La Leucodistrofia Matacromatica

Le osservazioni cliniche e strumentali hanno dimostrato che i pazienti con un esordio precoce di malattia si caratterizzano per una progressione clinica omogenea e molto rapida; i pazienti con le varianti ad esordio tardivo sono più eterogenei nelle modalità di presentazione clinica, sebbene siano accomunati da una relativa stabilità della malattia nel tempo.

La Leucodistrofia Metacromatica (LDM) è una malattia rara demielinizzante da accumulo lisosomiale (LSD) dovuta al deficit di attività dell’enzima Arilsulfatasi A (ARSA). Data l’assenza di terapie efficaci e la gravità della malattia, è urgente identificare nuove possibilità terapeutiche. Il nostro gruppo ha recentemente dimostrato che il trapianto di cellule staminali ematopoietiche (CSE), geneticamente corrette mediante trasduzione con vettori lentivirali (VL), permette di ricostituire l’attività enzimatica deficitaria a livello del sistema nervoso centrale e periferico degli animali affetti da LDM. Tale trapianto previene o corregge le manifestazioni della malattia se applicato, rispettivamente, in fase pre-sintomatica o sintomatica. Il grado di efficacia di tale intervento dipende dal livello di attività enzimatica ricostituito nelle CSE, nella loro progenie differenziata e negli organi target. Si evidenzia il concetto che il vantaggio della terapia genica risiede proprio nell’espressione dell’enzima funzionale nelle CSE e nella loro progenie a livelli ampiamente superiori rispetto a quelli riscontrati in cellule normali. Per rispondere a tale esigenza di sovra-espressione dell’enzima funzionale nelle CSE e nella loro progenie, abbiamo ottimizzato la trasduzione di CSE umane derivate da fonti clinicamente rilevanti ed abbiamo ottimizzato la produzione su larga scala di VL clinical grade, con titolo elevato e di alta qualità.

Pertanto, questi dati forniscono le basi per una sperimentazione clinica di terapia genica con CSE autologhe in pazienti affetti da LDM, sperimentazione che inizierà nella seconda metà del 2009. Con la prospettiva di trasferire in clinica tale approccio di terapia genica, negli ultimi sei anni abbiamo studiato la storia naturale della LDM in un’ampia coorte costituita da 26 pazienti. Le nostre osservazioni cliniche e strumentali hanno dimostrato che i pazienti con un esordio precoce di malattia (forma tardo-infantile e giovanile precoce) si caratterizzano per una progressione clinica omogenea e molto rapida; i pazienti con le varianti ad esordio tardivo (forma tardo-giovanile e adulta) sono più eterogenei nelle modalità di presentazione clinica, sebbene siano accomunati da una relativa stabilità della malattia nel tempo. Il nostro studio ci ha inoltre permesso di dimostrare il valore di alcuni test clinici (la scala di valutazione delle funzioni motorie “Gross Motor Function Measure”, GMFM) e strumentali (Risonanza Magnetica dell’encefalo, RM; Elettroneuronografia, ENG) per un monitoraggio quantitativo dell’evoluzione della malattia. Poiché non sono disponibili criteri standardizzati che un paziente debba rispettare per essere candidabile ad una prima applicazione clinica di terapia genica per la LDM, per il disegno del protocollo clinico abbiamo preso in considerazione sia le informazioni ottenute dal nostro studio di storia naturale, sia alcune considerazioni etiche sulla malattia. Secondo quanto emerso dal nostro studio, i pazienti con un esordio precoce potrebbero essere considerati i migliori candidati per una nuova terapia, essendo più omogenei e pertanto più informativi, e presentando un miglior rapporto rischio-beneficio, considerata la gravità della loro malattia. Al contrario, nei pazienti con un esordio tardivo, sarebbe difficile discriminare tra i potenziali benefici clinici della terapia ed il naturale decorso benigno della malattia. Per quanto riguarda le considerazioni etiche sulla LDM, abbiamo utilizzato i principi di autonomia, beneficenza e non-maleficienza. Tali principi indicano che nel caso di una malattia come la LDM, nella quale sono i tutori o genitori a dover esprimere il consenso ed in cui la procedura è irreversibile ed associata a rischi potenzialmente gravi, il protocollo clinico deve avere come obiettivo primario un beneficio clinico significativo per il paziente.

Pertanto, a seguito di tali considerazioni, riteniamo che i pazienti MLD affetti alla forma tardo infantile in fase pre-sintomatica ed i pazienti con forma giovanile precoce in fase pre-sintomatica o paucisintomatica possano essere i migliori candidati al trattamento con cellule staminali ematopoietiche autologhe e vettori lentivirali. Inoltre, in base alle riflessioni etiche, includeremo tra gli obiettivi primari del trial il raggiungimento di un end-point di efficacia clinica. In particolare, valuteremo il mantenimento delle abilità motorie del paziente o la ridotta progressione del suo deficit motorio, confrontando i punteggi della scala GMFM ottenuti dai pazienti trattati con i valori di controllo osservati nei soggetti non trattati. Quali end-points secondari di efficacia clinica, considereremo la stabilità o la ridotta progressione della malattia a livello del sistema nervoso centrale e periferico, mediante la ENG e la RM dell’encefalo. Anche in questo caso confronteremo i dati ottenuti nei pazienti trattati con quelli ottenuti nella nostra coorte di pazienti non trattati.

Maria Sessa
Dirigente Neurologo presso Dipartimento di Neurologia,
IRCCS San Raffaele di Milano,

membro comitato scientifico Comitato Italiano Progetto Mielina

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

Rispondi