Quali erano i gusti culinari degli Ateniesi?

Gli Ateniesi erano sostanzialmente tre le consumazioni degli antichi greci: l’acratisma, la nostra colazione, che consisteva in pane d’orzo intinto nel vino; l’ariston, il nostro pranzo, nel quale gli antichi consumavano cereali e proteine; il deipnon, la cena, con una grande varietà di alimenti

di Lisa Sangineto, Caterina Cesario, Sofia Gerber, (5A)

Plutarco afferma che la Patria è la terra nella quale crescono grano, vite e olivo: questi elementi costituiscono la triade che domina il Pantheon alimentare della Grecia classica. Pane, vino e olio simboleggiano la civiltà, ciò che separa l’uomo greco dal barbaro.

Nell’antichità era usuale consumare alimenti quali arrosto e pane. A partire dal V secolo, invece, troviamo attestazioni che dimostrano come l’alimentazione greca si sia progressivamente arricchita: Eschilo cita cozze e ostriche, Epicarmo parla della varietà dei frutti di mare, Aristofane allude a cavallette e cicale, zuppa di lenticchie, polenta di farro, farina d’orzo e una grande varietà di pesci, Filosseno, infine, scrive di pane bianco, anguilla, tonno, molluschi, carni di maiale e di capretto, cacciagione, miele e formaggio fresco.

Tali alimenti venivano consumati separatamente da uomini e donne in tre pasti principali:

acratisma, la nostra colazione, consisteva in pane d’orzo intinto nel vino;

ariston, il nostro pranzo, nel quale gli antichi consumavano cereali e proteine;

deipnon, la nostra cena, considerato il pasto più importante della giornata: veniva, infatti, servita una grande varietà di alimenti.

UN’ALIMENTAZIONE DIVERSA: GLI ATLETI

Gli atleti avevano uno stile di vita ed un’alimentazione completamente diversi dalla gente comune. Appare chiaro come avessero già colto la stretta correlazione, così faticosa ad affermarsi, invece, ai giorni nostri, tra cibo e benessere.

Secondo Ippocrate, infatti “Se fossimo in grado di fornire a ciascuno la giusta dose di nutrimento e di esercizio fisico, né in difetto, né in eccesso, avremmo trovato la strada per la salute”. Queste parole definiscono l’importanza della nutrizione quale fondamento della prestazione fisica.

Diversi autori trattano l’argomento.

“Come cibo avevano focacce d’orzo (1) e, tra i pani, quelli non raffinati (2) e non lievitati. Le carni che li nutrivano erano quelle di bue, toro, capra e capriolo […]. Ma tutto ciò cambiò quando, da combattenti, passarono ad essere esenti dal servizio militare, pigri, da operosi quali erano, e rammolliti, da robusti. Da quando ha prevalso la ghiottoneria siciliana, gli stadi si sono svigoriti. È stata la medicina la prima a far uso di pani raffinati ai semi di papavero, di pesce (3) e di diversi tipi di carne (4).” (Filostrato, “Perì ghimnastichès”, 43-44)

“Nuocciono, infatti, alcune pietanze, nuocciono il vino e i furti di cibo. Coloro i quali hanno mangiato in eccesso si riconosceranno dal sopracciglio pesante, il respiro affannoso, il riempimento delle cavità delle clavicole e i fianchi al lato del corpo, che presentano del gonfiore. Gli avvinazzati, invece, saranno contrassegnati da una pancia in eccesso, un sangue troppo vivace e da umidità ai fianchi e alle ginocchia”. (Filostrato, “Perì ghimnastichès”, 47-48)

“Quando il vino è in eccesso, coloro i quali hanno ecceduto in questo senso non devono né allenarsi troppo, né lasciarsi andare al riposo affinché il sangue non venga danneggiato. L’allenatore, quindi, li pulisca e li deterga con lo strigile usando una modica quantità d’olio”. (Filostrato, “Perì ghimnastichès”, 51)

Filostrato, dunque, ci offre un quadro riassuntivo relativo all’alimentazione degli atleti fino al V secolo. Sembra ignorare la tradizione di una dieta più antica, priva di carne, nella quale gli atleti, accanto al pane, ricevevano solo formaggio fresco e fichi secchi. Sappiamo, infatti, che l’alimentazione a base di carne, che abbiamo motivo di credere divenisse poi l’alimento principale, si afferma solo dopo il 500 e viene attribuita, secondo quanto riportato dallo scrittore Pausania, al corridore Dromeo di Stinfalo (484 a.C.), oppure ad un Pitagora oplita.

Il pranzo degli atleti professionisti consisteva, secondo Galeno, di solo pane (poco fermentato e poco cotto), mentre Platone e Diogene Laerzio menzionano anche la carne di manzo e di capra (importante, però, che non venisse bollita).

Come si è già visto, Filostrato biasima l’introduzione del pesce. Secondo Epitteto, invece, andavano proibite le bevande fredde.

Qualsiasi fosse, comunque, il cibo ingerito, la quantità doveva essere adatta alla giusta struttura del corpo. Per resistere agli enormi sforzi corporali, quindi, gli atleti erano obbligati a sottoporsi ad un regime speciale, il cui elemento principale era l’alimentazione forzata (anagcofaghia): solo attraverso questa essi raggiungevano pieno vigore e robusta massa carnosa (importante, soprattutto, per i lottatori). Questa corpulenza comportava, però, anche diverse problematiche: irregolarità e disturbi nel sistema digerente e gravi malattie (non furono di rado dei colpi apoplettici a mettere fine alla vita di questi uomini).

(1) La maza, menzionata per la prima volta negli “Erga” di Esiodo, era il cibo usuale degli atleti nel tempo antico. È il primitivo pane azzimo, fatto con farina grezza di orzo (chiamata polenta dai Romani). Si lavorava la pasta in forma di gnocco o focaccia schiacciata, di solito come una torta rotonda, e la si tostava o cuoceva al forno su pietre roventi, sotto la cenere del focolare, su piastre di metallo e in altri modi simili.

(2) Il pane prodotto con farina di frumento non depurata dalla crusca si chiamava prima “artos sugkomistos” e, in epoca più tarda, “autocuros”. Di questo pane grezzo gli atleti antichi si accontentavano e fu soltanto nel periodo di rammollimento biasimato da Filostrato che si pretese anche per essi farina raffinata. Dal momento che il pane non lievitato era considerato difficilmente digeribile, anche se sempre nutriente, si scelse una via di mezzo: Galeno, per esempio, raccomandò agli atleti un pane leggermente lievitato.

(3) Le qualità naturali dei pesci venivano stabilite in base agli ambienti marini: ad esempio, quelli che abitavano fondali melmosi risultavano grassi, quelli che provenivano dai fondali rocciosi o dal mare aperto erano, invece, considerati teneri e carnosi.

(4) La qualità delle carni veniva stabilita in base ad un elenco di indicazioni bizzarre, a detta di Filostrato: erano da considerare di cattiva qualità le mandrie suine in riva al mare a causa dell’aglio marino. Si consigliava, invece, di mangiare solo le carni di suini che si cibavano di cornioli e ghiande. E’ importante ricordare che la carne di maiale veniva generalmente considerata facile da digerire, nutriente e produttrice di umori salutari, e perciò presentata come cibo preferito degli atleti.

Bibliografia

A.C. Bussemaker, E. Saglio, s. v. “athleta”, in CH. Daremberg, E. Saglio (edd), Dictionnarie des antiquites greques et romaiens, I-1, pp.515-521, Paris 1877.

E. Reisch, s.v. “anagcofaghia”, in A. F. Pauly, G. Wissowa (edd.), Real- Encycopädie der classischen Altertumswissenschaft, I-2, coll. 2058-2060, Stuttgart 1894.

J. Jüthner, s.v. “Gymnastik”, in A.F. Pauly, G. Wissowa (edd.), Real- Encycopädie der classischen Altertumswissenschaft, VII-2, coll. 2030-2085, Stuttgart 1912.

Angela Caporale

Giornalista pubblicista dal 2015, ha vissuto (e studiato) a Udine, Padova, Bologna e Parigi. Collabora con @uxilia e Socialnews dall’autunno 2011, è caporedattrice della rivista dal 2014. Giornalista, social media manager, addetta stampa freelance, si occupa prevalentemente di sociale e diritti umani. È caporedattore della rivista SocialNews in formato sia cartaceo che online, e Social media manager. 

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