I figli dei ricchi non hanno la Tv

Marina D’Amato

Tra i 3 e i 5 anni si registra una presenza di fronte allo schermo dell’87,3% mentre i più assidui sembrano essere i bambini tra gli 11 e i 13 anni (96%), e ciò nonostante la diffusione dei nuovi media ha coinvolto soprattutto gli adolescenti. A livello europeo si osserva che solo il 3% dei bambini appartenenti al ceto sociale più elevato cresce senza TV a casa

I media sono parte della vita quotidiana e costituiscono l’ambiente più familiare dei ragazzi e dei bambini. Le nuove generazioni sono nate e cresciute con la televisione accesa, e sono state testimoni e protagonisti dei grandi cambiamenti dell’audiovisivo così come dello sviluppo dell’informatica e delle sue interconnessioni con la TV e con il telefono. Per i ragazzi non esistono distinzioni tra vecchi (stampa, radio, TV) e nuovi media perché essi vivono nell’interconnessione dei mezzi da quando esistono. I media sono onnipresenti nella loro vita, e concorrono con la famiglia, la scuola e i gruppi dei pari alla loro socializzazione. La televisione, in particolare, interviene in questo processo precedendo anche la scuola, e rappresenta per la sua facilità di accesso la prima interazione extrafamiliare per la maggior parte dei bambini occidentali e delle aree del pianeta sviluppate industrialmente. L’offerta crescente di media è direttamente proporzionale alla crescita della loro fruizione, senza che ci sia obbligatoriamente un transfert da un mezzo di comunicazione di massa all’altro. I nuovi media non hanno fatto abbandonare i vecchi, ma si aggiungono a essi, così la televisione rimane il mezzo dominante, il più fruito dall’insieme dei bambini e degli adolescenti del mondo occidentale. Nello specifico caso italiano le ultime rilevazioni dell’ISTAT mettono in evidenza una crescita del consumo televisivo nell’ultimo quinquennio: se nel 2000 era il 95.3% dei ragazzi tra i 3 e i 17 anni che guardava la TV assiduamente, nel 2005 la quota dei fruitori ha raggiunto nella stessa fascia di età il 96,3%. Nello stesso periodo appare incrementata anche la frequenza con cui i ragazzi vedono la TV: il 91,7% di loro la guarda infatti tutti i giorni contro l’87,7% del 2000. Rimane una costante nel tempo il diverso consumo per fasce di età: tra i 3 e i 5 anni si registra una presenza di fronte allo schermo dell’87,3% mentre i più assidui sembrano essere i bambini tra gli 11 e i 13 anni (96%), e ciò nonostante la diffusione dei nuovi media che ha coinvolto soprattutto gli adolescenti. A livello europeo si osserva che solo il 3% dei bambini appartenenti al ceto sociale più elevato cresce senza TV a casa! Alla TV viene spesso rimproverato, essendo la forma di svago più economica, di diventare una baby sitter e, in molti casi, di sostituire i genitori stessi. Dall’incitazione alla passività all’incoraggiamento alla violenza, la lista dei malefici attribuiti alla TV è davvero lunga. Tuttavia, la televisione costituisce globalmente per i giovani, la prima forma di svago e la terza attività, in termini di economia del tempo dopo il sonno e la scuola! La facilità di accesso e la sua quasi totale gratuità, a differenza dei libri e dei videogiochi, o dei programmi di Internet, continuano a renderla molto attraente. Si può relativizzare questo dato sul tempo passato davanti allo schermo osservando che gli adulti guardano ancora di più la televisione dei bambini e che esiste una relazione positiva tra l’uso della TV degli adulti e quello dei loro figli. Inoltre l’ascolto della TV varia secondo il giorno e l’ora.

La distribuzione nel ciclo di vita scolastico rispecchia, ovviamente, la distribuzione per età. Le famiglie con bambini piccoli ricorrono agli asili sempre più spesso, probabilmente per far fronte a esigenze lavorative e a impegni sempre crescenti. Un numero sempre maggiore di bambini non va a scuola il sabato e il loro “ritorno a casa” nei giorni feriali è sempre più ritardato. Un quarto dei ragazzi studenti in Italia esce da scuola dopo le 16. Se a questo si aggiunge che i bambini devono fare i compiti, giocare e fare sport, la possibilità di fruire del mezzo televisivo va via riducendosi alle fasce del tardo pomeriggio, del preserale e della prima serata. Se questo è particolarmente vero per il ciclo delle elementari, si registra un aumento di tendenza anche per le scuole medie inferiori. Le diverse attività che caratterizzano il tempo libero dei bambini e degli adolescenti occupano in media in Italia 4 ore e 36 minuti e i dati fanno emergere come guardare la TV si confermi come attività prevalente della fascia di età 5-13 (dal 2002 è passata dal 26% al 31%), anche lo studio è cresciuto di ben quattro punti nello stesso periodo e si attesta come seconda attività al 20%, ciò a discapito dell’“uscire” (16%) del “giocare a casa” (12%), del “giocare fuori casa” (7%) del “fare sport” (6%), dei “videogame” (4%) del “computer” (2%), del “leggere giornalini” (1%) e “leggere libri” (1%). La tenuta e l’egemonia della televisione è valida anche se si osserva il suo ruolo nelle diverse stagioni: autunno e primavera. Dal confronto tra i due periodi si evince, infatti, come al di là delle evidenti differenze legate alla “bella stagione”, la fruizione della televisione non risenta di questo effetto, dimostrando indipendenza e incisività statistica. Significative variazioni si registrano, invece, nelle performance medie della TV satellitare, che rispetto al 2003, per esempio, raddoppia, se non addirittura triplica, le proprie medie di ascolto rispetto alla fascia dei bambini e dei ragazzi. Tale incremento si registra, seppure in forma più contenuta, anche nella variazione stagionale. Ciò concorre evidentemente a rafforzare l’opinione degli addetti ai lavori che la TV satellitare, per sua natura molto targhettizzata, ben si adatti alle esigenze di sicurezza e di protezione dei minori, soprattutto nelle fasce in cui la TV svolge un ruolo di baby sitter. Dall’indagine richiamata si osserva come il comportamento di ascolto del mezzo televisivo nelle diverse fasce orarie dichiarato dai bambini e dai ragazzi intervistati non abbia differenze significative nelle due diverse stagioni prese in considerazione. Il momento di massimo ascolto si registra, infatti, nella fascia oraria 20-21, seguito dalla fascia pomeridiana 16-17 (rispettivamente: autunno 61% e primavera 64% e 43% e 44%). Diversamente dai giorni feriali, nel fine settimana il consumo dichiarato di televisione subisce un significativo effetto legato alla stagionalità. In autunno, infatti, l’ascolto nelle fasce pomeridiane dalle 14 alle 19 è sensibilmente maggiore (35% a fronte di 31%). Anche nel fine settimana la fascia di massimo ascolto è quella che va dalle 20 alle 21 (49%). Nei momenti di massimo ascolto si riscontra che la fruizione del mezzo da parte dei bambini è accompagnata dalla presenza di un adulto, sia nei giorni feriali che in quelli festivi (84% e 87% dei casi) a sfatare un luogo comune concernente la solitudine e l’abbandono dei bambini davanti alla TV. Si osserva, infatti, che i bambini approcciano lo schermo da soli o in compagnia di coetanei prevalentemente nelle ore pomeridiane durante i programmi loro dedicati. Ciò è tanto più vero nei giorni feriali che in quelli festivi, per la intuitiva ragione di una minore probabilità di presenza dei genitori nei giorni lavorativi. Se si osserva l’offerta televisiva per generi di prodotto si nota un forte interesse in ordine decrescente verso: i cartoni animati, i film, i quiz e i giochi, e i programmi umoristici. Analizzando il gradimento dei generi per sesso si evince che mentre i maschi sono più attratti da un’offerta legata allo sport, le femmine lo sono di più verso la fiction, l’intrattenimento e i talk. Dalle più recenti classifiche per gradimento emergono sulla concorrenza i prodotti RAI, tra i cartoni quelli di Walt Disney e tra i programmi per bambini Art attack, tutto ciò a conferma della scelta di “qualità” che i più giovani compiono quando ne hanno la possibilità. La preferenza accordata alla programmazione RAI può essere messa in relazione agli obiettivi e ai vincoli strategici imposti dal contratto di servizio e dal codice di autoregolamentazione TV e minori per cui è destinata ai bambini e ai ragazzi una quota del 10% della programmazione realizzando «prodotti i cui contenuti rispondono a criteri di responsabilità e rispetto della dignità dei minori, evitando pertanto la messa in onda di programmi contenenti scene di violenza gratuita o episodi che possono creare loro angoscia, terrore o turbamento», tendendo a un continuo miglioramento della qualità dei programmi per i minori stessi e tenendo conto delle esigenze e delle sensibilità della prima infanzia e dell’età evolutiva specialmente nella fascia di programmazione “protetta”, implementando conoscenze e supportando la famiglia e i bambini nel processo formativo educativo dei minori. La radio, mezzo di comunicazione che fa parlare molto meno di sé, ha un certo peso nel mondo degli adolescenti, una recente ricerca in Francia mette bene in evidenza come il 95% dei ragazzi tra i 15 e i 19 anni accendano la radio almeno una volta al giorno, contro l’86% della TV. Il computer, invece che rivaleggiare con i media precedenti, conosce una rapida evoluzione, ma il suo utilizzo nonostante la crescita esponenziale è ancora minoritario, soprattutto quando non lo si usa per giocare. In definitiva, i ragazzi ci vivono negli audiovisivi: computer, videogiochi, televisione, cinema, radio, stampa, telefonini sembrano essere lo scenario e il territorio della loro vita.

Una questione aperta e importante è quella della complementarietà dei ruoli di queste tecnologie con la famiglia e con la scuola, sia per l’apprendimento delle conoscenze, sia per la trasmissione dei valori. Ciò presuppone la necessità di analizzare non solo gli effetti dei media sui giovani, ma soprattutto l’uso che fanno i giovani dei media. Come è stato ben sintetizzato agli inizi degli anni Sessanta da W. Schramm in relazione alla supposta corrispondenza dell’esposizione al video e i comportamenti: «è chiaro che per comprendere l’impatto e l’effetto della televisione sui bambini, dobbiamo eliminare la prospettiva poco feconda di analisi di ciò che la televisione fa ai bambini sostituendogli un altro punto di vista: quello che i bambini fanno con la televisione». È ovunque constatato che la presenza dei bambini favorisce gli acquisti delle famiglie, soprattutto, oggi, quelli elettronici e di comunicazione. La consolle per i videogiochi e il computer sono strumenti che sempre più spesso entrano nelle case degli italiani. Le analisi di mercato mettono in evidenza, infatti, che le famiglie con bambini sono provviste di più tecnologie di quelle senza figli. Tuttavia esistono differenze notevoli secondo i livelli socioculturali di appartenenza che incidono più di quelli strettamente economici sull’acquisto e l’uso dei media. Un’indagine di livello europeo realizzata nell’ambito dell’inchiesta Himmelweit mette bene in evidenza come le famiglie più agiate posseggono un computer, mentre la consolle per i videogiochi è più diffusa negli ambienti più sfavoriti. Il telefono e la televisione sono meno discriminanti socialmente poiché la maggior parte delle famiglie li possiede anche se il numero di televisori per famiglia risulta inversamente proporzionale al reddito: le famiglie più sfavorite economicamente posseggono infatti più televisori di quelle più abbienti. Le indagini europee mettono in evidenza che i bambini e i ragazzi più svantaggiati hanno più spesso la TV in camera di quelli economicamente più favoriti. Mentre è inversa la situazione per il telefono. Anche l’uso dei diversi media è in funzione di questa stessa variabile sociale. La pratica dei videogiochi e l’ascolto della radio risultano infatti equamente fruiti indipendentemente dall’ambiente sociale delle famiglie di appartenenza, mentre il computer è più diffuso negli ambienti socioeconomici più elevati. Ma anche in questo ultimo caso l’uso che si fa del computer non è lo stesso per tutti: la funzione ludica è più fruita in ambienti socioeconomici bassi e la funzione educativa più diffusa in quelli alti. Quanto alla televisione, sebbene fruita da tutti i ragazzi, il suo uso risulta più diffuso tra i “figli” della “classe operaia che tra quelli dei professionisti e funzionari che hanno più facilmente accesso ad altre forme di svago. Anche l’ascolto risulta differenziato: i ragazzi più sfavoriti sarebbero più attratti da programmi di evasione e quelli più avvantaggiati da trasmissioni informative ed educative. Il consumo dei media differisce sensibilmente a seconda del genere maschile e femminile. I ragazzi giocano molto di più con i videogiochi e anche la pratica del computer sembra essere più appannaggio maschile. Le ragazze sembrano più attente alla musica, e dai dati risulta che ascoltano più dei loro coetanei la radio, fanno più uso di cd e la scelta dei loro programmi preferiti alla TV è molto diversa da quella dei “maschi”. Parlano anche molto di più al telefono e per ragioni diverse da quelle dei loro coetanei. Se il tempo che passano davanti alla TV è più o meno analogo a quello dei ragazzi, la scelta dei programmi è molto diversa. Le ragazze preferiscono la fiction, soprattutto serial e sit com, mentre i ragazzi preferiscono cartoni animati e programmi sportivi. In definitiva anche nel caso italiano vale la tesi avanzata a livello europeo dalle due ricercatrici francesi Pasquier e Jouet: esistono due grandi ambiti mediatici: uno femminile che orbita intorno al telefono e alla radio, e uno maschile che è più attratto dallo schermo dei videogiochi e del computer. I media diventano così l’occasione di pratiche in cui si iscrivono le differenze di genere che non si manifestano nel fatto di utilizzare o meno i mezzi di comunicazione di massa, poiché sia i ragazzi che le ragazze ricorrono a tutti i mezzi, ma è nelle loro modalità d’uso che si organizzano con intensità e tempi diversi intorno a preferenze su contenuti differenti.

Marina D’Amato
Presidente del Centro Nazionale   di Documentazione e Analisi   per l’Infanzia e l’Adolescenza
Professore ordinario, Facoltà scienze    della formazione, Università Roma 3

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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