“Rare” e penalizzate

Dorina Bianchi

Questa definizione ha penalizzato la tutela della malattia a livello giuridico e non ha agevolato il processo di ricerca e di attenzione sulle cause delle malattie rare con la conseguenza di lasciare il paziente isolato nell’affrontare la propria malattia insieme alla sua famiglia.

bianchiIn campo sanitario, una politica “attendistica” non è stata mai, ed oggi ancor di più non lo è, economicamente sostenibile. Quando poi si parla di un milione e mezzo di persone, tanti sono gli affetti da malattie rare, una popolazione che non sta a guardare il colore politico dei disegni di legge, ma attende riposte concrete, il discorso deve tutto tendere alla priorità assoluta di introdurre nel nostro ordinamento una sorta di «organicità» per la cura e la ricerca delle malattie rare e, di riflesso, in materia di farmaci orfani. Non è più il tempo di lasciare a sporadici interventi ministeriali il compito di assumere diversi provvedimenti su temi come questo ed è diventato imperativo oggi invertire la rotta e promuovere politiche “aggressive” di prevenzione e promozione alla salute. La Commissione di cui faccio parte sta riservando al tema delle malattie rare una seria attenzione. Siamo già ad un testo base e ne stiamo esaminando gli emendamenti. Nel dibattito parlamentare, abbiamo convenuto tutti che sul tema non ci sono posizioni di parte, per cui le premesse ci sono tutte per giungere ad un’immediata approvazione. Il numero di malattie rare è stimato dall’Organizzazione mondiale della sanità intorno a 5.000, l’80 per cento delle quali di origine genetica, anche se il manifestarsi delle patologie e la loro concentrazione cambiano a seconda dei Paesi interessati. Il Congresso degli Stati Uniti, per esempio, ha fissato la soglia dei 200.000 casi rapportati alla popolazione totale, mentre il Parlamento europeo ha definito un limite di prevalenza non superiore ai 5 casi ogni 10.000 abitanti degli Stati membri dell’Unione. Si tratta di malattie fortemente invalidanti. Chi ne è colpito, spesso non riesce a sopravvivere. Evidentemente, la stessa definizione di “rara” ha penalizzato la tutela della malattia a livello giuridico e non ha agevolato il processo di ricerca e di attenzione sulle cause, se non da parte di centri privati, con la conseguenza, non solo di non offrire al paziente cure adeguate e una diagnosi tempestiva, ma, soprattutto, di lasciarlo isolato nell’affrontare la propria malattia insieme alla sua famiglia.

La scarsa disponibilità di conoscenze scientifiche, che scaturisce proprio dalla rarità, determina spesso lunghi tempi di latenza tra esordio della patologia e diagnosi, che incidono negativamente sulla prognosi del paziente. Eppure, è provato che la giusta individuazione della malattia e il rimedio da applicare possono portare a risultati miracolosi e il mio pensiero va a Lorenzo Odone, che grazie alla tenacia della sua famiglia e ad un metodo «familiare» di ricerca del rimedio di cura per la leucodistrofia (ALD), ha dimostrato come si può vivere anche più di mezzo secolo. Credo che la storia de “L’olio di Lorenzo” abbia colpito tutti noi e rappresenti, più di ogni altro discorso medico o clinico, l’importanza di intervenire su questo ramo. Ci sono poi le industrie farmaceutiche, spesso leader nella ricerca scientifica, che, a causa della limitatezza del mercato di riferimento, hanno scarso interesse a sviluppare la ricerca e la produzione dei cosiddetti “farmaci orfani”, potenzialmente utili per tali patologie. A tale proposito, occorre rilevare che vi sono delle Regioni che possono investire maggiori risorse per rendere disponibile sul loro territorio un determinato farmaco orfano. Altre, particolarmente gravate da già consistenti disavanzi sanitari, non riescono ad essere altrettanto efficienti, mentre altre ancora hanno adottato delle procedure per l’immissione in commercio complesse e lunghe, che non consentono l’immediata disponibilità dei farmaci orfani sul territorio. Da tali premesse, consegue un’ulteriore differenziazione tra le regioni del nostro Paese e tra i pazienti, che acuisce i problemi di non omogeneità quali-quantitativa dell’assistenza sanitaria e socio-sanitaria e mina l’efficacia del sistema dei livelli essenziali di assistenza. Spesso, le malattie rare presentano il loro esordio in età pediatrica, ma la carenza di farmaci e di strumenti per la cura ad hoc non riescono a svelare la malattia subito e, quindi, a debellarla.

La Società Italiana di Pediatria ha chiesto in Commissione di inserire lo screening neonatale tra gli scopi della legge. La diagnosi precoce e precisa è inoltre fondamentale per una prevenzione primaria nell’ambito familiare, data la possibile ricorrenza della malattia stessa in più soggetti dello stesso nucleo familiare. La possibilità di agire sulla malattia in fase presintomatica è la chiave della prevenzione dell’handicap, soprattutto neurologico, che deriva da queste malattie. Nella scorsa legislatura, si era arrivati ad un passo dall’approvazione del Fondo per le malattie rare, finalizzato a: supportare le attività di ricerca e sviluppo; realizzare un programma di screening della popolazione, anche neonatale; garantire il funzionamento del Centro nazionale per le malattie rare istituito presso l’Istituto Superiore di Sanità del Ministero della salute; garantire la realizzazione di attività di formazione degli operatori sanitari e di informazione della popolazione; e, infine, consentire la defiscalizzazione degli oneri relativi alla ricerca delle aziende farmaceutiche sui farmaci orfani del 23% (28% per le industrie che investono nel Sud Italia) delle spese sostenute dalle industrie per la ricerca e lo sviluppo di presìdi e di farmaci per la diagnosi ed il trattamento delle malattie rare. In pratica, il Fondo che ho proposto nel mio disegno di legge ha anche lo scopo di:
a) consentire la tempestiva instaurazione delle cure idonee ed il costante sostegno terapeutico per i pazienti;
b) garantire agli stessi, con immediatezza e su tutto il territorio nazionale, l’erogazione dei medicinali, dei dispositivi medici e dei servizi diagnostici, assistenziali e riabilitativi necessari;
c) agevolare la reperibilità e la disponibilità di detti presidi e servizi presso le strutture del Servizio Sanitario Nazionale.
Sarebbe, infine, utile assegnare le risorse in base a criteri meritocratici con politiche fiscali agevolate per quelle industrie farmaceutiche che s’impegnano ad operare una scelta etica, investendo parte delle proprie risorse nel settore delle malattie rare e dei farmaci orfani, collaborando con Centri di eccellenza pubblici e Università. Un modo per fare formazione e ricerca.

Dorina Bianchi
Senatrice e medico italiana,
XII Commissione Igiene e Sanità al Senato

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