L’effetto Mozart

Foto: loudvision.it

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Corre l’anno 1993 e sulla prestigiosa rivista Nature due fisici pubblicano un articolo che desterà enorme stupore innescando un acceso dibattito:  l’ascolto della Sonata in Re Maggiore per due pianoforti (KV 448) di Wolfgang Amadeus Mozart causerebbe un temporaneo aumento delle abilità intellettive di un gruppo di volontari. Fenomeno affascinante e controverso, contestato da numerosi articoli successivi, venne inizialmente frainteso, in quanto il miglioramento si verifica limitatamente all’intelligenza spazio-temporale (ricordiamo che esistono ben 9 differenti tipi di intelligenza) e per un periodo di tempo limitato di circa 15 min, come comprovato infine nel 1998 da un autorevole studio condotto nel dipartimento di psicologia del Wisconsin.

Non deve stupire il grande interesse suscitato anche in ambito medico da colui che alla tenera età di 4 anni giocava con le note come al giorno d’oggi fanno i nostri figli con i puzzle, che componeva aforismi in rima degni di un monello, che sobbalzava per la paura al suono della tromba che se a lui mostrata provocava la stessa reazione prodotta su altri bambini puntando loro contro una pistola. L’infanzia di Mozart è un crescendo di fenomeni sbalorditivi: lui, innamorato della musica al punto da non poter tollerare stonature o suoni impuri, che compone all’età di 6 anni un concerto per clavicembalo troppo difficile per essere suonato, era ossessionato dalla ricerca di affetto tanto da interrogare costantemente i suoi cari chiedendo continua conferma del loro amore per lui. La sua breve vita si concluse all’età di soli 35 anni verosimilmente a causa di una glomerulonefrite post-streptococcica, cosa che nel mio essere medico nefrologo provoca ulteriore coinvolgimento e trasporto nello scrivere questo breve articolo.

Dunque “ascoltate Mozart!”. Sono le parole di un famoso otorinolaringoiatra di nome Alfred Tomatis il quale, con l’obbiettivo di educare all’ascolto attivo e partecipato bambini affetti da disturbi di apprendimento e linguaggio per migliorare in loro comunicazione e comportamento, giudicava Mozart e l’ascolto ella sua musica un’ottima madre tanto da sviluppare un metodo audiofonologico (psyco.audio.sound) per la loro cura attraverso la rieducazione all’ascolto. Sentire e ascoltare non sono infatti sinonimi, laddove l’ascolto è un atto volontario di partecipazione al mondo esterno, e ciò a differenza del mero fenomeno fisiologico del sentire. D’altronde la vita di Beethoven e la sua capacità di comporre nonostante la sordità, ci insegnano come sia possibile persino ascoltare senza sentire.

La musica mozartiana sembra essere veramente curativa: studi su tracciati elettroencefalografici dimostrano una sensibile riduzione dell’attività epilettiforme perfino in pazienti affetti da grande male epilettico, notoriamente difficile da trattare.

Perché proprio Mozart? Secondo molti studiosi, la peculiarità di questo genio musicale risiede nella giovanissima età in cui iniziò a comporre, usufruendo così delle enormi potenzialità di una corteccia cerebrale in piena fase evolutiva, al culmine delle capacità percettive e creative.

Gli studi citati evidenziano come la musica di altri compositori , eccetto alcuni brani di Bach, non provoca ne miglioramento del tracciato elettroencefalografico ne miglioramento delle abilità spazio-temporali, ed è stato grazie all’analisi computerizzata dei brani di svariati autori che si è potuto dimostrare come le composizioni di Mozart si distinguino per l’elevata periodicità e per la ricchezza di alte frequenze in grado di favorire, sulla base di indagini di risonanza magnetica cerebrale, l’organizzazione di circuiti neuronali e rafforzare processi creativi e cognitivi a carico dell’emisfero cerebrale destro.

Unica musica al mondo in grado di provocare le stesse risposte neurofisiologiche e psicologiche in individui di culture differenti, Mozart è il compositore più ricco in contenuti emotivamente significativi: egli come già accennato ha iniziato a comporre in giovanissima età basando la sua musica sui ritmi fisiologici del suo essere bambino, sul ritmo cardiaco e respiratorio propri dell’infanzia, traducendo così in musica anche la vivacità, giocosità e curiosità tipiche di questa età. Lui che , in quanto figlio di musicisti, ha ascoltato musica prima ancora di nascere, ed è stato pertanto il primo a subire l’ Effetto Mozart.

di Cristina Sirch

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