitigare l’applicazione di una legge straniera rispetto a quella dell’utente e i diritti del gestore nei confronti degli eredi.

Proprio in relazione a quei diritti che abbiamo chiamato “extrapatrimoniali”, regolati da principi generali che vedono nei familiari e non nell’erede il riferimento per la tutela della personalità del defunto dopo la morte, viene sempre più spesso riconosciuto l’interesse della famiglia a preservarli (i ricordi di famiglia) anche in contrasto con quelle condizioni d’uso che ne vorrebbero la distruzione e che cedono il passo rispetto al diritto della personalità del defunto.

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Mark Zuckerberg, fondatore di Facebook. Fonte: Colombia.com

Mandato post-mortem ed esecutore testamentario: cosa possiamo fare per assicurarci che la nostra eredità digitale sia custodita in buone mani?

La gestione di un bene digitale, soprattutto quando lo stesso sia riconducibile al diritto morale d’autore (come il diritto sul ritratto o sulla corrispondenza), o ai diritti della personalità (diritto all’onore, all’identità personale, alla riservatezza) o al diritto sui ricordi di famiglia non si riduce alla mera trasmissione mortis causa del suo valore economico, tra l’altro non sempre esistente in concreto, ma coinvolge il diritto di ciascuno a preservare o a distruggere tali proiezioni del proprio essere.

L’attuale situazione di oggettiva incertezza sui tempi e sull’effettiva possibilità di ottenere un trasferimento all’avente diritto dietro richiesta al provider della propria corrispondenza o più in generale dei propri contenuti digitali personali (fotografie, scritti, ecc.) rende opportuno affidare riservatamente le proprie credenziali d’accesso a una persona (o più persone) di fiducia, con istruzioni scritte sul da farsi in caso di decesso: consegnare i dati ai destinatari (eredi o familiari), o magari cancellarli in tutto o in parte.

Dal punto di vista giuridico, è possibile servirsi del mandato post mortem exquendum, ovvero di una sorta di procura con cui si forniscono istruzioni ad una persona di fiducia perchè compia una serie di operazioni materiali, come ad esempio il prelievo della corrispondenza dalla proprio account per consegnarla ai familiari o comunque alla persona designata, o provveda alla cancellazione del proprio account social.

È raccomandabile che queste istruzioni siano lasciate per iscritto, anche per tutela di chi dovrà eseguirle.

Qualora l’interessato cambi periodicamente le password dovrà ricordarsi di aggiornare ogni volta le istruzioni.

Attenzione, però, alla scelta del fiduciario: le conseguenze potrebbero essere inimmaginabili….

Va ricordato infine che le credenziali di autenticazione sono semplicemente un metodo d’accesso, non un bene provvisto di valore economico proprio, sono delle “chiavi” pertanto ciò di cui è necessario disporre dal punto di vista sostanziale è del bene digitale a cui danno accesso, non delle chiavi in sé.

Altro strumento utilizzabile è quello dell’esecutore testamentario: da questo punto di vista sarà necessario redigere un valido testamento, indicando anche in questo caso quali sono le volontà del testatore circa i suoi diritti extrapatrimoniali, digitali o non, con l’accortezza di designare la persona che avrà il compito di eseguire tali desiderata, mentre è sconsigliabile indicare direttamente nel testamento le credenziali di accesso ai propri contenuti digitali, e ciò per due ordini di motivi: esse potrebbero mutare nel tempo, ma soprattutto una volta pubblicato il testamento è accessibile da chiunque, pertanto le istruzioni date all’esecutore testamentario potrebbero essere vanificate dall’intervento di un terzo (erede o estraneo) che venuto a conoscenza delle password sia più rapido nell’impossessarsi di contenuti dei quali, ad esempio, il testatore avesse disposto la distruzione.

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La nostra identità digitale dopo la morte: chi gestisce gli account in eredità?

I vari operatori hanno prassi diversificate, volendo generalizzare quasi tutti i gestori di social network attribuiscono ai familiari la possibilità o di distruggere i dati o di trasformare (Facebook) l’account in “commemorativo”, quindi senza possibilità di modificarlo ulteriormente. Di nuovo riemerge evidente il vicolo di sangue, come nelle legislazioni più antiche, per individuare chi può tutelare la personalità del defunto.

Il problema può diventare la prova del rapporto di parentela e la documentazione richiesta è variegata e, in qualche caso, questo tipo di operazioni possono risultare complesse, proprio perché si fa riferimento a leggi straniere e non alle nostre.

L’opzione migliore è non affidarsi alle regole generali di ciascun operatore, ma di decidere prima e direttamente chi potrà fare cosa proprio profilo e dei dati a esso collegati proprio con gli strumenti giuridici che sopra abbiamo elencato.

La digital death industry

Nel mondo digitale, in cui tutti i beni smateriarializzati sono accessibili solo tramite account in rete e quindi tramite password modificabili nel tempo, si vanno sviluppando alcuni servizi che hanno una loro utilità.

Alcuni siti da tempo offrono servizi automatizzati di conservazione delle credenziali. Il sito invia periodicamente un’e-mail all’iscritto, se non c’è risposta entro un certo termine, ne vengono inviate altre, a ritmo sempre più ravvicinato; dopo un periodo di silenzio predeterminato, che l’iscritto in genere può stabilire a suo piacimento (per esempio tre mesi), si presume che sia accaduto l’irreparabile e le credenziali vengono poste a disposizione della persona preventivamente indicata dall’iscritto.

Se il servizio in se ha una sua utilità, la sua attuazione pratica presenta diversi aspetti critici:

  • cessazione dell’attività da parte del sito, se ciò accade quando il cliente è ancora in vita, quest’ultimo non dovrà fare altro che trovare un nuovo gestore, più complicata è l’ipotesi inversa, poiché se ciò accade prima che il sito abbia adempiuto al suo mandato fiduciario le credenziali saranno irrimediabilmente perse
  • cambiamento del nome o del proprietario del sito, il che pone un’altra serie di problemi in merito al fatto di aver accordato la propria fiducia a qualcuno che poi ha passato il testimone ad altri.

Entrambe le criticità evidenziate ci rimandano ad un problema più generale: quello della sicurezza del servizio, ovvero qual’è l’affidabilità in concreto di questi siti? Abbiamo un sufficiente arco temporale di esperienza per fondare una scelta consapevole circa la loro affidabilità?

Resta infine il problema più serio: il fattore tempo, qual’è l’intervallo temporale giusto prima di consegnare ad altri le proprie credenziali?

Tempi lunghi nella consegna delle credenziali e di conseguenza nell’accesso dei dati possono condurre a pregiudizi irreparabili, così come accorciare molto il termine può portare ugualmente a situazioni indesiderabili, ad esempio se l’inerzia nei confronti delle sollecitazioni provenienti dal sito è dovuta semplicemente ad una malattia o ad un viaggio; che la soluzione sia il vecchio nodo al fazzoletto? Sicuramente l’importante è avere consapevolezza delle regole del servizio ed eventualmente modificare le istruzioni in funzione delle propri esigenze, mutevoli nel tempo proprio come la vita.

Gea Arcella

Gea Arcella

Nata a Pompei, dopo gli studi classici svolti a Torre Annunziata, si è laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Trieste nel 1987. Nel 2007 ha conseguito con lode un master di II livello presso l'Università “Tor Vergata” di Roma in Comunicazione Istituzionale con supporto digitale. E' notaio in provincia di Udine e prima della nomina a notaio ha svolto per alcuni anni la professione di avvocato. Per curiosità intellettuale si è avvicinata al mondo di Internet e delle nuove tecnologie e dal 2001 collabora con il Consiglio Nazionale del Notariato quale componente della Commissione Informatica . Già professore a contratto presso l'Università Carlo Bò di Urbino di Informatica giuridica e cultore della materia presso la cattedra di diritto Civile della medesima Università, attualmente è docente presso la Scuola di Notariato Triveneto e Presso la Scuola delle Professioni legali di Padova di Informatica giuridica e svolge attività formative sia interne che esterne al Notariato. E' socia di diverse associazioni sia culturali che orientate al sociale, crede che compito di chi ha ricevuto è restituire, a partire dalla propria comunità. 

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