Il sale nella società romana: condimento e valore simbolico

La sua proprietà di conservazione degli elementi ha sempre rappresentato, fin dall’antichità, un fattore di “incorruttibilità”. Per molte popolazioni dell’epoca, offrire pane e sale agli ospiti era sinonimo di grande apertura

di Astrid Schiulaz (1 C)

Fin dall’antichità, il sale ha sempre assunto un’importanza fondamentale nella società, non solo in quanto condimento, ma anche per il suo valore simbolico di elemento derivante dalla cucina antica.

Ciò è particolarmente evidente nella cultura romana. Va anche rilevato come, in virtù della vastità dei territori controllati, i Romani avessero accesso ai più svariati tipi di sale, i cui molteplici usi sono abbondantemente descritti nel liber XXXI della Naturalis Historia di Plinio il Vecchio.

Uno degli esempi maggiormente significativi sul valore simbolico del sale, definibile quasi come sacrale, ci viene offerto da Cicerone nel Laelius De Amicitia: “[…] Veterrima quaeque, ut ea vina, quae vetustatem ferunt, esse debet suavissima; verumque illud est, quod dicitur, multos modios salis simul edendos esse, ut amicitiae munus expletum sit”. (“[L’amicizia] quanto più è vecchia, come quei vini che sopportano l’invecchiamento, tanto più deve essere dolce; ed è vero ciò che si dice, che si devono mangiare molti moggi di sale assieme, perché il dovere dell’amicizia sia soddisfatto”).

In questo passo, il sale diviene garante di una lunga e autentica amicizia: a causa della sua proprietà di conservazione degli alimenti, viene considerato un simbolo di incorruttibilità. Va, inoltre, ricordato che, presso molte popolazioni dell’epoca, offrire pane e sale era prassi comune nei confronti dei propri ospiti. Mangiati assieme, rendevano l’ospite inviolabile o, addirittura, si sanciva un’alleanza.

Si può, dunque, comprendere l’immenso valore attribuito al sale in quel periodo. Ciò vale anche in seguito, quando veniva comunemente utilizzato durante i riti religiosi, come accenna sempre Plinio il Vecchio. Fin dalla nascita di Roma, infatti, durante le celebrazioni si utilizzava la mola salsa, una sorta di focaccia che assumeva varie funzioni: poteva essere offerta direttamente alla divinità, distribuita fra i fedeli o utilizzata per cospargere i sacrifici (da qui il verbo “immolare”, che significa, appunto, “ricoprire con mola salsa”).

Plinio precisa: “Ergo, Hercules, vita humanior sine sale non quit degere”. (“Dunque, per Ercole, senza sale la vita non può trascorrere civilmente”).

Lo storico intende rimarcare quanto il sale sia fondamentale per l’esistenza della civiltà stessa. Allo scopo, utilizza l’esempio della mola salsa per ribadirlo. Cita, inoltre, la via Salaria, rotta commerciale antichissima già utilizzata dai Romani per il traffico del sale con i Sabini e strategica in quanto collegava Roma al Mare Adriatico. I salari, i pagamenti erogati ai soldati, termine sopravvissuto fino ad oggi, consistevano, all’inizio, proprio in varie quantità di sale. Infine, per indicare i piaceri dello spirito, quelli più elevati, si utilizzava il termine sales.

Appare, quindi, innegabile l’importanza rivestita da questo alimento, come testimoniato da numerosi autori nel corso dei secoli. Si tratta di uno dei pilastri sui quali si basa la storia di intere civiltà, assolutamente essenziale per ogni essere umano, da un semplice schiavo al grande imperatore.

Come rimarca Cassiodoro nelle Variae, infatti, “…sebbene possa esistere qualcuno che non desidera l’oro, non è mai esistito nessuno che non abbia desiderato il sale…”.

Angela Caporale

Giornalista pubblicista dal 2015, ha vissuto (e studiato) a Udine, Padova, Bologna e Parigi. Collabora con @uxilia e Socialnews dall’autunno 2011, è caporedattrice della rivista dal 2014. Giornalista, social media manager, addetta stampa freelance, si occupa prevalentemente di sociale e diritti umani. È caporedattore della rivista SocialNews in formato sia cartaceo che online, e Social media manager. 

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