Diffidenza giustificata

Giobbe Covatta

Diventa sempre più difficile scegliere una associazione, una organizzazione cui devolvere dei soldi. Comprendo perfettamente la difficoltà che può avere un cittadino nella scelta. Si è diffidenti. Bisogna quindi prima prendere delle informazioni e tenere in considerazione diversi parametri: la storia dell’organizzazione, se ha un percorso già consolidato, se i suoi bilanci e dichiarazioni dei redditi sono limpide e consultabili.

La mia esperienza con AMREF (African Medical and Research Foundation) nasce da un incontro casuale con AMREF Italia un po’ di anni fa. Un incontro fortuito o sfortuito… AMREF è la principale organizzazione sanitaria privata, senza fini di lucro, presente in Africa orientale. Fondata in Kenia nel 1957, AMREF è una struttura di circa 500 persone, composta per il 95% da Africani, che gestisce ormai centinaia di progetti di sviluppo sanitario e sociale in Africa. Ho accettato di essere testimonial di AMREF, di stringere con questa organizzazione un sodalizio ed una collaborazione che potrei definire artistico-umanitaria, perché mi sono sentito subito in sintonia con la sua filosofia ed il suo modo di operare sul territorio, di guardare ai problemi dell’Africa senza dover necessariamente alzare la voce, drammatizzare, ferire. AMREF non insegue l’emergenza o la morte, ma vuole incontrare e raccontare la gente normale, la vita di tutti i giorni del popolo Africano. Il mio rapporto con AMREF va avanti da ormai 16 anni. Chissà che questo lungo matrimonio, con i suoi alti e bassi, come tutti i matrimoni, non festeggi le nozze d’argento. Diversamente dalla maggior parte dei programmi di cooperazione che portano aiuti dall’esterno, AMREF, essendo un’organizzazione Africana, gestita da Africani, riesce a creare un rapporto diretto con i suoi abitanti e le loro esigenze ed urgenze. Gli Africani pongono delle domande e pretendono delle risposte nella e sulla loro terra. Al contrario, accade spesso che non si instauri un confronto vero e proprio tra le organizzazioni non africane che operano in Africa e le popolazioni autoctone.

Nessuno fa domande, nessuno fa richieste: si decide semplicemente che si aiuta una missione in un posto sperduto dell’Africa, piuttosto che un’altra. Questo tipo di approccio produce una specie di polverizzazione e dispersione delle risorse e delle energie, che a me non piace, ma che è alla base di molte organizzazioni di cooperazione internazionale. Il grande valore aggiunto di AMREF è dunque la sua ‘africanità’, che continua a legarmi umanamente ed artisticamente ai suoi progetti. In questi anni, ho avuto modo di confrontarmi anche con altre strutture ed organizzazioni, nell’ambito della cooperazione internazionale. In particolare, ho rivestito l’incarico di delegato del Sindaco di Roma, Walter Veltroni, per le iniziative di solidarietà e cooperazione internazionale. Durante questa esperienza, mi sono imbattuto in un sacco di persone e personaggi strani, oserei dire pessimi. Ovviamente, vi si incontra di tutto, ma mi sono reso conto di quante ‘non bravÈ persone siano coinvolte in queste organizzazioni. Persone che nel loro operare, sono facilitate da alcune condizioni di privilegio che le alleggeriscono, sia nelle responsabilità, sia nella gestione dei progetti e nelle azioni umanitarie di cui sono incaricati. In molte organizzazioni di cooperazione internazionale ci sono un coinvolgimento ed una selezione del personale impiegato legati spesso a rapporti di parentela o di amicizia. In alcune onlus, ad esempio, puoi trovare intere famiglie a stipendio. Spesso, infatti, nel bilancio di queste organizzazioni ed associazioni, la voce ‘spese di personalÈ è più sostanziosa di quella dedicata alle attività ed alle azioni di solidarietà e di intervento umanitario vero e proprio. Questo può avvenire anche perché la legge non regolamenta l’utilizzo e la destinazione dei fondi delle organizzazioni non lucrative o di cooperazione internazionale secondo un principio di ridistribuzione dei fondi raccolti anche attraverso le donazioni che arrivano dai cittadini. Né, tanto meno, le sanziona.

È lasciato tutto un po’ alla sbando. Questo crea confusione e anche la possibilità che ci siano dei truffatori. I cittadini, a volte, fanno bene a non fidarsi. Stante questa situazione, diventa sempre più difficile scegliere un’associazione, un’organizzazione a cui devolvere dei soldi. Comprendo perfettamente la difficoltà che può avere un cittadino nella scelta. Si è diffidenti. Bisogna, quindi, assumere prima delle informazioni e tenere in considerazione diversi parametri: la storia dell’organizzazione, se ha un percorso già consolidato, se i suoi bilanci e dichiarazioni dei redditi sono limpide e consultabili. Associazioni come Amref, Save the Children, Emergency, Medici senza Frontiere hanno un alto grado di affidabilità in questo senso, perché la loro storia parla per loro. La presenza in Italia di organizzazioni di cooperazione internazionale e simili, ed il dibattito che certe questioni fanno nascere, può diventare uno spunto importante per un arricchimento, un valore aggiunto in termini culturali, più che economici. Anche qui servirebbe una rivoluzione culturale che affermi che è la società stessa ad avere una forza di solidarietà, fermo restando che tutto deve, comunque, partire sempre dalla presa di coscienza e di consapevolezza del singolo. Ma la cosa che tengo a ribadire e sottolineare è che in queste organizzazioni deve esserci onestà e trasparenza nella gestione. In caso contrario, si crea solo una cultura sbagliata, perché viene messa in discussione, di fatto, la logica della solidarietà. Basta poco, che ce vo’!

Giobbe Covatta
Attore e Testimonial AMREF,
African Medical and Research Foundation

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