L’attacco a Mosul non risolverà il conflitto mediorentale

mosulL’offensiva contro lo Stato islamico in Iraq è arrivata a 5 chilometri da Mosul, seconda città irachena, due milioni di abitanti. Sono circa 7 mila gli jihadisti nella città assediata da una esercito di 30mila soldati di diverse etnie, religioni e nazionalità. Sono in azione Peshmerga curdi e milizie sciite e sunnite dell’esercito iracheno, reparti scelti statunitensi, l’aviazione turca ed anche i militari italiani con il compito di soccorso ai feriti della coalizione e di difendere la diga di Mosul.

Sinora, le forze curde e irachene hanno preso il controllo di 30 villaggi nella zona di Mosul. Si segnalano violenti combattimenti al villaggio strategico di Tal Kayf, dove i Peshmerga curdi hanno sfondato le linee degli jihadisti. L’esercito iracheno ha invece raggiunto il centro di Hamdaniyah, la più grande località a maggioranza cristiana.

Le forze che combattono insieme sotto il medesimo vessillo sono però tutt’altro che unite. La tensione tra Iraq e Turchia per la diffidenza reciproca in un azione militare congiunta rischia di complicare e rallentare questa difficile operazione. L’Iraq torna a ripetere il suo ‘no’ alla partecipazione della Turchia all’offensiva dentro Mosul. “La battaglia per Mosul è una battaglia irachena e la conducono gli iracheni”, ha detto il premier iracheno. Inoltre, una volta entrati nella città si dovranno evitare scontri tra la popolazione sunnita e le milizie sciite che partecipano all’offensiva.

Il presidente russo Vladimir Putin, dal canto suo in riferimento alle sanzioni per le azioni russe su Aleppo ha dichiarato: “Non ci comporteremo da isterici come hanno fatto i Paesi occidentali perché ci rendiamo conto che abbiamo bisogno di combattere il terrorismo, e che non c’è altro modo che l’azione militare”. Per quanto riguarda gli Stati Uniti il voto presidenziale di novembre è già ora il vero protagonista della politica estera statunitense e il risultato elettorale sarà determinante per capirne il proseguo.

Le Nazioni Unite confermano che i civili possono subire le peggiori conseguenze, che potrebbero essere usati come scudi umani, che un milione di persone rischia di restare senza casa. Lo Stato islamico avrebbe infatti già ucciso circa 300 persone in esecuzioni di massa tra giovedì e venerdì, scrive la Cnn, facendo riferimento a una fonte d’intelligence.

Le difficoltà a conquistare Mosul sono quindi molteplici. I combattenti dell’Isis non affronteranno apertamente l’esercito della coalizione ma attueranno tattiche di guerriglia urbana, rendendo indistinguibili fra loro jihadisti e civili. Dopo aver preso il controllo di Mosul sarà necessario risolvere tutti gli elementi che hanno favorito l’attecchimento dell’Isis. Inoltre l’Iraq non ha le risorse e la capacità di ricostruire la città. L’amministrazione irachena continua a subire le conseguenze della corruzione e della lotta interna fra funzionari sciiti e sunniti che frammentano le amministrazioni in gruppi difficilmente controllabili.

L’isis quindi resiste alla sconfitta perchè non vengono risolti i presupposti su cui si è sviluppato e perchè i principali eserciti sul campo quali Stati Uniti, Russia e Turchia non perseguono gli stessi obiettivi. Questi governi curano diverse alleanze con gruppi politico-militari di diversa estrazione ed in alcuni casi hanno obiettivi diametralmente opposti. Basta pensare alla questione curda appoggiata dagli Stati Uniti osteggiata dalla Turchia. Oppure La questione di Assad appoggiato dalla Russia ed osteggiato dagli Stati Uniti. Tutto questo ritarda la soluzione e impedisce la sconfitta dello Stato islamico.

Il nostro ministro degli esteri Gentiloni è convinto che “Ci sono le condizioni perchè anche Mosul e poi Raqqa, in Siria, nel giro di pochi mesi siano liberate”. Ma perché l’Iraq e la Siria diventino paesi stabili e, quindi, più pacifici saranno necessari per decenni ingenti investimenti e un radicale cambiamento culturale e religioso in accordo con tutta la comunità internazionale, sia araba che occidentale che asiatica. Sarà necessario un cambiamento nei rapporti internazionali, soprattutto nella politica estera, economica e religiosa. Se questo non avverrà il rischio di un conflitto senza fine rimane purtroppo concreto.

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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