Educare, non punire

di Massimiliano Fanni Canelles

Ogni giorno milioni di bambini vengono abusati o sfruttati. Venduti e comprati come merci, costretti a combattere come soldati, piegati da lavori logoranti o gettati nel mercato della tratta e della prostituzione. Spesso, l’inferno comincia in famiglia per poi passare a vere e proprie organizzazioni criminali, di dimensione anche internazionale. Il costo sociale, culturale ed economico di tutto ciò è enorme. Le persone coinvolte da piccole in questi drammi rimangono estremamente vulnerabili e, per il resto della loro vita, vittime di povertà, ignoranza, discriminazioni. Alcune volte questi ragazzi diventano a loro volta artefici di reati proprio per le condizioni culturali, sociali e familiari nelle quali sono cresciuti e hanno imparato a vivere.
L’età, l’esperienza, la fragilità rappresentano fattori che rischiano di condizionare pesantemente lo sviluppo di un bambino. Proprio per questo motivo, il nostro ordinamento ha scelto la funzione riabilitativa della pena nella disciplina della Giustizia minorile. Questa valutazione si giustifica con l’intento di porre al centro dell’attenzione il minore. Il minore ha bisogno di essere seguito, educato e poi reinserito nella società.
Il primato della dimensione educativa e formativa rappresenta un successo silenzioso per gli operatori del settore che, negli ultimi 25 anni, si sono impegnati affinché questo principio diventasse la norma. L’intero settore della Giustizia minorile ha, inoltre, sviluppato una vasta rete di contatti con i servizi sociali presenti sul territorio affinché la sinergia creatasi potesse concorrere allo stesso obiettivo finale. È fondamentale ribadire come qualsiasi sistema di Giustizia debba essere ispirato alla garanzia ed alla tutela del soggetto più debole, a maggior ragione quanto si tratta di un minore. Un fanciullo, come definito dalla Convenzione Internazionale promossa dall’UNICEF del 1989, è particolarmente vulnerabile e la reclusione, così come ordinariamente viene intesa, produce effetti a lungo termine. Il rischio è, naturalmente, quello dell’impossibilità di un reinserimento efficace e pacifico all’interno della società, una volta scontata la pena detentiva.
Sebbene molti sforzi siano stati compiuti nella direzione di una tutela orientata all’educazione e il sistema Giustizia minorile abbia messo in campo tutte le risorse a disposizione, l’effettiva applicazione uniforme di questi principi è ancora, in taluni casi, arbitraria. Nel diritto penale, le disposizioni sui reati sono puntualmente codificate e il principio della rieducazione è diventato realtà. Ma ciò che afferisce all’ambito civile non risulta altrettanto chiaro. Tocca, pertanto, ai singoli Tribunali dei minori occuparsi, caso per caso, del fragile soggetto. Il prevalere della risposta “punitiva” rispetto a quella “formativa” può verificarsi per effetto delle decisioni assunte dai singoli attori della Giustizia.
Altro punto dolente riguarda la tutela del minore straniero non accompagnato. Si tratta di una casistica in costante crescita a causa degli ampi flussi migratori che interessano l’Italia negli ultimi anni, determinati dall’intensità dei conflitti nei Paesi che si affacciano sulla sponda meridionale del Mediterraneo. La tutela di questi soggetti, considerati doppiamente vulnerabili, è pienamente regolamentata a livello nazionale ed internazionale. Tuttavia, stereotipi e stigmatizzazioni non si sono mai davvero sopiti.
Sono proprio questi gli elementi che rischiano di indebolire la tutela garantita a questi soggetti. Risulta, quindi, fondamentale l’attività di informazione e sensibilizzazione sui temi della Giustizia minorile nella sua interezza. L’obiettivo è duplice: capitalizzare i risultati raggiunti nel corso di anni caratterizzati dall’affermazione delle migliori prassi e dal massimo impegno profuso e includere un maggior numero di soggetti che, consapevolmente, possano apportare un valore aggiunto all’intero sistema. Ispirandosi alla Convenzione ONU sui Diritti dell’Infanzia, i Governi devono assumersi la responsabilità della protezione dei bambini e delle bambine, senza alcuna distinzione per motivi religiosi, etnici, sociali o di genere. Devono, altresì, garantire la funzione riabilitativa della pena nello svolgimento dell’attività della Giustizia in quanto associata a soggetti particolarmente vulnerabili. In tutti i casi, l’orientamento deve essere finalizzato all’educazione con l’obiettivo finale del reinserimento nella società.
Nel corso del XX secolo la società ha cercato di istituire gli strumenti per riconoscere e proteggere i diritti dei minori. Ora dobbiamo capire quanto la nostra cultura sia pronta a metterli in pratica.

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Tags:

Rispondi