Guai se manca il motore della competitività

E’ un criterio che probabilmente è la regola nel settore privato – spinto dalla competizione e dalla necessità di offrire servizi e prodotti di qualità – ma è certamente l’eccezione in quello pubblico, dove non esiste selezione.

Non ho dubbi che nel mondo del lavoro – ma anche nella vita in genere – il principio selettivo debba essere quello meritocratico. A cominciare dal percorso scolastico, negli ultimi vent’anni caratterizzato da pietismo e garantismo. Dall’affermazione ipocrita “tutti devono farcela”. Quando sono convinta, al contrario, che non tutti possano farcela. Molti perché non vogliono, altri perché sono in partenza inidonei. Credo davvero che gli individui debbano essere valutati, scelti e confermati sulla base del loro merito: è per questo che, in tanti anni di attività e con tanti collaboratori formati nel mio studio legale, sono rimasti a lavorare stabilmente con me solo quelli che lo hanno davvero meritato. Dimostrandomi quotidianamente di avere non solo le competenze di base necessarie, ma soprattutto la dedizione e l’impegno che ogni lavoratore deve avere nei confronti della propria professione. Qualunque essa sia. Questo criterio, regola nel settore privato è certamente l’eccezione in quello pubblico. Dove manca il motore della competitività, non esiste alcun sistema di selezione, né di controllo. Non si prende cioè in considerazione il merito personale degli individui. Al di là della loro storia o delle loro forze…esterne. In tal senso, i casi di cronaca sono quasi quotidiani: il primario che diventa tale solo grazie al giusto appoggio politico o sponsor; il dirigente o l’amministratore pubblico che ha fatto dell’assenteismo un vero e proprio “stile” professionale; l’impiegato statale che ha ottenuto il posto, scavalcando tutte le graduatorie, solo perché è amico dell’amico…Ed è proprio questo il passaggio in cui si inceppa il meccanismo su cui è fondato il mondo del lavoro: viene vanificato il sacrificio di chi si applica, con metodo, fatica e determinazione, nello studio e nella formazione della propria preparazione; viene frustrato il rispetto delle regole, che dovrebbe essere la base e il presupposto di qualunque gruppo sociale; vengono scoraggiati l’impegno e il sacrificio di chi si prefigge obiettivi ambiziosi. E così, l’unico merito che sembra contare è quello dell’”amicizia” più potente e influente; oppure, il vittimismo sociale, il bisogno lamentato. Indipendentemente dalle effettive qualità e attitudini del singolo.

Della sua efficienza e capacità di produrre. Se chi avrebbe diritto di ottenere un determinato lavoro non lo avrà solo perché non ha la conoscenza giusta, la raccomandazione non comporta necessariamente l’incapacità di chi ha in questo modo ottenuto il posto, ma è sempre un’ingiustizia. Anche se il merito, pur non essendo stato il parametro della selezione, può esserlo nella conservazione del lavoro. Nel privato, il professionista o il dipendente che dimostri di non essere all’altezza, può essere allontanato. Nel settore pubblico non è così semplice. E’ impossibile liberarsi di un dipendente statale. Anche se scarsamente qualificato, inadeguatamente preparato, o solo svogliato e soggetto a una morbilità paradossale. Eppure, le amministrazioni pubbliche – se non altro per onorare l’impegno dei privati cittadini che contribuiscono al buon funzionamento dell’apparato statale con il pagamento delle tasse – dovrebbero avere il preciso dovere di garantire che gli impiegati pubblici si meritino lo stipendio e anche di assicurare che il servizio pubblico, per il loro tramite fornito, sia il migliore possibile in quanto a risorse umane, impegno professionale e dedizione al lavoro. Purtroppo, l’Italia è diseducata in questo: nelle famiglie non si insegna più la lealtà e l’onore della fatica. Vince l’esempio del più forte e del più potente per meriti politici o economici. Non c’è più la cultura del rigore e dell’adempimento del dovere. Non si accettano critiche e, anzi, laddove si ricevono, si è solo capaci di considerarsi perseguitati dal cattivo di turno. Per questo trovo straordinariamente interessante la riforma scolastica prevista dal Ministro dell’istruzione: ove applicata, farà tornare il merito personale – anche degli insegnanti – a essere un valore socialmente condiviso. E perseguito. Le reazioni scomposte di chi la sta ostacolando provano concretamente la sciatteria morale e l’interesse egoistico di chi vuole garantirsi – allievi e insegnanti – il raggiungimento di obiettivi interessati.

Senza sforzo e senza merito.

Annamaria Bernardini de Pace
Avvocato divorzista, giornalista e scrittrice

 

 

 

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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