Los niños del hampa

Lorenzo Bagnoli

Sono 863 i minori detenuti nelle carceri messicane. Tra loro ci sono anche ragazze, come Maria Celeste Mendoza, una sedicenne arrestata insieme ad altre cinque compagne il 17 giugno scorso. “Sono un sicario”, ha confessato durante l’interrogatorio.

Li chiamano “Los niños del hampa”, i ragazzini della mala: difficile non definirli “bambini soldato”. In media hanno un’età compresa tra gli 11 ed i 18 anni e abitano i quartieri popolari delle città messicane. Vivono gli anni della guerra della droga, il conflitto che, dal 2006, ha impregnato di sangue le strade del Messico. Una guerra civile quotidiana che ha causato quasi 60.000 morti in sei anni. Nei video diffusi in rete dai cartelli, si vedono questi ragazzi che imbracciano il fucile per imparare a sparare. In altri, invece, li si trova a finire in manette, con la faccia contro il cofano delle volanti della polizia. È la sorte che tocca a chi diventa un corriere della droga.

Qualcuno di loro ha fatto “carriera”, ha scalato le posizioni nelle reti criminali a suon di sventagliate di mitra. Il più famoso tra i “bambini soldato” della guerra in Messico si chiama Edgar Jimenez Lugo, alias “El Pochis”, il sanguinario. Classe 1996, ha cominciato ad uccidere a 11 anni. A 12 è entrato nel cartello dei fratelli Beltran Leyva. Durante il processo, ha sostenuto di essere stato rapito dai membri della banda criminale. Dal luglio del 2011 si trova in un carcere minorile messicano per scontare una pena di tre anni di reclusione. È stato riconosciuto colpevole di aver tagliato la gola a quattro uomini, ritrovati appesi ad un ponte nell’agosto dello scorso anno. Le vittime erano membri della Familia Michoacana, la gang con cui, all’epoca, i Beltran Leyva erano in guerra. Due video pubblicati su youtube dal più famoso portale d’informazione sulla guerra messicana, El blog del narco, lo mostrano mentre tortura un uomo seminudo. In tribunale ha dichiarato di aver fatto uso di stupefacenti: “Era El Negro (Julio Hernandez), uno dei capi dell’organizzazione, che mi drogava” – ha riferito – “È lui che mi ha ordinato di uccidere”. Le forze dell’ordine messicane lo hanno arrestato mentre stava per salire su un aereo che lo avrebbe portato dallo Stato di Morelos a San Diego, California, sua città natale, insieme alle sue due sorelle.

Sono 863 i minori detenuti nelle carceri messicane. Tra loro ci sono anche ragazze, come Maria Celeste Mendoza, una sedicenne arrestata insieme ad altre cinque compagne il 17 giugno scorso. “Sono un sicario”, ha confessato durante l’interrogatorio. Non è ancora chiaro se abbia già ucciso oppure sia solo alla fine del suo apprendistato per diventare narcos. Fatto sta che i Los Zetas, il più temibile tra i gruppi criminali americani, le hanno insegnato a maneggiare i Kalashnikov. La pagavano quasi 700 euro ogni due settimane, il triplo di uno stipendio mensile medio a Città del Messico. “Il crimine organizzato si è trasformato in un datore di lavoro per settori della popolazione che non hanno molte altre scelte” – denuncia il direttore del Centro americano e messicano per i diritti umani di Tijuana, Victor Clark-Alfaro.
Intanto, la guerra della droga sta sconfinando a sud del Messico. Le forze d’intelligence statunitensi parlano, infatti, di una nuova alleanza tra i Los Zetas e le gang di strada che minacciano la sicurezza di Paesi come Honduras o El Salvador. A Tegucigalpa, San Salvador e San Luis Sula (la città più pericolosa al mondo, con un tasso di omicidi di 82,1 ogni mille abitanti) il cartello messicano collabora con i criminali della Mara Salvatrucha, una banda di strada. Nata negli anni ‘80 per difendere Honduregni e Salvadoregni di Los Angeles dagli altri clan, è ritornata a impazzare in Centro America dopo l’ondata di arresti e successivi espatri che hanno ricondotto i criminali nella loro terra d’origine. Oggi conta 50.000 affiliati in America centrale ed altri 10.000 negli Stati Uniti. La gang uccide, contrabbanda e, soprattutto, spaccia cocaina ed eroina. Anche i delinquenti di Mara Salvatrucha assoldano “bambini soldato”: 4.700 secondo il rapporto Unicef del luglio 2012. Ma il segnale che desta maggiore preoccupazione è che in Honduras non serve l’apprendistato. Si impara con la vita di strada. Gli uomini della Mara Salvatrucha ostentano i loro tatuaggi, simbolo d’appartenenza alla cellula criminale, vivono da intoccabili e si alimentano del sostegno popolare. Soprattutto tra i ragazzi, è evidente l’ammirazione di cui sono oggetto i criminali che mettono mano al grilletto. Così la guerra tra bande si ripete in ogni settore della vita pubblica. I bambini dell’Honduras a scuola imparano la violenza: “Fatemi andare via da qui” – invoca un’insegnante della provincia di Cortés, dove si trova San Pedro Sula – “la mia vita è in pericolo”. Nel corso dell’ultimo anno scolastico, la docente ha dovuto pagare 300 lempiras (15 dollari) alla settimana ad una gang per la sua sicurezza. “Non sappiamo più cosa fare” – spiega un altro insegnate intervistato – “sentiamo che la morte ci insegue. È una minaccia persistente, molto chiara”. Nel frattempo, s’infoltiscono le file delle nuove reclute nella guerra della droga.

Lorenzo Bagnoli
Giornalista freelance, collaboratore di Terre di mezzo, Redattore sociale, Linkiesta e Lettera43

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