Un Paese unito nella solidarietà

Guido Bertolaso

Oggi si dibatte sulla previsione e sull’affidabilità della scienza, ma la vera questione è un’altra: è doveroso che il nostro Paese sia chiamato, o si senta chiamato ad un comune e condiviso esame di coscienza sulla sua storia e gli errori commessi dal dopoguerra ad oggi.

bertolasoCaro Direttore,
a dieci giorni dal terremoto in Abruzzo, rifletto su queste parole: “Strategie di prevenzione più efficaci farebbero non solo risparmiare decine di miliardi di dollari ma salverebbero decine di migliaia di vite. Costruire una cultura di prevenzione non è facile. Mentre i costi della prevenzione debbono essere pagati nel presente, i suoi benefici si avvertono in un futuro distante. Per di più, i benefici non sono tangibili: essi sono i disastri che non sono mai accaduti”. Dieci giorni fa stavamo per chiudere a Napoli una mostra itinerante che riapriremo presto in Friuli, la mostra sui terremoti d’Italia. Parte dall’inizio del secolo scorso, passa in rassegna tutti gli aspetti, storico, scientifico, letterario, umano del terremoto e si conclude con questa citazione di Kofi Annan: cento anni di terremoti in Italia ci insegnano che gli effetti catastrofici dipendono principalmente dall’uomo. Il terremoto non costruisce le case, non è responsabile dei criteri giusti o sbagliati che seguono le comunità nel loro insediarsi. Noi non possiamo prevedere se il terremoto ci sarà, ma possiamo monitorare il fenomeno e comprendere il livello di rischio. Possiamo fare opera di prevenzione mettendo in sicurezza gli edifici e le strutture, e sappiamo che se il terremoto ci sarà, per tutti sarà un implacabile esame. Ma quando il terremoto arriva, e travolge persone e cose, a partire dall’istante successivo l’unica possibilità è fare presto. Pochi minuti dopo la scossa del 6 aprile, il comitato operativo del sistema di protezione civile era convocato a Roma nella Sala Situazione Italia del Dipartimento della Protezione Civile. Ho visto affluire e sedersi intorno allo stesso tavolo uno per uno tutti i rappresentanti della rete di coordinamento, Vigili del Fuoco, Forze Armate e Forze dell’Ordine, organizzazioni di volontariato, Croce Rossa e tutti i rappresentanti dei servizi essenziali. Sono visi familiari che ogni giorno hanno il loro contributo da dare nelle emergenze che segnano da sempre il nostro Paese.

Ci guardavamo mentre cominciavano ad arrivare i dati e le prime informazioni dall’Aquila, da Paganica, da Onna e via via da tutti i centri colpiti. Tutti siamo stati da subito consapevoli della complessità e gravità del fenomeno che aveva svegliato e ferito l’Abruzzo e l’Italia nel cuore della notte. Abbiamo affrontato le prime fasi dell’emergenza mettendo in azione quel sistema tutto particolare che ha fatto della protezione civile italiana un modello per tante realtà molto meno a rischio e molto meno complicate della nostra. Siamo stati consapevoli da subito della partita in gioco in questo momento: dimostrare che il nostro è un Paese che sa reagire e rispondere in tempi rapidi come mai accaduto.Abbiamo dimostrato che questo sistema di protezione civile è “il” sistema, efficace e coeso, originale e flessibile: un modello di made in Italy che sorprende il mondo. Sarebbe bastato poco ad alimentare, nel Paese e nell’ambiente internazionale, un clima di dubbio o di sospetto. Avremmo potuto mostrare un’Italia travolta dalla tragedia, fragile e divisa. Così non è stato. Al di là dei giudizi, delle posizioni e delle opinioni, giustamente varie e variegate, diffuse dalla stampa, dai media e su internet, il mondo dell’informazione ha manifestato all’emergenza terremoto livelli di attenzione mai visti. Ha svolto la sua funzione, preziosa e insostituibile, con grande professionalità, e di questo lo ringraziamo. Ma noi non ascoltiamo soltanto i media. Ascoltiamo le persone, dalle più prossime alle più lontane, e molti hanno cominciato in questi giorni a voler constatare di persona la situazione in Abruzzo. Anche le rappresentanze estere in Italia, che ci hanno inviato fin dai primi giorni ambasciatori ed alti funzionari in ricognizione. E proprio dall’ambasciatore tedesco mi sono sentito dire: “Complimenti, noi in Germania non ne saremmo stati capaci.” Il modo in cui ha sottolineato “in Germania” significa davvero tante cose e demolisce lo stereotipo dell’Italia arruffona, approssimativa e disinvolta. L’Italia sorpresa nel sonno, l’Italia in lutto, l’Italia ferita ha reagito nell’unico modo possibile: facendo sistema. Un sistema straordinario, una formula alchemica di serietà, compostezza, umiltà. Un sistema di cui fanno parte i soccorsi e i soccorritori. Perché senza la professionalità dei soccorritori e la dignità e fermezza della popolazione abruzzese, le operazioni di primo soccorso, il loro tragico carico di lutti e la delicata fase di ricovero della popolazione sfollata sarebbero state ingestibili.

Un sistema fatto di persone straordinarie, che ci induce a proseguire con passione ed entusiasmo anche nella fase della post-emergenza. Il terremoto ha allontanato dalle loro case 50mila persone. Il territorio danneggiato dal terremoto si estende per oltre 1500 chilometri quadrati: abbiamo organizzato su tutta l’area interessata, circa 2000 chilometri quadrati, i 7 centri operativi misti che coordinano a livello territoriale le attività in emergenza. Stiamo cercando di ricreare il tessuto sociale di una città fuori dalla città. È come se Siena o Verona in una notte fossero state sbalzate oltre le mura. È una città fatta di 106 campi con 4500 tende, di 406 alberghi, delle tante case che offrono ospitalità a chi non può ancora rientrare nella propria o non ha più un posto dove rientrare. È nostro dovere assistere e dare una risposta a tutte le persone colpite dal terremoto, al disagio degli anziani e dei bambini, che è diverso dal disagio dei disabili e dei malati. L’assistenza è gestita in una situazione che ha distrutto fisicamente quasi tutte le sedi istituzionali: l’ospedale, la prefettura, la questura, le scuole. Demolite le sedi dello Stato fisico, le sue infrastrutture, ha risposto lo Stato nella sua dimensione umana. Si guarda oltre. Il Presidente del Consiglio, che della nostra Protezione Civile è il massimo referente politico, ha dimostrato immediatamente il pieno sostegno del Governo alle popolazioni colpite, sia in emergenza, sia per la ricostruzione, e ha assunto da subito un ruolo estremamente positivo, accollandosi il compito di informare il Paese sulla situazione, i suoi sviluppi, l’azione del Governo. Ha proposto di slancio un pacchetto di interventi realistici stabiliti su un percorso chiaro, condiviso con le autorità regionali e locali e con tutti gli attori istituzionali, prima di essere trasformato in un atto di legge. Ma il Governo ha reagito anche sotto lo stimolo e la sollecitazione della società civile. Tutta l’Italia si è mobilitata in questi giorni in una gara di solidarietà che ci ha letteralmente sommerso: una pioggia incessante di offerte di ospitalità, donazioni, proposte. La sensibilità e la forza degli italiani ci hanno dato la soddisfazione di vedere uno slancio che dalla tragedia ci ha proiettati in soli sette giorni alla fase della ricostruzione. E quando anche questa emergenza sarà finita, quando vedremo tornare a casa le prime persone, dovremo fermarci a riflettere. Oggi si dibatte sulla previsione e sull’affidabilità della scienza, ma la vera questione è un’altra. Ce lo ha ricordato il Presidente della Repubblica, lo voglio ricordare anche ora: è doveroso che il nostro Paese sia chiamato, o si senta chiamato ad un comune e condiviso esame di coscienza sulla sua storia e gli errori commessi dal Dopoguerra ad oggi. Questa Italia non merita di vivere in situazioni a rischio, in costruzioni insicure e incontrollate che deturpano il territorio e minacciano le persone. È una violenza contro cui il Paese si deve mobilitare, è la nuova emergenza a cui saremo chiamati quando metteremo la parola fine a quella attuale.
Con viva cordialità.

Guido Bertolaso
Sottosegretario alla presidenza del Consiglio,
Direttore del dipartimento della Protezione Civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri

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