Gioco d’azzardo e microcriminalità

Gemma D’Urso

“Mi occupo di racket da quando sono stato io stesso vittima di usura ed estorsione e mi sono ritrovato lasciato a me stesso, senza nessun aiuto” spiega Frediano Manzi, 51enne di origine pugliese e residente da anni nel Comasco.

Da sempre il gioco d’azzardo va a braccetto con la microcriminalità. Attorno ai casinò, italiani e non, gravita un sottobosco losco di usurai, strozzini, sfruttatori, truffatori e protettori. Sono passati quasi 30 anni dalla famosa notte di San Martino, quella dell’11 novembre 1983 quando, in un memorabile blitz dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza e della Polizia, si fermarono tutte le case da gioco d’Italia, da Saint-Vincent a Venezia, da Sanremo a Campione d’Italia, l’enclave sul lago di Lugano in territorio svizzero. Si diceva allora, e lo dimostrarono gli inquirenti milanesi che si occuparono dell’indagine riguardante Campione e Sanremo, che la mafia aveva messo la mano sulle case da gioco. In poco meno di tre decenni, non è cambiato nulla.

Non è davvero cambiato nulla, anzi, a distanza di tanti anni, attorno al Casinò municipale di Campione d’Italia – voluto da Benito Mussolini nel lontano 1933 – demolito e quindi splendidamente ricostruito un po’ più a monte dalla star dell’architettura internazionale, il ticinese Mario Botta. Riaperto nel 2007, i suoi tredici piani, di cui sette sotto il livello del lago, ne fanno – a detta della stessa casa da gioco – il “casinò più grande d’Europa.” Sarà. Una cosa è certa: come allora, il clan catanese capeggiato dal boss Nitto Santapaola continua a dettare legge, nei casinò italiani e svizzeri. Non solo la mafia, ma anche la ‘ndrangheta calabrese – i cui tentacoli si sono estesi sino alla Lombardia e hanno varcato la frontiera per toccare anche la Svizzera italiana – dettano legge attorno a quello ed altri casinò italiani. In barba alle autorità ed alle direzioni degli stabilimenti. Attorno al fenomeno, alleggia infatti una pesante cappa di omertà.

“Mi occupo di racket da quando sono stato io stesso vittima di usura ed estorsione e mi sono ritrovato lasciato a me stesso, senza nessun aiuto” spiega Frediano Manzi, 51enne di origine pugliese e residente da anni nel Comasco. Fiorista di professione, è il fondatore ed il coordinatore nazionale dell’Associazione “Sos Racket & Usura” costituita nel 1997. Lo scorso 20 marzo, a Lomazzo (CO), è stato vittima di un attentato mentre tornava a casa dal lavoro. Da una moto, o forse da un motorino, Frediano Manzi non ne è sicuro, in corsa gli hanno sparato un colpo di pistola al polpaccio sinistro. Ricoverato con una lesione alla tibia, è stato operato e si trova ora in riabilitazione. “L’indagine è condotta dal Nucleo operativo dei Carabinieri di Como e Cantù e dal sostituto procuratore della Repubblica di Como Mariano Fadda – dice Frediano Manzi – ma finora non è emerso nulla di concreto, anzi, le minacce di morte contro di me sono proseguite ed ormai ho davvero paura.” Frediano Manzi, sposato e padre di famiglia, si è rivolto al Prefetto di Como per chiedergli di “assumersi le proprie responsabilità se mi dovesse succedere qualcosa.” Il Prefetto ha risposto che “sta valutando la situazione, ma, ovviamente, per ora non ho diritto a nessuna protezione” aggiunge Manzi.

Ma come mai un commerciante in fiori originario di Gallipoli (LE) è diventato il paladino delle vittime del racket e dell’usura, in particolar modo dei giocatori di casinò? “Circa quindici anni fa – racconta – sono stato contattato da un’anziana signora, giocatrice del Casinò municipale di Campione d’Italia e vittima di usura. Era praticamente ostaggio di quattro noti pluripregiudicati i quali, assieme ad una ventina di altri strozzini, sostavano sia all’interno, sia all’esterno della casa da gioco. Il tasso d’interesse richiesto alla giocatrice era del 10% al giorno, il 3.650% all’anno! Siamo riusciti, con molta fatica, a convincere la donna a sporgere denuncia. Infatti, era anche minacciata.”

La crociata – ormai nazionale – di “Sos Racket & Usura” è quindi iniziata da Campione d’Italia. La denuncia dell’anziana è scaturita in un’indagine condotta dall’allora capo della squadra mobile di Milano, la dottoressa Ilda Boccassini la quale, negli anni successivi, si sarebbe fatta conoscere come procuratrice anti mafia. Il suo intervento ha portato all’arresto di quattro usurai.
Fatta questa premessa, va detto che gli usurai tuttora in azione non sostano soltanto nei pressi del Casinò di Campione d’Italia, ma anche di Sanremo, Venezia, Saint-Vincent e, in Svizzera, di Lugano e Mendrisio: “Sono tutti pregiudicati italiani – denuncia ancora il fondatore di “Sos Racket & Usura” – che sono già stati spesso allontanati dalle case da gioco, senza successo, malgrado noi continuiamo a segnalare i loro nominativi alle direzioni dei singoli casinò.” A Campione d’Italia e Lugano, Frediano Manzi e la sua associazione non hanno infatti trovato nessuna collaborazione: “Soltanto il Casinò di Mendrisio collabora attivamente con noi, con uno scambio di informazioni periodiche in modo da allontanare tutte le persone sospette.” Va però precisato che il Casinò Admiral di Mendrisio, a pochi chilometri dalla frontiera con l’Italia, è una casa da gioco di tipo B – stando alla legge federale svizzera sui giochi d’azzardo che pone una distinzione di categoria – quindi non vi si praticano i cosiddetti “grandi giochi”. Ai tavoli verdi, i clienti possono effettuare puntate che non sorpassino i cinque franchi (circa quattro euro e dieci) alla volta. Un limite che impedisce un indebitamento sfrenato e, quindi, un ricorso ai prestiti da usura.

La situazione è ben diversa a Campione d’Italia ed a Lugano. “Questi casinò – spiega Frediano Manzi – sono da sempre usati dalle organizzazioni criminali – mafia e adesso anche ‘ndrangheta – per riciclare denaro sporco. I noti boss Nitto Santapaola e Gaetano Coralla sono i principali artefici di questo tipo di infiltrazione. Cito un esempio, quello della società “Atlantic Word” con sede nelle Antille Olandesi, a Saint Marteen, e che, solo in Italia, fattura 30 miliardi di euro annui, solo attraverso le slot-machines. Ora, il 20% di questa società appartiene al figlio di Gaetano Corallo”. Prosegue Manzi: “Abbiamo scoperto che il nostro sito di “Sos Racket ed Usura” è quotidianamente visitato da utenti stabiliti in quest’isola caraibica, appurando che gli “identify provider” (IP) all’origine di queste visite giungono dall’interno dei casinò controllati da Nitto Santapaola”.

Il coordinatore nazionale dell’Associazione anti-usura ci illustra quindi il caso di Aldo Castelluccia, arrestato più volte per usura insieme alla moglie ed ai figli, ed al quale il Comune di Lugano, stando a Frediano Manzi, ha addirittura concesso il diritto di residenza. Una conferma che non siamo riusciti ad ottenere dallo stesso comune. “Questa è la prova – denuncia Manzi – che queste persone godono di coperture istituzionali ad altissimo livello. Voglio però ricordare che la presenza di questo pregiudicato in Ticino era stata oggetto di una mozione depositata da un membro del consiglio comunale di Lugano, Umberto Marra, allora membro dell’Unione democratica di centro (ndr: UDC, destra nazionalista).

Umberto Marra, poi diventato deputato del parlamento ticinese, non ha mai ottenuto risposta a questa sua interrogazione. Nel 2007, dopo aver lasciato l’UDC per entrare nei ranghi della Lega dei Ticinesi, questo Svizzero di origine salentina ha voltato le spalle alla politica. Abbandonato il suo impiego presso la Posta svizzera, ha comperato un bar a Lugano. E lì che lo scorso 26 gennaio è stato ritrovato privo di vita da due suoi amici con i quali aveva appuntamento. La magistratura ticinese ha concluso per un suicidio dovuto ad una situazione debitoria gravosa.

Le tante e dettagliate denunce di infiltrazioni mafiose fatte nel corso degli anni da “Sos Racket & Usura” sono rimaste lettera morta sia a Campione d’Italia,sia a Lugano. “E si capisce – si sfoga Frediano Manzi – visto che l’enorme volume d’affari realizzato dal gioco d’azzardo fa ovviamente gola a questo sottobosco di pregiudicati.
Il casinò municipale di Campione d’Italia, ad esempio – durante gli anni in cui era stato posto sotto commissariamento dopo il blitz della notte di San Martino – è stato a lungo amministrato da Roberto Salmoiraghi, per anni sindaco dell’enclave, che copriva e tollerava la situazione. Peggio, ha portato all’interno della casa da gioco delle società i cui titolari avevano precedenti penali per associazione a delinquere di stampo mafioso e che, così, riciclavano fondi illegali provenienti dalla Sicilia.”

Nota ai più, la situazione è stata poi portata alla luce dal magistrato Henry John Woodcock, un italo-inglese oggi 45enne in servizio presso la Procura della Repubblica di Napoli. Pubblico ministero a Potenza dal 1999 al 2009, Henry Woodcock si è fatto conoscere dal grande pubblico per alcune inchieste eccellenti, tra le quali quella nominata “Savoiagate”. Aperta il 16 giugno 2006, la sua indagine sfociò nell’arresto del Principe Vittorio Emanuele di Savoia, accusato di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione, alla corruzione, alla concussione, alle minacce ed al favoreggiamento. L’erede di Casa Savoia è stato anche accusato di essere a capo di un’organizzazione attiva nel gioco d’azzardo illegale. Facente capo, giustamente, al Casinò municipale di Campione, al suo giro di escort ed alle sue slot-machines, presuntamente truccate. L’indagine coinvolse anche altre 24 persone, di cui 13 furono arrestate. Tra queste, Salvatore Sottile, portavoce dell’allora presidente di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini, nonché del già citato Roberto Salmoiraghi, allora sindaco di Campione d’Italia. In seguito all’arresto del primo cittadino dell’enclave italiana in Ticino, tradotto dal carcere comasco del Bassone a quello di Potenza, nel quale rimase per due settimane prima di ottenere gli arresti domiciliari, il comune lariano venne posto sotto commissariamento dal Prefetto di Como.

La faccenda che suscitò tanto clamore in Svizzera ed in Italia finì però con un nulla di fatto: nel marzo del 2007, i procuratori comaschi a cui era stata affidata l’inchiesta per motivi di competenza territoriale hanno chiesto al giudice delle indagini preliminari (Gip) l’archiviazione della posizione del Principe Vittorio Emanuele e di tutti gli altri indagati. Richiesta accolta dal Gip Pietro Martinelli alla fine dello stesso mese di marzo, poiché “i fatti non hanno rilevanza penale.” Da ultimo, nel settembre del 2010, il Tribunale di Roma, al termine di un processo con rito abbreviato, ha scagionato Vittorio Emanuele di Savoia, Roberto Salmoiraghi ed altre cinque persone da ogni accusa. L’ex-sindaco di Campione è stato risarcito con 11.000 euro per ingiusta carcerazione.

Affari loschi e soldi, tanti soldi, fanno da cornice al gioco d’azzardo. Non a caso, viste le dimensioni sproporzionate assunte da un’abitudine che non può più essere considerata come un passatempo, bensì come un vizio, una malattia addirittura. A tal punto che tutti i casinò dispongono di un servizio psicologico che segue ed affianca i giocatori patologici. I casi considerati come più a rischio sono attentamente valutati e certi “habitués”, la cui situazione economica e familiare è considerata precaria, vengono allontanati dalle strutture che li iscrivono nella loro lista di persone a cui è vietato l’ingresso. “Non c’è dubbio: in Italia, come altrove, il gioco d’azzardo praticato ad oltranza può essere considerato una malattia. Tanto è vero che, presso i servizi per tossicodipendenze (Sert), i giocatori compulsivi rappresentano il 60% degli utenti, i tossicodipendenti il restante 40%” indica Frediano Manzi. “Lo Stato italiano – aggiunge – è in parte responsabile di una tale situazione in quanto continua a pubblicizzare i giochi d’azzardo, creando così nella gente – in un periodo di forte crisi economica – la falsa speranza di risolvere i propri problemi finanziari. Così facendo, lo Stato contribuisce al sempre maggior indebitamento delle famiglie e, nel contempo, lascia spazio libero alla manomessa delle organizzazioni criminali, siano esse la mafia, la ‘ndrangheta, la camorra o la Sacra Corona Unita (ndr: mafia pugliese). Si sono messe d’accordo per spartirsi il territorio, visti gli elevatissimi guadagni che l’usura procura loro…”

Gemma D’Urso
Giornalista swissinfo.ch e tessininfo.ch

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