Chiariamo i vari punti

Salvatore Mazzamuto

«C’è un positivo mutamento dell’atmosfera che può consentire un confronto costruttivo sui problemi più urgenti della giustizia», ha dichiarato il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nel suo intervento al plenum del Csm. Parole che riaprono la discussione sulla riforma della giustizia proprio mentre cadono in questi giorni i vent’anni dalla più clamorosa inchiesta giudiziaria italiana, Tangentopoli, che si aprì il 17 febbraio del 1992.

MAGISTRATURA.
Lo Stato dovrebbe predisporre mezzi e rimedi idonei a condurre all’accertamento dei fatti secondo un criterio di ragionevolezza tale da superare ogni dubbio. Non tutti sono d’accordo nell’accettare i tre gradi di giudizio come garanzia. Qual è la posizione del Ministero della Giustizia sull’eventualità di deliberare la responsabilità civile dei magistrati? Che riflessioni vengono fatte nell’ambito della separazione delle carriere di pubblici ministeri e magistrati giudicanti?

In ordine alle questioni relative all’opportunità di mantenere il vigente sistema dei tre gradi di giudizio – quale garanzia di un compiuto accertamento dei fatti – ed alla separazione delle carriere dei magistrati, ritengo che il profilo tecnico e l’orizzonte politico di questo Governo non consentano di affrontare tematiche ordinamentali di così elevato respiro, destinate ad essere vagliate con attenzione alla luce di un ampio dibattito dottrinale, sociale e, appunto, politico.

Al riguardo, posso solo limitarmi ad affermare che potrebbe essere sufficiente, con riferimento ai tre gradi di giudizio, prevedere una regolamentazione più attenta dei casi di accesso alla Cassazione civile, riconducendo la possibilità di ricorso ai soli casi di effettiva violazione di legge sostanziale e/o processuale, nel pieno rispetto della norma prevista dall’art. 111.7 della Costituzione. Con riferimento alla separazione delle carriere, ribadita la premessa di cui sopra, riterrei personalmente auspicabile che il Consiglio Superiore della Magistratura – di concerto con il Ministro – avesse la forza di rivendicare a sé il pieno controllo delle nomine dei capi degli uffici giudiziari (i cosiddetti incarichi direttivi), sottraendolo definitivamente alle influenze delle correnti della magistratura, al fine di far prevalere i profili di merito dei candidati sulle logiche di appartenenza correntizia.

PROCESSI.
In Italia, la durata media dei processi è troppo lunga. Quali sono le cause ed i possibili rimedi? Vari procedimenti sono aperti di fronte alla Corte di Strasburgo per tale violazione e, il 24 marzo 2001, è stata approvata la legge n° 89, la cosiddetta Legge Pinto. Questo istituto ha snellito e migliorato la situazione?

Non v’è alcun dubbio che la durata dei processi in Italia sia eccessivamente lunga: il rapporto CEPEJ 2010 attesta che, in materia civile, l’Italia è posizionata al quarto posto in Europa (su 38 Paesi) per tasso di litigiosità, con 4.768 contenziosi ogni 100.000 abitanti. Per quanto concerne, invece, il tasso di accesso al sistema giudiziario, l’Italia si colloca al secondo posto, dopo la Russia, con oltre 2,8 milioni di nuove cause in ingresso in primo grado. Tale mole di processi in entrata determina anche il ritardo nella trattazione e nella definizione dei giudizi, con conseguente, costante, aumento delle violazioni al principio di ragionevole durata dei processi. Dette violazioni generano ulteriori ricorsi in attuazione della c.d. legge Pinto (legge n. 89/2001), che prevede il riconoscimento di un’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole di cui all’articolo 6, paragrafo 1 della Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo. Nel 2011, a titolo di equa riparazione, l’Italia ha liquidato una somma superiore ad 80 milioni di euro. I giudizi esperiti ai sensi della legge Pinto (quasi 50.000 nel 2011), per i quali sono competenti le Corti di Appello oramai ingolfate di procedimenti, vengono, a loro volta, definiti in tempi sempre più lunghi.

A fronte di una ragionevole durata del processo pari a sei anni (tre per il primo grado, due per il secondo, uno per la Cassazione), i tempi medi di definizione della giustizia italiana sono pari a sette anni e tre mesi in ambito civile e quattro anni e nove mesi nel penale.

Allo scorso mese di giugno, l’arretrato del sistema processuale ammontava a quasi 9 milioni di processi (5,5 milioni per il civile e 3,4 milioni per il penale).

Tale situazione esercita i suoi effetti deleteri anche sull’efficienza del sistema Paese, dal momento che i tempi dilatati della giustizia incidono negativamente sulle nostre imprese, rallentando le possibilità di sviluppo ed anche gli investimenti stranieri. Si pensi che, nel 2010, la durata stimata per il recupero dei crediti commerciali era pari, in Italia, a 1.210 giorni, contro i 394 della Germania.

Questo Governo sta cercando di porre rimedio alla predetta situazione attraverso il ricorso ad una strategia volta a diminuire il flusso di entrata nel sistema giudiziario della domanda di giustizia, tramite il ricorso a forme di mediazione. La strategia è inoltre volta a garantire la specializzazione dei giudici, a definire con maggiore velocità l’arretrato ed a procedere alla razionalizzazione organizzativa e tecnologica dei servizi giudiziari.

In primo luogo, si punta molto sull’istituto della mediazione. Introdotto dal precedente esecutivo, consiste nell’attività professionale svolta da un terzo imparziale finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per comporre una controversia o tesa a formulare una proposta per la soluzione della stessa. Il decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28 ha previsto la mediazione in tutti i procedimenti civili e commerciali, con criterio di facoltatività generale e di obbligatorietà per alcune materie specifiche, con decorrenza dal 21.03.2011 (diritti reali, divisioni, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di azienda, risarcimenti da colpa medica e da diffamazione a mezzo stampa, contratti bancari, assicurativi e finanziari) o dal 21.03.2012 (condominio e risarcimenti da incidenti stradali).

In secondo luogo, con l’art. 2 del decreto legge n. 1/2012 (detto sulle liberalizzazioni) – modificato al Senato ed in corso di trattazione alla Camera – è stata disposta l’istituzione di sezioni specializzate in materia di impresa, con molteplici competenze sulle controversie societarie, sugli appalti pubblici e sulle forniture o sui servizi di rilevanza comunitaria. Si tratta di competenze ad alto tasso di tecnicità, per le quali si è avvertita l’esigenza di una maggiore specializzazione del giudice. L’intento del Governo è quello di ridurre i tempi di trattazione e definizione delle controversie in cui sia parte una società di dimensioni medio-grandi, aumentandone la competitività sul mercato.

In tema di magistratura onoraria, il Governo, sulla base della delega conferita dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, ha emanato lo schema di decreto legislativo relativo alla ricollocazione geografica degli uffici del giudice di pace, adottando un intervento incisivo sull’assetto territoriale delle strutture giudiziarie poste alla base del sistema giudiziario (gli uffici del giudice di pace situati in sede diversa da quella circondariale) allo scopo di recuperare le risorse occorrenti ad assicurare una maggiore efficienza e funzionalità dell’intero sistema giustizia. È stata inoltre avviata un’importante riforma attesa da troppi anni: la revisione della geografia giudiziaria dei tribunali e delle relative sezioni distaccate, per la quale si sta cercando di predisporre la prima bozza operativa entro marzo-aprile del 2012.

Sono stati inoltre predisposti numerosi interventi in tema di informatizzazione e digitalizzazione del sistema giudiziario, completando nel settore civile l’installazione dei sistemi elettronici di gestione dei registri nel 100% degli uffici giudiziari di 1° e 2° grado e mettendo a disposizione di professionisti ed enti registrati un’infrastruttura telematica che rende disponibili i servizi telematici per tutti gli uffici giudiziari.

Continua l’implementazione del sistema di comunicazioni telematiche a mezzo posta elettronica certificata, che consente di ridurre a zero i tempi di comunicazione, annulla i costi di notifica ed i costi del personale UNEP, riduce i tempi di lavoro nelle cancellerie ed i costi di stampa ed annulla i rischi di mancata notifica.

Nel corso degli ultimi mesi del 2011 è stato progettato e realizzato il sistema per la gestione telematica dei pagamenti delle spese di giustizia, già attivo in otto uffici giudiziari. Consente agli avvocati di pagare on-line il contributo unificato ed i diritti di segreteria per il processo civile.

Ulteriori interventi, che proseguono l’opera avviata dal precedente esecutivo, riguardano gli organici della magistratura. Essi consentiranno di superare le 9.150 presenze in organico, nonostante negli ultimi tre anni si sia registrato un aumento esponenziale del numero dei pensionamenti.

CARCERE.
Sottolineando la necessità di un vigoroso impegno per rispondere al dramma del sovraffollamento carcerario, il Presidente Napolitano ha evidenziato come l’attuale momento vada affrontato esaminando “ogni possibile ipotesi di intervento”. Quali forme alternative alla detenzione si pensa di intraprendere? In ogni caso, quali azioni si pensa di intraprendere per le strutture destinate alla pena?

Lo stato delle carceri e le condizioni di detenzione delle oltre 66.000 persone che vi sono ristrette a vario titolo, su una disponibilità complessiva di circa 43.000 posti di detenzione, costituiscono, per il Ministro della Giustizia, l’emergenza più impellente fra quelle che affliggono l’attuale sistema giudiziario.

I possibili interventi normativi su tale questione devono necessariamente agire su vari livelli, perseguendo un equilibrato insieme di misure che sappiano contemperare sicurezza sociale e trattamento personalizzato del detenuto, imputato o condannato. Sotto il profilo delle infrastrutture, si deve provvedere, proseguendo l’opera avviata dal precedente Governo con il cosiddetto “Piano Carceri”, all’edificazione di nuovi istituti penitenziari ed alla ristrutturazione ed al migliore utilizzo di quelli esistenti. Sotto il profilo dell’accesso al circuito penitenziario, occorre procedere ad una ragionata deflazione giudiziaria attraverso la depenalizzazione di reati di ridotta gravità e tramite l’introduzione della non punibilità per irrilevanza del fatto. Sotto il profilo dell’uscita dal circuito penitenziario, infine, è necessario favorire l’accesso a misure alternative alla detenzione.

Non a caso, uno dei primi provvedimenti assunti con decretazione di urgenza dall’attuale Governo ha per oggetto “Interventi di contrasto della tensione detentiva determinata dal sovraffollamento delle carceri” (decreto legge 22.12.2011, n. 211, convertito con modificazioni dalla legge 17.02.2012, n. 9).

Con tale normativa si sono introdotte misure che hanno modificato le procedure di convalida dell’arresto per i reati di competenza del giudice monocratico, dimezzandone i tempi massimi (48 ore anziché 96) ed incidendo sulle correlative modalità di custodia allo scopo di limitare, ove possibile, l’ingresso in carcere di persone destinate, statisticamente, ad uscire dopo pochissimo tempo (nel 2010, oltre 21.000 persone sono state liberate entro tre giorni dal loro ingresso in carcere).

Con un’altra norma significativa, si è elevata da 12 a 18 mesi la soglia della pena detentiva residua per poter usufruire della detenzione domiciliare.

I primi dati statistici disponibili sul sito del Ministero hanno già dimostrato la validità delle due misure sopra menzionate.

Con il decreto legge 29 dicembre 2011, n. 216, convertito nella legge 24.02.2012, n. 14, si è poi intervenuti sul “Piano Carceri” approvato dal precedente esecutivo, disponendo la proroga della gestione commissariale del piano straordinario sino al 31.12.2012 e disgiungendo le funzioni di Commissario Straordinario da quelle di Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria.

Salvatore Mazzamuto
Professore, Avvocato, Sottosegretario di Stato alla Giustizia

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