Diversità è anche crescita economica

Irene Tinagli

In Italia sono rarissime le politiche e le iniziative, di Governi e sindacati, dedicate all’abbattimento delle discriminazioni ed alla valorizzazione delle diversità nei luoghi di lavoro.

Nel dibattito pubblico, quando si discute di “lavoro”, si tende a parlare solo dell’inizio o della fine di un rapporto di lavoro. Ma le questioni legate al tema non si esauriscono certo lì. I luoghi di lavoro rappresentano comunità le quali, in qualche modo, rispecchiano le società in cui sono inserite. Ne assorbono la cultura, gli atteggiamenti. Spesso, ne amplificano pregi e difetti.
Possono essere luoghi di grande stimolo, di solidarietà, di entusiasmo. Ma possono anche essere luoghi di emarginazione, nepotismi, opacità. Possono essere fonti di grande soddisfazione o di grande frustrazione. Anche di discriminazione, a volte persino inconsapevole.
Ne sanno qualcosa milioni di donne (e di giovani), spesso tagliate fuori da importanti processi decisionali e da opportunità di formazione, crescita, supporto. E ne sanno qualcosa tutti i lavoratori stranieri, magari con culture e religioni diverse, così come gay e lesbiche, spesso costretti a nascondersi, a mettere in ombra per la maggior parte del giorno la loro identità ed i loro affetti più profondi. Lavorare in contesti di questo genere mina non solo il benessere psicofisico del lavoratore, ma anche la sua produttività, come dimostrano ormai da anni molti studi.
Eppure, in Italia sono rarissime le politiche e le iniziative, di Governi e sindacati, dedicate all’abbattimento delle discriminazioni ed alla valorizzazione delle diversità nei luoghi di lavoro. Questi temi sono stati considerati sempre secondari, quasi accessori rispetto ai grandi temi sociali come la contrattazione collettiva o la cassa integrazione, forse perché più attinenti alla sfera dei diritti civili, e quindi degli individui, che alla lotta di classe. Ma il mondo è cambiato enormemente dal dopoguerra ad oggi.
Sono cambiati i modi di lavorare, i settori in cui operiamo, così come sono cambiati i profili e le aspirazioni di milioni di persone le quali, legittimamente, cercano nel lavoro non solo una fonte di sostentamento, ma anche un’opportunità per crescere, realizzarsi ed essere se stessi. Non riconoscere questa evoluzione significa restare fuori dal mondo.
Nonostante i gravi ritardi, nel nostro Paese qualcosa sta cambiando. E il cambiamento sta partendo non tanto da istituzioni o sindacati, ma dalle associazioni e dalle imprese stesse, le quali si rendono conto di quanto sia importante creare un ambiente di lavoro aperto, inclusivo, rispettoso e stimolante.
Un esempio interessante è Parks, un’associazione di imprese nata con l’obiettivo di supportare le aziende nell’individuazione di percorsi ed iniziative a sostegno dell’inclusione e della valorizzazione delle diversità tra i lavoratori. Un’associazione nata e operante in Italia, ma che, nei primi mesi di attività, aveva tra i propri associati e sponsor soltanto aziende straniere con stabilimenti nel nostro paese: Ikea, Johnson & Johnson, City, Roche, Lilly ed altre ancora.
C’è voluto un po’ di tempo per attrarre aziende italiane ad unirsi ad un’associazione che affronta non solo il tema dell’integrazione delle donne sui luoghi di lavoro, ma anche di altri tipi di diversità, con attenzione particolare a quella omosessuale, tema ancora molto delicato in Italia. Ad oggi, Parks conta tre aziende italiane: Telecom (la prima italiana da associarsi), Il Saggiatore ed il Gruppo Consoft.
Si tratta certamente di un buon segnale, ma è innegabile che, per la maggior parte delle aziende italiane, il percorso sia ancora lungo. Sarebbe importante che nel nostro Paese si cominciasse a parlare di più non solo di assunzioni e licenziamenti, ma anche di qualità degli ambienti di lavoro, inclusione, rispetto e valorizzazione delle diversità. Dopo anni di demagogie machiste e razziste, il riscatto morale e civile del Paese a cui tanto aneliamo passa anche di lì.

FONTE: www.italiafutura.it

Irene Tinagli
Docente all’Università Carlos III di Madrid.  Consulente del Dipartimento Affari Economici e Sociali dell’ONU e della Commissione Europea

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Tags:

Rispondi