Mangiare: un diritto umano “essenziale”

Nutrirsi è “un diritto umano”. Avversare questa concezione sarebbe come avversare l’umanità stessa, commettendo atti oltraggiosi contro noi stessi e contro gli altri che, per essere uomini, ne hanno bisogno

di Pawinut Jantarakort (I C)

Il verbo latino “edo” significa “mangiare” o “inghiottire cibi per nutrirsene”.

Alcune sue forme (esse, est) corrispondono perfettamente a quelle del verbo sum, “essere”.

Nel Latino tardo, “essere” significa “possedere una precisa identità o natura”, significato che ritroviamo nel termine “essenza”, che ne contiene la radice. Il latino essentia, che, a sua volta, traduce il greco ousía (Ουσία) “sostanza”, ci convince del fatto che “essere” significa etimologicamente “avere in sé, come essenza, quella determinata sostanza che identifica la nostra reale natura”.

Sappiamo che per Aristotele l’essenza dell’uomo o la substantia di esso (letteralmente “ciò che sta sotto”) è l’anima.

A distanza di secoli, Ludwig Feuerbach sintetizza il suo pensiero nella frase: “Noi siamo ciò che mangiamo”.

Se ci atteniamo a questa affascinante tesi, concettualmente essere equivale a mangiare. Quindi, non ci sembra più strano il fatto che già ab antiquo alcune forme di edo fossero omologhe a quelle di sum.

Immaginiamo, così, un tempo storico lontano dal nostro, in cui i Romani utilizzavano una parola che poteva assumere due significati completamente diversi, ma che, per quanto esposto, assume una sfumatura che ci fa riflettere.

Se accettiamo che “se io mangio, sono”, sarà vero anche il suo contrario: “se io non mangio, non sono” o “chi non mangia, non è”.

Se, poi, per “non è” intendiamo un corpo umano che non ha anima, tutto questo assume un significato socialmente ancora più intenso, in quanto equivale a dire “se non ci cibassimo, perderemmo la nostra natura umana”.

Ne consegue che mangiare è “un diritto umano”. Avversare questa concezione sarebbe come avversare l’umanità stessa, commettendo atti oltraggiosi contro noi stessi e contro gli altri che, per essere uomini, ne hanno bisogno.

Questa riflessione dovrebbe indurci ad essere più solidali nei confronti di tutti coloro i quali il cibo non se lo possono permettere, come, del resto, insegnano alcuni grandi autori della letteratura latina stessa. Questi sembrano ammonirci sulle abitudini etiche e morali alle quali attenersi a tavola.

Col tempo, però, forse proprio per impedire la confusione generabile a livello linguistico e di comprensione, al verbo latino edo fu preferito manducare, da cui l’italiano mangiare o il francese manger.

Nel Tedesco, invece, ci sembra di poter rintracciare una prova, forse più filosofica che filologica, di quanto affermato fin qui: mangiare, infatti, si dice essen.

Nonostante alcuni studiosi pensino che questa voce derivi dall’antica lingua indoeuropea, nella quale è rintracciabile la radice *ed-,essen, successivamente ridottasi ad *essen per la caduta sillabica di *ed, (tesi che, dunque, andrebbe a negare ogni relazione con il verbo “essere” in sé), al nostro cuore piace maggiormente la teoria secondo la quale la radice dei due verbi è comune e, per alternanza vocalica, la e della seconda e terza persona singolare e della seconda persona plurale del presente del verbo essen si sia trasformata in i/ie nell’attuale forma (ad esempio, da esst a isst): ciò spiegherebbe l’anomalia di alcune forme del verbo essen e ci fornirebbe un suggestivo collegamento concettuale.

Angela Caporale

Giornalista pubblicista dal 2015, ha vissuto (e studiato) a Udine, Padova, Bologna e Parigi. Collabora con @uxilia e Socialnews dall’autunno 2011, è caporedattrice della rivista dal 2014. Giornalista, social media manager, addetta stampa freelance, si occupa prevalentemente di sociale e diritti umani. È caporedattore della rivista SocialNews in formato sia cartaceo che online, e Social media manager. 

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