Staminali adulte riprogrammate

Silvio Garattini, Caterina Bendotti

A causa di problemi etici e politici, la ricerca è stata indirizzata allo sviluppo di cellule somatiche adulte riprogrammate geneticamente per diventare simil-embrionali (IPS). Lo sviluppo di terapie attraverso l’uso di iPS è molto complesso e richiederà tempi piuttosto lunghi. È necessario quindi supportare lo studio delle staminali embrionali e fetali.

garattiniLe cellule staminali sono cellule immature con una prolungata capacità di rinnovarsi e di differenziarsi in molteplici tipi cellulari che compongono un organismo. Ci sono diversi tipi di cellule staminali, quelle embrionali “pluripotenti” che possono trasformarsi in qualsiasi tessuto, quelle fetali già differenziate verso un tipo cellulare e ancora in grado di replicarsi e quelle adulte che provvedono al mantenimento dei tessuti e alla loro eventuale riparazione ma che non hanno grande capacità di differenziarsi e di crescere quando sono coltivate in vitro. L’uso delle cellule staminali a scopo terapeutico in diversi tipi di patologie è uno dei filoni di ricerca che si è maggiormente sviluppato negli ultimi anni creando una grande aspettativa per la cura di malattie degenerative come quelle che colpiscono il sistema nervoso. Il maggiore successo in ambito terapeutico delle cellule staminali si è avuto sinora nelle malattie ematologiche come le anemie e i vari tumori del sangue utilizzando le cellule staminali del midollo osseo (mesenchimali) o presenti nel sangue del cordone ombelicale.

Per quanto riguarda l’utilizzo nelle malattie degenerative del sistema nervoso invece la sfida è ancora aperta. L’esempio più ricorrente dell’utilizzo della terapia cellulare per riparare ai danni cerebrali e alla perdita neuronale nell’uomo è la malattia di Parkinson, i cui sintomi derivano dalla perdita progressiva di cellule in una piccola area del cervello conosciuta come “sostanza nera”. Data l’area di lesione piuttosto circoscritta, sono stati fatti diversi tentativi di trapianto cellulare, dall’uso di cellule dei surreni dello stesso paziente, rivelatosi però un insuccesso, all’uso di cellule mesencefaliche fetali umane che hanno avuto solo un parziale successo. Inoltre, molti pazienti con quest’ultimo trattamento hanno sviluppato importanti discinesie caratterizzate da eccessivi movimenti incontrollati. Il motivo del perché questo approccio non abbia funzionato non è ancora chiaro, tuttavia, dato lo sviluppo recente nella conoscenza delle cellule staminali, è proprio di questi giorni l’annuncio su Science (vol.326,358-9,2009) che nuovi studi clinici di terapia cellulare nel Parkinson sono in programma in Europa e negli USA.

Recentemente altri tentativi di terapia cellulare sono stati applicati a pazienti affetti da sclerosi laterale amiotrofica (SLA) utilizzando cellule staminali provenienti dal midollo osseo degli stessi pazienti trapiantate nel midollo spinale, purtroppo con risultati molto modesti o del tutto inefficaci. Le cellule mesenchimali, data la loro notevole proliferazione e differenzazione rappresentano un candidato ideale per l’uso nella medicina rigenerativa, tuttavia si conosce ancora poco circa la loro capacità a differenziarsi in cellule nervose e il possibile rischio di sviluppare tumori nella sede di trapianto. Tra i vari tipi di cellule staminali più indicati nel trattamento delle malattie del sistema nervoso, sembra che le cellule di origine embrionale e fetale opportunamente modificate geneticamente per indirizzarle verso un fenotipo neurale specifico o per la produzione di fattori neurotrofici siano quelle più promettenti. Infatti, tale strategia si è rivelata molto efficace nel trattamento di alcuni modelli animali di patologie quali la SLA o il trauma spinale.

Rispetto a quest’ultimo, in particolare, uno studio recente ha dimostrato che cellule fetali cerebrali umane indotte a differenziarsi in oligodendrociti quando sono trapiantate nell’area del trauma spinale aumentano significativamente lo spessore della guaina mielinica che avvolge gli assoni favorendo la trasmissione nervosa e quindi anche un netto miglioramento della qualità della motricità dell’animale. Questo tipo di risultato non solo è importante per i traumi spinali ma anche per tutte quelle forme di malattie demielinizzanti che ancora sono orfane di terapie. Quindi la conoscenza di fattori molecolari in grado di indirizzare il destino di una cellula durante lo sviluppo può fornire utili informazioni per la manipolazione delle cellule staminali a fini terapeutici.
A causa di problemi etici e politici relativi all’uso di embrioni e feti abortivi, tuttavia, questo tipo di ricerca ha subito un forte rallentamento. A seguito di questo parecchia enfasi nella ricerca è stata riversata allo sviluppo delle cosidette cellule iPS “inducible pluripotential stem“ che sono il prodotto di cellule somatiche adulte riprogrammate per diventare cellule simil- embrionali pluripotenti attraverso la manipolazione genetica.

Benché il profilo di espressione genica delle cellule iPS sia strettamente correlato con quello delle cellule embrionali, ci sono alcune differenze le cui implicazioni o conseguenze sono sconosciute. Recentemente alcuni scienziati americani sono riusciti a trasformare cellule staminali della pelle in cellule del sistema nervoso ed in particolare in motoneuroni. Questo è un notevole passo avanti nella ricerca sulla SLA e altre malattie del motoneurone in quanto potrebbe portare allo sviluppo di potenziali modelli cellulari “personalizzati” per ogni paziente affetto da tali malattie. Infatti, un tale paradigma sperimentale favorirebbe lo studio dei meccanismi molecolari che portano alla degenerazione selettiva di questi neuroni individuando nuovi potenziali bersagli terapeutici”personalizzati”. Lo sviluppo di terapie attraverso l’uso di iPS è invece molto più complesso e richiederà tempi piuttosto lunghi. Per questo è necessario che lo studio delle cellule staminali di origine embrionale e fetale continui ad essere supportato.

Silvio Garattini
Fondatore e direttore dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”

Caterina Bendotti
Capo Laboratorio Neurobiologia Molecolare Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri”

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