“L’Università di Medicina, un simbolo ed un riferimento per le generazioni passate e future”

 Prof. Roberto Di Lenarda

Preside Facoltà Medicina e Chirurgia Università degli Studi di Trieste

 I laureati in Medicina e Chirurgia, ad un anno dalla laurea, sono occupati nel 70% dei casi, mentre, a 3 e 5 anni, rispettivamente, nel 97 e nel 100%.

A seguito della riforma del sistema universitario italiano (legge 240/2010, cosiddetta “Legge Gelmini”), tutto il sistema della governance universitaria è stato modificato, incidendo in particolar modo su una riforma degli organi di governo, in primis consiglio di amministrazione e senato accademico, e dettando diverse disposizioni sul personale docente (professori e ricercatori) che hanno avuto e stanno avendo un grande impatto sul sistema. Accanto a ciò, particolarmente rilevante in ambito medico, ma non solo, la modifica normativa ha determinato il superamento delle tradizionali facoltà universitarie e l’attribuzione ai dipartimenti universitari delle funzioni di didattica e di ricerca.

Il razionale di questo aspetto della riforma era il superamento della dicotomia esistente tra le “vecchie” facoltà, a cui erano delegate le funzioni didattiche e, nel caso della facoltà medica, le funzioni di coordinamento dell’attività assistenziale coerente e necessaria per la didattica e la ricerca ed i “vecchi” dipartimenti, che coordinavano le attività di ricerca. E’ stata prevista la possibilità di istituire le “scuole interdipartimentali”, con funzione di raccordo tra i dipartimenti, nel caso in cui il loro numero, in una specifica area (ad esempio, l’area medica), fosse tale da necessitare di una struttura di coordinamento.

Parallelamente al dettato normativo sopra ricordato, sono stati inseriti nel sistema alcuni vincoli, a volte, francamente, cervellotici e poco razionali, riferiti ai requisiti necessari dei corsi di studio, allo scopo di determinare un forte ridimensionamento dell’offerta formativa delle Università pubbliche.

In questo contesto, fortunatamente, l’ambito medico, proprio per la sua specificità, ha potuto mantenere una fisionomia caratteristica. Nel caso di Università medie, quali quelle di Trieste e Udine, è stato possibile non disperdere docenti, ricercatori e personale tecnico amministrativo, corsi di studio e specializzazione e dottorati di ricerca in troppi dipartimenti, con il rischio di parcellizzazione delle competenze. A Trieste, in particolare, caso unico in Italia, è stato costituito un unico dipartimento di area medica che riunisce in modo coerente e coordinato tutte le funzioni di didattica, ricerca e assistenza della medicina universitaria. Ciò rappresenta un vantaggio competitivo in un sistema molto complesso. In altre sedi, il numero di dipartimenti di area medica è molto superiore (fino a più di dieci), con le conseguenti, evidenti maggiori difficoltà di coordinamento strategico.

Attualmente, l’offerta formativa in ambito medico e sanitario prevede una serie di corsi di primo livello (triennali di area sanitaria, quali, ad esempio, Infermieristica, Ostetricia, Fisioterapia, ecc), di secondo livello, o magistrali (per la formazione del personale dirigente delle figure non mediche), magistrali esennali a ciclo unico (Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi dentaria) e di terzo livello (scuole di specializzazione e dottorati di ricerca).

E’ noto come l’interesse dei neodiplomati di scuola secondaria nei confronti dei corsi di laurea di area medica e sanitaria sia sempre molto alto. Negli ultimi anni, in particolare per quanto riguarda l’esame di ammissione ai corsi di laurea in Medicina e Chirurgia e Odontoiatria e Protesi dentaria, a graduatoria nazionale (nel senso che ha diritto alla scelta della sede di iscrizione chi ottiene il voto più alto nell’annuale esame di ammissione) il trend è costante. Nel 2014, a fronte di 10.972 posti a concorso, ci sono state 86.685 domande, con un rapporto di 7,9 domande per posto, in lieve riduzione rispetto alle 94.411 domande per 11.141 posti del 2013, aventi un rapporto di 8,7. Negli anni precedenti, il rapporto era stato di 8,7 nel 2012, 8,8 nel 2011, 9,6 nel 2010 e 9,9 nel 2009. Da notare, anche per la ricaduta sulle possibilità di accesso alle scuole di specializzazione, che, dal 2009 al 2014, i posti a concorso sono aumentati di circa il 40% (a parità di domande, si è, conseguentemente, ridotto il rapporto domande/posti).

Per le professioni sanitarie, la situazione è simile, anche se meno eclatante dal punto di vista della sproporzione tra domande e posti a concorso. Complessivamente, nel 2014, a fronte di 88.230 domande, erano disponibili 26.608 posti (rapporto 3,3:1). Nel 2013, le domande sono state 105.760 per 27.338 posti (3,9:1) e, negli anni precedenti, il rapporto era stato di 4,4 nel 2012, 4,5 nel 2011, 4,3 nel 2010 e 4 nel 2009. I corsi di laurea sanitaria più ambiti, in rapporto ai posti disponibili, sono Fisioterapia, Logopedia, Dietista, Ostetricia, Tecnici di radiologia. In termini assoluti, invece, i più richiesti sono Infermieristica, Fisioterapia, Logopedia, Ostetricia, e Tecnici di radiologia.

La proposta di abolizione della selezione nazionale di ammissione ai corsi di laurea a numero programmato sulla base delle effettive esigenze del SSN appare, tuttora, nebulosa e di dubbia applicabilità immediata, soprattutto nel ventilato “modello francese” in relazione a:

  1. a) i correnti ordinamenti didattici, che necessiterebbero di profondo e ponderato adeguamento;
  2. b) la carenza di strutture didattiche, capaci di accogliere un numero imprecisato e non programmabile di studenti;
  3. c) la mancanza di un numero di professori di ruolo adeguato, al momento fortemente ridotto da anni di blocco del turnover;
  4. d) la qualità della didattica frontale, che rischia di diventare del tutto virtuale in un settore in cui cultura e professionalizzazione, teoria e pratica non possono essere distinte.

A fronte di una cosi elevata richiesta ed un così elevato interesse per i corsi di laurea di area sanitaria, qual è la prospettiva realistica di impiego per gli studenti cosi bravi da superare l’esame di ammissione?

La media di laureati che, ad un anno dalla laurea, non ha un lavoro, nelle lauree sanitarie è pari al 38% (dato del 2012, in peggioramento rispetto al 14% del 2007). In realtà, figure quali il logopedista, l’igienista dentale, il fisioterapista, il tecnico audioprotesista, il tecnico ortopedico ed il podologo esibiscono percentuali di disoccupazione ad un anno inferiori al 25%.

I laureati in Medicina e Chirurgia, ad un anno dalla laurea, sono occupati nel 70% dei casi, mentre, a 3 e 5 anni, rispettivamente, nel 97 e nel 100%.

Come accennato, in prospettiva, una grave criticità è rappresentata dalla scarsa disponibilità di contratti di formazione specialistica per i laureati in Medicina e Chirurgia. In quanto tali, non possono svolgere attività se non si specializzano o frequentano il corso per medico di Medicina Generale, anch’esso a numero chiuso. Per carenza di fondi statali, tale discrepanza è andata aumentando negli anni e si è stabilizzata ad un 20% di posti mancanti nel 2014. Questo dato è, però, destinato a crescere significativamente con l’arrivo alla laurea delle coorti per le quali è stato aumentato il numero di studenti iscrivibili al corso di laurea in Medicina. Per avere un’idea dell’entità di tale discrepanza, l’anno passato circa 1.000 laureati non hanno avuto la possibilità di iscriversi alle scuole di specializzazione. Molti di essi si sono, quindi, trasferiti all’estero, dove i nostri laureati sono molto apprezzati.

L’attuale sistema formativo universitario dei corsi di laurea a ciclo unico di Medicina e Chirurgia e di Odontoiatria e dei corsi di specializzazione post-laurea ha conseguito, negli ultimi decenni, indubbio riconoscimento a livello nazionale ed europeo, testimoniato dall’elevata qualità delle prestazioni erogate nel nostro Sistema Sanitario Nazionale (il nostro sistema occupa il terzo posto al mondo secondo la qualificata agenzia Bloomberg) e dall’ampia richiesta di professionisti italiani in Europa (secondo l’Organization for Economic Cooperation and Development, organo ufficiale della UE, quasi 5.000 medici in 3 anni).

L’integrazione europea si è, infatti, accompagnata allo sviluppo di una normativa che prevede il riconoscimento automatico del titolo di laurea in Medicina e Chirurgia nei Paesi dell’Unione, a condizione che, nel percorso formativo, vengano rispettati alcuni specifici requisiti, adeguatamente soddisfatti dai nostri corsi di laurea e specializzazione.

In conclusione, si può affermare, senza tema di smentita, che la professione medica e le professioni sanitarie rappresentano una straordinaria opportunità per chi ha il privilegio di esercitarle. Molte difficoltà vanno superate prima, durante e dopo gli studi, ma tutto questo è ampiamente ripagato dalle soddisfazioni che si possono ottenere nello svolgimento convinto della propria professione, qualunque essa sia.

E’, altresì, un grande privilegio poter far parte di un sistema formativo che ha l’obiettivo di formare al meglio coloro i quali saranno responsabili della salute della popolazione dei prossimi decenni.

Angela Caporale

Giornalista pubblicista dal 2015, ha vissuto (e studiato) a Udine, Padova, Bologna e Parigi. Collabora con @uxilia e Socialnews dall’autunno 2011, è caporedattrice della rivista dal 2014. Giornalista, social media manager, addetta stampa freelance, si occupa prevalentemente di sociale e diritti umani. È caporedattore della rivista SocialNews in formato sia cartaceo che online, e Social media manager. 

Tags:

Rispondi