È una questione di crisi

Walter Veltroni

L’assenza di prospettive di crescita e sviluppo alimenta il giro d’affari legato al gioco d’azzardo. Un flusso di liquidità elevato sul quale sono emersi punti di contatto con gli esponenti delle mafie.

È di sicuro la crisi, l’assenza di prospettive certe di crescita e di sviluppo ad alimentare all’inverosimile il giro d’affari legato al gioco d’azzardo. Siamo, infatti, arrivati al punto che, in Italia, il suo fatturato complessivo supera il settore automobilistico, con minore resa economica e molto minore occupazione, ovviamente. Sono i paradossi della postindustrializzazione. Di fronte ad una crescita simile, il Parlamento ha deciso, qualche anno fa, di allargare la paletta dei giochi in concessione, con l’intento virtuoso di sottrarre risorse al mercato illegale, spesso gestito da elementi della criminalità organizzata. Ma ciò non è bastato. Il flusso di liquidità che passa da qui è talmente elevato che, in quasi tutti gli ambiti del gioco legale, dalle società concessionarie ai gestori, fino agli esercenti dei punti scommesse, delle sale gioco e dei locali nei quali sono installati gli apparecchi da intrattenimento, sono emersi preoccupanti punti di contatto con esponenti delle mafie, puntualmente dimostrati dalle inchieste delle forze di polizia e della magistratura. Non è difficile capire perché le mafie si interessino così tanto al gioco d’azzardo.

E non è difficile capire neanche perché se ne interessino da sempre. I giochi sono, quasi iconograficamente, una lavanderia nella quale entra ed esce denaro. Poi, hanno a che fare con esercenti, negozi, il che significa pizzo, controllo del territorio e delle attività economiche, tutti settori in cui le mafie sono specializzate. Infine, questo è un settore che produce soldi dai soldi e non dal lavoro legato alla produzione. È ideale per chi non possieda capacità specifiche da proporre sul mercato. Il guadagno, infatti, è garantito e la liquidità enorme: se la legge prescrive che, nel caso di videopoker e slot, ci sia un ritorno in vincite delle giocate pari al 75% (ogni 100 euro giocati, 75 devono essere vinti da un giocatore) è evidente come vi sia un incasso assicurato del 25%. Anche suddividendo le quote per le parti della filiera, e tolti i costi di avviamento, rimane un bel guadagno, sicuro, che poche altre attività possono assicurare in questo momento. Per questo la Commissione Antimafia, fin dall’inizio della legislatura, ha avviato verifiche sulle modalità applicative delle leggi che regolano il gioco, sulla trasparenza delle procedure di assegnazione, sull’effettiva proprietà delle società concessionarie. Su quest’ultimo punto, però, si è appena conclusa in Parlamento una vicenda particolarmente negativa: nel decreto fiscale, il Governo aveva inserito norme che impedivano di poter essere titolari di una concessione statale nel settore dei giochi non solo a chi aveva riportato condanne per una serie di reati molto gravi (non solo l’associazione mafiosa, ma anche riciclaggio, traffico di droga, ecc.) ma anche ai loro parenti stretti. Una norma che, in futuro, avrebbe consentito di porre il settore al riparo da infiltrazioni criminali e di avviare verifiche sulle concessioni già in atto.

Una serie di emendamenti del Pdl, però, votati anche dalla Lega, ha ridotto la portata di queste norme, restringendo il divieto di rilasciare la concessione ai soli condannati in prima persona. Il Pd si è battuto contro questi emendamenti e tornerà presto a proporre norme più stringenti. Grazie al dibattito parlamentare, però, ed al contributo del mio partito, è stato vietato l’uso di contante nelle transazioni tra le società che partecipano al settore giochi. Per queste transazioni, si dovranno cioè utilizzare dei conti dedicati che faciliteranno i controlli della polizia. Non basta. Esistono norme già in vigore che bisogna far rispettare in maniera più seria. È il caso, ad esempio, del divieto di far giocare minori: tutti sappiamo come esso venga violato ogni giorno. Molti di noi, infatti, hanno visto giovanissimi comprare un gratta e vinci o giocare alle macchinette slot senza nessun controllo, nei centri commerciali o in qualche corner per strada. Su questo punto si sta compiendo un deciso passo in avanti, imponendo l’obbligo di identificare l’età del giocatore tramite l’inserimento del tesserino del codice fiscale, come avviene da tempo per i distributori automatici di sigarette, inasprendo, inoltre, le multe per chi consente a minori di giocare. Norme e regole più serie sono perciò in arrivo, ma non bastano mai poiché, per risolvere un problema come questo, che affonda spesso le radici nella povertà e nella disperazione, bisogna bonificare i terreni di coltura. Alle regole opportune, cioè, non vanno mai disgiunte iniziative sul terreno educativo e culturale e su quello sociale. Come dire: dalla crisi non si esce con una scommessa, ma con l’impegno di tutti e con un duro lavoro.

Walter Veltroni
Politico, giornalista e scrittore già Vicepresidente del Consiglio
e Ministro dei Beni Culturali;

Componente della Commissione Parlamentare di inchiesta
sul fenomeno della mafia
e sulle altre associazioni criminali, anche straniere

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