Dati ed evidenze dell’attività della Giustizia minorile

Articolo a cura dell’Istituto Psicoanalitico per le Ricerche Sociali

Alcuni dati relativi ai flussi di utenza dei minori all’interno delle strutture della Giustizia minorile nell’arco di tempo compreso tra il 2000 e il 2013 consentono di porre in evidenza alcune tendenze

Due, sostanzialmente, sono le direttrici lungo le quali è andato sviluppandosi il lavoro della Giustizia minorile nel corso di questi anni: la prima relativa all’espansione del lavoro in area penale esterna; la seconda volta a considerare il collocamento in IPM sempre più quale misura “residuale”.
Il quadro d’insieme che emerge dallo studio dei flussi di utenza nel periodo considerato evidenzia, innanzitutto, il dato relativo all’incremento dei minori presi in carico dagli Uffici del servizio sociale per i minorenni (USSM) dal 2000 ad oggi1. La maggior parte dei minori autori di reato è in carico agli Uffici di servizio sociale per i minorenni nell’ambito di misure all’esterno: la detenzione, infatti, è andata assumendo per i minorenni carattere di residualità.
Per gli stranieri, l’applicazione della custodia in IPM si conferma maggiore rispetto agli Italiani. Tuttavia, i dati evidenziano un progressivo aumento nell’applicazione delle misure meno afflittive. La maggior parte dei minori è dimessa dal Centro di prima accoglienza con l’applicazione di una misura cautelare.
Le misure maggiormente applicate sono il collocamento in comunità e la permanenza in casa, seguite dalla custodia cautelare.
Meno frequenti i casi in cui il giudice impartisce ai minorenni la misura delle prescrizioni.
Negli ultimi anni si assiste ad una sempre maggiore applicazione del collocamento in comunità, non solo quale misura cautelare, ma anche nell’ambito di altri provvedimenti giudiziari, per la sua capacità di contemperare le esigenze educative con quelle contenitive di controllo. Tale aumento riguarda, in particolare, i collocamenti di minori stranieri, mentre risulta sostanzialmente stabile il dato relativo ai minori italiani. La messa alla prova si configura come un istituto che, nel tempo, è andato trovando una sempre maggiore applicazione soprattutto dell’utenza italiana rispetto a quella straniera. Spesso, infatti, l’applicazione di una misura alternativa, quale, appunto, la messa alla prova, presuppone un inserimento nel territorio (una casa, un lavoro, familiari di riferimento, ecc), che, ad un minore straniero, molte volte può mancare. I dati, tuttavia, indicano come, nel tempo, tale misura stia divenendo progressivamente più fruibile anche per i minori stranieri.
La presenza degli stranieri è maggiormente evidente nei Servizi residenziali (Centri di prima accoglienza, Comunità, Istituti penali per i minorenni). Con riferimento alle caratteristiche personali dei minori, si osserva come l’utenza dei Servizi minorili sia prevalentemente maschile. Le ragazze sono soprattutto straniere. Con riferimento all’età, è possibile affermare come la fascia di utenza numericamente più rilevante sia quella composta dai minori di età compresa tra i 16 e i 17 anni. Tuttavia, soprattutto negli ultimi tre anni, si evidenzia un incremento della presenza dei giovani adulti, che hanno commesso il reato da minorenni e che rimangono in carico fino ai 21 anni di età. Di seguito, l’analisi dei dati.

1 – I minori in carico agli USSM
L’analisi storica dei dati mostra un incremento nel numero dei minori in carico agli USSM a partire dal 2007, proseguito negli anni successivi, imputabile, sostanzialmente, alla componente italiana. Più in particolare, la serie storica presenta un picco in salita nel 2008, attribuibile anch’esso alla componente italiana.
In termini percentuali, la componente straniera ha conosciuto un incremento superiore rispetto a quella italiana, in particolare nell’ultimo biennio (+21%), periodo in cui la componente italiana ha subito una diminuzione (-6%, circa)2.

2 – Gli ingressi nei centri di prima accoglienza
La serie storica riferita ai Centri di Prima Accoglienza (CPA) evidenzia un andamento del numero complessivo degli ingressi in diminuzione a partire dal 2005; il biennio 2008-2010, in particolare, presenta una diminuzione ancora più accentuata (Grafico 1).
L’analisi secondo la variabile cittadinanza aiuta a comprendere meglio tale andamento: il dato riferito agli Italiani si mantiene pressoché stabile, con un lieve accenno alla diminuzione solo negli ultimi anni; quello riferito alla componente straniera presenta successive diminuzioni, visibili soprattutto a partire dal 2007 e molto accentuate negli anni seguenti, che hanno portato il numero degli ingressi di minori stranieri a dimezzarsi.
Come conseguenza, gli ingressi di minori stranieri, fino al 2007
sempre superiori a quelli degli Italiani (58% nel biennio 2005-2006), sono diventati la parte minoritaria e nel 2010 hanno costituito il 37% del totale. Al decremento degli ingressi nei CPA corrisponde un parallelo incremento delle collocazioni nelle Comunità. Rispetto alla variabile di genere, i dati indicano come la componente femminile costituisca, in media, circa il 40% della popolazione straniera che fa ingresso nei CPA, a fronte di un 5% circa di quella italiana.

2.1 Le uscite da CPA (anno 2012)
I Centri di prima accoglienza ospitano i minori fino all’udienza di convalida. Il tempo di permanenza dei minori in CPA, pertanto, è molto breve e non supera le 96 ore.
L’analisi dei dati relativi alle uscite (per l’anno 2012) mette in evidenza come la maggior parte dei minori transitati in CPA sia dimessa con l’applicazione di una misura cautelare: nel 2012 questa categoria ha costituito l’85% del totale delle uscite. Disaggregando tra Italiani e stranieri, si nota una maggiore applicazione delle misure cautelari per gli Italiani (91%) rispetto agli stranieri (78%). Se si esaminano gli altri tipi di uscita, per gli stranieri risultano molto frequenti le uscite per remissione in libertà perché il minore non era in età imputabile (in particolare le minorenni straniere).

Analizzando in dettaglio le uscite con applicazione di misura cautelare, la misura più applicata è il collocamento in comunità (37%), seguita dalla permanenza in casa (27%) e dalla custodia cautelare (22%); meno frequenti i casi in cui il giudice impartisce ai minorenni la misura delle prescrizioni (14%). Distinguendo tra Italiani e stranieri, anche per questi ultimi è risultato prevalere il collocamento in comunità (35%) e, a seguire, l’applicazione della custodia cautelare (31%); per gli Italiani sono stati disposti soprattutto il collocamento in comunità (38%) e la permanenza in casa (31%).

3 Gli ingressi negli Istituti penali minorili
L’analisi dei dati relativi agli Istituti penali per i minorenni mette in evidenza una diminuzione nel numero degli ingressi iniziata nel 2005, proseguita e diventata ancora più visibile negli anni successivi. Anche negli IPM la diminuzione degli ingressi è imputabile alla componente straniera, la cui incidenza percentuale è passata dal 61% del 2004 al 40% del 2010, anche in considerazione dell’aumento degli ingressi di minori italiani dal 2007 in poi.

4 Andamento di Ingressi nelle Comunità
Il numero di collocamenti in comunità ha registrato, nel tempo, un considerevole aumento: la comunità rappresenta, infatti, un sistema di risposta progressivamente sempre più utilizzato dall’Autorità Giudiziaria per la sua capacità di contemperare le esigenze educative con quelle contenitive di controllo. Disposto prevalentemente come misura cautelare (art. 22 D.P.R. 448/88), il collocamento in comunità è ormai sempre più prescritto anche nell’ambito di altri provvedimenti giudiziari. Dall’analisi secondo la variabile cittadinanza si osserva che l’aumento dei collocamenti ha interessato prevalentemente i minori italiani.
I collocamenti degli stranieri, invece, dopo gli incrementi registrati nel triennio 2003-2005, sono diminuiti ed il calo è stato particolarmente evidente nel biennio 2009-2010. In questo periodo sono arrivati a costituire il 31% dell’utenza, la percentuale più bassa di tutta la serie storica, effetto congiunto dell’aumento degli Italiani e della diminuzione degli stranieri (Grafico 2).
Come nei CPA, anche nelle Comunità il 2012 ha interrotto l’andamento decrescente della componente straniera facendo registrare un incremento degli ingressi di questi ultimi: l’aumento ha riguardato sia i maschi, sia le femmine3.

5 Sospensione del processo e Messa alla Prova
Consideriamo, infine, i dati relativi ai minori per i quali è stata disposta la sospensione del processo e la messa alla prova (Grafico 3). Questo ambito di intervento, proprio dell’area penale esterna e, quindi, degli Uffici di servizio sociale per i minorenni, vede una più bassa presenza dei minori stranieri. Nel periodo compreso tra il 2001 e il 2010, gli stranieri hanno rappresentato al massimo il 17% del totale dei minori messi alla prova in un anno.
Si può osservare, tuttavia, come il numero di minori stranieri nei confronti dei quali sia stata disposta la messa alla prova è risultato crescente negli anni, in considerazione anche dell’aumento della popolazione dei minori di seconda generazione, garantiti da una famiglia stabile e regolarmente insediata sul territorio e nei confronti dei quali è possibile intervenire con progetti educativi che coinvolgono le risorse familiari e sociali, come per i minori italiani.
Nell’anno 2010 si è registrato un ulteriore aumento del numero di minori italiani messi alla prova e, di contro, una riduzione in quello di minori stranieri, che ha interessato quasi tutte le cittadinanze prevalenti.

1 Ibid.
2 Ibid.
3 I dati sulle specifiche provenienze dei minori stranieri collocati in comunità sono disponibili soltanto per gli anni 2010 e 2011. Tali dati evidenziano che l’aumento della componente straniera nel 2011 è dovuto essenzialmente ai maggiori collocamenti di minori di provenienza africana, in particolare egiziani, marocchini e tunisini. In aumento anche i collocamenti di minori albanesi.

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