In nome della madre

Quanto è importante il nome e cognome di ognuno noi? Moltissimo è ciò che ci identifica e ci distingue e per questo il nostro il nome, inteso come prenome (o nome proprio) e cognome, è un vero e proprio diritto sancito e tutelato dal nostro codice civile.

Mentre il nome proprio è scelto dai genitori, il cognome è “dativo”, ovvero viene imposto automaticamente e normalmente, per i figli nati da genitori coniugati, dipende da quello del padre. Il fatto sorprendente è che l’utilizzo del cognome paterno non dipende da una disposizione di legge specifica che impone di attribuirlo al figlio, ma si ricava dal sistema, è una sorta di consuetudine, o meglio lo stesso legislatore lo ha sempre dato per scontato e solo per i figli nati fuori dal matrimonio ha precisato che “Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre.”

Negli ultimi decenni giudici sia della Corte di Cassazione che della Corte Costituzionale si sono interrogati sulla legittimità di questo sistema, soprattutto alla luce della riforma del diritto di famiglia che aveva svincolato il cognome della moglie da quello del marito e già nel 2006 con la sentenza n. 61 la Corte Costituzionale aveva affermato che “ l’attuale sistema di attribuzione del cognome è retaggio di una concezione patriarcale della famiglia,…e di una tramontata potestà maritale, non più coerente con i principi dell’ordinamento e con il valore costituzionale dell’uguaglianza tra uomo e donna”.

Nonostante un’affermazione così forte, la Consulta però non si era sentita di “sostituirsi” al legislatore nel dettare le regole sull’attribuzione del cognome al figlio nato all’interno del matrimonio, vista la eterogeneità delle possibili soluzioni :

  • attribuzione del cognome di entrambi i genitori, riportando per primo quello del padre
  • attribuzione, sentiti i genitori, del cognome del padre, ovvero quello della madre, ovvero entrambi nell’ordine determinato di comune accordo tra i genitori stessi, e, in caso di mancato accordo, i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico;
  • attribuzione del primo cognome di ciascuno dei genitori, e quanto all’ordine dei cognomi stessi, in assenza di manifestazioni di volontà, che il cognome riportato per primo sia il primo cognome del padre seguito dal primo cognome della madre (sistema per altro seguito soprattutto nei paesi di tradizione spagnola).

Di fronte a tante alternative possibili la Corte Costituzionale nella sentenza del 2006 aveva concluso che la scelta spettava al legislatore che avrebbe dovuto promulgare una legge ad hoc.

attribuzione del cognome della madre famiglia

Recentemente, sempre a causa del vuoto legislativo, nel 2014 è intervenuta anche la Corte europea dei diritti dell’uomo, con la sentenza del 7 gennaio che ha condannato l’Italia per non aver realizzato pienamente l’uguaglianza tra madre e padre nell’attribuzione del cognome dei figli e non aver rimosso ogni discriminazione basata sul sesso nella scelta del cognome.

Proprio a seguito di tale condanna finalmente il nostro Parlamento a settembre di quest’anno aveva licenziato un progetto di legge – ora all’esame del Senato – che per i figli nati all’interno del matrimonio prevede che essi, su accordo dei genitori, possano assumere:

  • il cognome del padre;
  • il cognome della madre;
  • il cognome di entrambi, nell’ordine concordato.

o, in caso di mancato accordo ,

  • i cognomi di entrambi i genitori in ordine alfabetico.

Nonostante questo tardivo intervento, il legislatore è stato superato “in corsa” dalla Corte Costituzionale che la scorsa settimana, con una sentenza non ancora pubblicata, ha mutato il suo precedente del 2006 ed ha stabilito l’illegittimità costituzionale della norma che prevede l’automatica attribuzione del cognome paterno al figlio legittimo in presenza di una diversa volontà dei genitori, di fatto diventa possibile attribuire il doppio cognome al proprio figlio al momento della registrazione all’anagrafe e non è più necessario un lungo e complesso procedimento amministrativo per l’aggiunta del cognome materno, tra l’altro fin ora possibile solo a determinate condizioni, come ad esempio l’estinzione del “patronimico”.

Per chi, come me, ha avuto la fortuna di poter aggiungere il proprio cognome a quello del proprio figlio anche prima di questa sentenza, è una grande soddisfazione pensare che d’ora in poi tutti quello che lo vorranno potranno farlo senza dover dare altra motivazione che l’amore dei genitori per le rispettive famiglie di origine.

 

Gea Arcella, notaio

 

 

Riferimenti normativi attuali

Art. 6.
Diritto al nome.

Ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito.

Nel nome si comprendono il prenome e il cognome.

Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati.

Art. 7.
Tutela del diritto al nome.

La persona, alla quale si contesti il diritto all’uso del proprio nome o che possa risentire pregiudizio dall’uso che altri indebitamente ne faccia, può chiedere giudizialmente la cessazione del fatto lesivo, salvo il risarcimento dei danni.

L’autorità giudiziaria può ordinare che la sentenza sia pubblicata in uno o più giornali.

Art. 8.
Tutela del nome per ragioni familiari.

Nel caso previsto dall’articolo precedente, l’azione può essere promossa anche da chi, pur non portando il nome contestato o indebitamente usato, abbia alla tutela del nome un interesse fondato su ragioni familiari degne d’essere protette.

Art. 262.
Cognome del figlio nato fuori del matrimonio.

Il figlio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto. Se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre.

Se la filiazione nei confronti del padre è stata accertata o riconosciuta successivamente al riconoscimento da parte della madre, il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo a quello della madre.

Se la filiazione nei confronti del genitore è stata accertata o riconosciuta successivamente all’attribuzione del cognome da parte dell’ufficiale dello stato civile, si applica il primo e il secondo comma del presente articolo; il figlio può mantenere il cognome precedentemente attribuitogli, ove tale cognome sia divenuto autonomo segno della sua identità personale, aggiungendolo, anteponendolo o sostituendolo al cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto o al cognome dei genitori in caso di riconoscimento da parte di entrambi.

Nel caso di minore età del figlio, il giudice decide circa l’assunzione del cognome del genitore, previo ascolto del figlio minore, che abbia compiuto gli anni dodici e anche di età inferiore ove capace di discernimento.

 

Gea Arcella

Nata a Pompei, dopo gli studi classici svolti a Torre Annunziata, si è laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Trieste nel 1987. Nel 2007 ha conseguito con lode un master di II livello presso l'Università “Tor Vergata” di Roma in Comunicazione Istituzionale con supporto digitale. E' notaio in provincia di Udine e prima della nomina a notaio ha svolto per alcuni anni la professione di avvocato. Per curiosità intellettuale si è avvicinata al mondo di Internet e delle nuove tecnologie e dal 2001 collabora con il Consiglio Nazionale del Notariato quale componente della Commissione Informatica . Già professore a contratto presso l'Università Carlo Bò di Urbino di Informatica giuridica e cultore della materia presso la cattedra di diritto Civile della medesima Università, attualmente è docente presso la Scuola di Notariato Triveneto e Presso la Scuola delle Professioni legali di Padova di Informatica giuridica e svolge attività formative sia interne che esterne al Notariato. E' socia di diverse associazioni sia culturali che orientate al sociale, crede che compito di chi ha ricevuto è restituire, a partire dalla propria comunità. 

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