Il confronto tra medici e famiglie serve

Silvio Rossi

rossiPuò riassumerci brevemente qual è il suo lavoro e, secondo lei, quali risultati sono stati raggiunti in merito alle Leucodistrofie?
Io amo definirmi un ortopedico pentito, nel senso che nasco come ortopedico, ma poi, in qualità di direttore di vari centri di fisioterapia da molti anni, sono entrato nel mondo della riabilitazione ed ho capito come questa debba camminare di pari passo con la pratica ortopedica. Anzi, certe volte la riabilitazione supera la chirurgia nel raggiungimento dei risultati e può evitarci di finire in sala operatoria, se il protocollo terapeutico, di fisioterapia, viene svolto in modo corretto. Per quanto riguarda il mio avvicinamento alle Leucodistrofie, diciamo che è stato, tra virgolette, casuale, grazie all’amicizia con il Presidente di ELA, Silvano Vona. Avevo, comunque, già in mente di fare qualcosa per tutta una serie di patologie neurologiche, come la Sclerosi Multipla, o al servizio di pazienti vittime di ischemia o ictus. Con questi ultimi, opero già da dodici anni con la mia metodica della vibrazione. La mia sensazione è stata subito positiva e devo dire che i primi risultati avvalorano la mia intuizione: forse, anche la fisioterapia ortopedica può dare una piccola mano a questi pazienti.

Ritiene che associazioni di famiglie come ELA siano efficaci per migliorare i rapporti tra famiglie e medici?
Assolutamente sì. Il rapporto tra medico e paziente deve essere fiduciario, specie in situazioni come queste, in cui le famiglie sono psicologicamente e drammaticamente condizionate e la malattia modifica la vita nella sua interezza di tutta la famiglia. Un rapporto diretto con il medico che si prende cura di tuo figlio, che fa tutto quello che può per lui, che è a sua disposizione, che per lui è importante e potenzialmente portatore di un risultato credo sia la cosa migliore per affrontare la malattia. Questo è un approccio che condivido pienamente e che mi vede, al di là dell’aspetto Leucodistrofia, sempre presente con tutti i miei pazienti, sempre allo stesso modo, sempre al 100% della mia disponibilità. Qui la disponibilità deve essere del 150-200%. Ho indossato la maglia di ELA e adesso vado dritto senza problemi.

Cosa ne pensa del convegno organizzato da ELA?
È un convegno molto importante. Un momento di riunione di tutte queste famiglie nel quale si possono mettere a punto nuovi protocolli, nuove strategie terapeutiche, di comunicazione, di informazione. Viene garantita visibilità a questo tipo di patologia che, nonostante gli sforzi profusi,ancora non ne beneficia a sufficienza. Credo che il convegno rappresenti uno dei tasselli importanti sui quali fondare una comunicazione ed un’informazione su tutto quello che si sta facendo e sui progressi conseguiti a favore di tutti coloro i quali affrontano questa situazione. Per me, l’informazione e la comunicazione a tutti i livelli sono fondamentali, ma qui, in un incontro diretto con le famiglie che stanno vivendo questa situazione, credo costituiscano la modalità migliore, senza dubbio.

Cosa ne pensa del protocollo sperimentale L-Dopa e quali risultati rilevanti ritiene possa conseguire?
Sicuramente non è il mio campo, ci entro in modo molto marginale. Non voglio prendermi meriti non miei perché, ovviamente, le mie conoscenze farmacologiche sono diverse da quelle riabilitative. Esprimo questo parere: in situazioni di patologia come queste, tutto ciò che può portare ad un risultato deve essere messo in campo. Ovviamente, con le dovute accortezze, garantendo la sicurezza dei pazienti, con la dovuta scientificità e rigorosità tali da consentire la soluzione del problema o, quantomeno, un risultato positivo. Il protocollo L-Dopa deve essere, quindi, perseguito secondo questi canoni, peraltro quelli caratteristici di tutta l’attività svolta da ELA: rigore scientifico, attenzione per le famiglie e voglia di comunicare al mondo che ci siamo, che stiamo facendo qualcosa di buono.

Può parlarci del protocollo RAS?
Il protocollo RAS prende spunto dalla terapia con la vibrazione per il rinforzo del tono muscolare. Nasce soprattutto per gli atleti, gli sportivi, per il recupero del post-operatorio ortopedico. Successivamente, è stato impiegato anche in ambito neurologico: abbiamo iniziato a trattare casi di Sclerosi Multipla ed altre patologie. Ad oggi posso affermare con piacere che i primi, pochi mesi di sperimentazione ci stanno facendo pensare che possa funzionare. La vibrazione serve per riaprire quel canale di comunicazione tra il sistema nervoso centrale e la fibra muscolare che, per motivi legati alla patologia, in questi pazienti tende a spegnersi. Dobbiamo, quindi, riaccendere quel canale, riaprire quel canale. Come? In modo indiretto, provocando una vibrazione alla frequenza fisiologica di funzionamento del muscolo perché questo si riattivi. Laddove il danno neurologico non è definitivo, cioè laddove la mielina, che sappiamo essere componente importante di questa patologia, non è definitivamente compromessa, e quindi esiste una possibilità di trasmissione, io penso di poter recuperare la funzionalità di quella fibra muscolare, e quindi di quel muscolo: ecco dove nasce il razionale scientifico di questo protocollo. La mia fiducia è legata a questo fatto, che possiede una sua razionalità scientifica, un suo rigore scientifico. Adesso sta a noi portarlo a compimento. È chiaro che anche per quanto riguarda la parte applicativa i tratta di un protocollo importante. Non è un trattamento che possiamo somministrare per un anno e poi sospenderlo. È un protocollo al quale i pazienti devono pensare di dover sottoporsi vita natural durante. È impegnativo, prevede richiami mensili, però, se a fronte di tutto questo impegno e sacrificio conseguiamo un  risultato importante nell’attività muscolare del paziente, io credo che questo sia un gioco che vale la pena di giocare. Assolutamente.

Cosa pensa che ELA possa ancora fare per supportare il vostro lavoro ed il vivere quotidiano delle famiglie?
Credo che ELA si stia già impegnando in modo molto, molto importan-te. In questo tipo di situazioni non c’è mai un limite a quello che uno può fare dal punto di vista dell’impegno. La fortuna è che il leader di ELA è una persona di grande capacità e di vulcanica attività, quindi troverà modo e maniera di garantire ulteriore visibilità. Dal canto mio posso affermare che, ormai, sono schierato con voi, in tutto quello che potrò fare. Le mie amicizie televisive, giornalistiche, ecc. sono a disposizione di ELA. Dobbiamo creare un canale d’informazione continuo, che faccia si che, ad esempio, questo convegno nazionale di Roma possa avere dei cloni in altre zone d’Italia per sviluppare ulteriormente le novità che possiamo portare. Credo, quindi, che l’attività più importante che ELA si deve porre come obiettivo è quello della totalità e del miglioramento assoluto della capacità di comunicazione e d’informazione. Credo che la strada intrapresa sia quella giusta.

Silvio Rossi
Professore di Medicina fisica e Riabilitativa, Responsabile Protocollo riabilitativo
Università la Sapienza di Roma

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