Cultural Intelligence, libri e nostalgia del futuro

Il 2016 è stato l’anno di “ICT per i media: Innovazione – Cultura – Tradizione”. In che modo ciò ha un impatto sul mondo dell’editoria?

Maria Pia Rossignaud

Cultural Intelligence” è la nuova frontiera che mette in contatto e unisce le abilità digitali al mondo tradizionale del sapere.
È stato Derrick de Kerckhove – autore della teoria dell’intelligenza connettiva e già coautore di Marshall Mc Luan – a scegliere questo tema per i vent’anni dell’Osservatorio TuttiMedia, l’associazione che aggrega competitori allo scopo di farli collaborare. Al tavolo dell’associazione siedono gradi aziende ed editori over the top.
Tutti insieme guardiamo alle tecnologie come ad un mezzo per far vivere meglio l’uomo. Ogni anno TuttiMedia organizza il premio “Nostalgia di Futuro”, un ossimoro di successo che da 8 anni vanta la Targa della Presidenza della Repubblica. Il 2016 è stato l’anno di “ICT per i media: Innovazione – Cultura – Tradizione”.


Di “Quale passato nel nostro futuro?” si è discusso nella tavola rotonda tenutasi prima della premiazione proprio per ribadire che la cultura serve al PIL. Nell’ultimo rapporto 2016 di Unioncamere e Fondazione Symbola, intitolato “Io sono Cultura”, si parla di un giro d’affari di 249,8 miliardi di euro legato al mondo del cultural heritage.
Alla discussione hanno partecipato Maurizio Costa, presidente FIEG, Franco Siddi, presidente TuttiMedia, Valeria Fedeli, vice presidente del Senato, Enrico Bellini, Google, Raffaele Lorusso, FNSI, Gina Nieri, Mediaset, Andrea Penza, AICT focus sui droni, Alessandro Vizzarri, Università di Roma Tor Vergata e Gianmarco Veruggio, esperto di Roboetica del CNR.
Riflettere su un passato di tradizioni è il senso della cultural intelligence, ha ribadito Derrick de Kerckhove durante il suo intervento: “Esiste un problema nella mancanza di memoria storica o culturale perché ricercare riferimenti solo sulla Rete invita alla Brexit e porta verso i Trump di questo mondo. L’assenza graduale dei riferimenti comuni aumenta la responsabilità di tutti i media”.

cultural intelligence
Il digiuno culturale citato sempre più spesso deriva da una distorsione che pone la cultura in contrapposizione alla tecnologia. Viviamo in due ambienti culturali più o meno separati. Da un lato, il mondo materiale, fisico; dall’altro, il virtuale. Queste due culture non sono ben bilanciate. Unire cultura e tecnologia aiuta a sconfiggere l’analfabetismo digitale, paragonato a quello funzionale anche nell’ultimo rapporto Istat. “In Italia l’idea di cultura tradizionale è legata a nozioni di letteratura, arte, beni culturali. Sostiene funzioni creative legate al passato e il digitale lo escludiamo – ha sottolineato de Kerckhove – crea, in tempo reale, la sua cultura, fatta d’innovazione permanente e di cambiamenti sociali e psicologici senza precedenti, purtroppo sconosciuti ai più.
Ci troviamo al tipping point, il punto critico di una ridefinizione dell’impiego, della produzione, dell’innovazione e della stessa creatività. A Firenze abbiamo discusso con 200 liceali di “Robot amico o nemico?”. Nel 2021 il 40% dei lavori attuali sarà affidato alle macchine. Nel 1998 Kodak era un’icona mondiale, oggi quasi non esiste più”.
I media assumono un ruolo di primo piano nella formazione. Soprattutto, devono creare consapevolezza e conoscenza
di un’evoluzione che non può prescindere da ciò che siamo stati. Tutti i media devono unirsi per sconfiggere l’ignoranza
digitale e capire perché i nostri giovani si sono allontanati dalla cultura.


Attraverso le pagine di Media Duemila, rivista di cultura digitale italiana, l’Osservatorio TuttiMedia si è imposto il compito di promuovere le competenze necessarie ad abbattere le differenze fra le generazioni.
La prevalenza della cultura umanistica su quella scientifica e tecnologica ci ha portati fin qui. È tempo di cambiare sfruttando tutto il potenziale creativo delle nuove tecnologie, così care ai giovani. Sicuramente beneficeremo di una spinta di creatività culturale grazie alla stampante 3D. Mi aspetto anche la crescita dell’immaginario narrativo, non solo in YouTube, ma anche con lo sviluppo di un transmedia che tuteli i contenuti di qualità ed affidabili. Per creare un ambiente culturale creativo servono alcune strategie di base, chiare e condivise, per le scuole e l’Università sostenute dai Governi e dalle imprese. Si può realizzare tutto ciò, ma serve un alto livello d’impegno e di coinvolgimento da parte di tutti, utilizzando i media a disposizione, a cominciare da quelli “vecchi” per arrivare a quelli “nuovi”.

Maria Pia Rossignaud, direttrice di Media Duemila

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