Intelligenze lasciate al nemico

L’educazione alla legalità è entrata a pieno titolo nei progetti di formazione scolastica ed è la sponda indispensabile per la cura del disagio minorile. Ma si incontrano molte difficoltà a parlare di rispetto delle regole. è per questo che Giovanni Falcone soleva dire “per vincere la mafia servirebbe sì un esercito ma di maestri elementari!”

Il problema dell’evasione è strettamente connesso con il tema dell’educazione alla legalità: sono come due ruote di una stessa bicicletta. Non possono camminare separatamente. La nostra città è pervasa di illegalità. La camorra ha i suoi figli che frequentano le scuole insieme ai nostri. Molti dei giovani rampolli di capi clan potrebbero essere dei veri e propri imprenditori tanto sono capaci di gestire piazze di spaccio ed intere organizzazioni criminali. è per questo che dobbiamo riflettere sul fatto che ogni ragazzo che interrompe la frequenza scolastica è una intelligenza lasciata al nemico che, diversamente da noi, farà di tutto per completare la formazione all’illegalità di quel minore. Pensate che il Cimitero delle Fontanelle era il luogo deputato a saggiare il coraggio di bambini di otto, nove o dieci anni, i quali venivano lasciati da soli, in quel luogo pieno di teschi e di ossa umane in uno scenario davvero sinistro, al solo scopo di verificare se riuscivano a trascorrere l’intera notte senza piangere: questa era la prova che potevano essere assoldati nelle fila della camorra. Dico questo perché a mio avviso noi non siamo ancora in grado di sfruttare appieno gli strumenti che abbiamo e le nostre professionalità.

Il Tribunale per i Minorenni si occupa, come è noto, per la maggior parte delle sue competenze, di controllare l’esercizio della potestà genitoriale ed interviene a sostenere, indirizzare e correggere le capacità educative nell’ambito della famiglia o, addirittura, a sostituire il contesto familiare di un minore se quello di origine è abbandonico o pericoloso per lo sviluppo del minore, o insufficiente ai bisogni di sviluppo di un minore. I destinatari, pertanto, dei provvedimenti del TM sono esclusivamente i genitori poiché ad essi fa capo essenzialmente il dovere di educare e mantenere la prole. La famiglia, in quanto primo nucleo di aggregazione di persone, è caratterizzato da una forte coesione e spesso da una vera e propria impenetrabilità. Sicchè non è sempre facile verificare se taluni genitori siano in grado di provvedere ai bisogni educativi dei propri figli o se questi ultimi corrano gravi pericoli all’interno della famiglia. Per tale motivo il nostro ordinamento prevede all’art. 9 della L. 184/83 la facoltà per chiunque di segnalare all’autorità pubblica (cioè SS, ASL, Comuni, ecc e Procure minorili) di abbandono di minori e, addirittura, l’obbligo per i pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico esercizio e gli esercenti di un servizio di pubblica necessità di riferire al più presto al procuratore della Repubblica presso il T.M. del luogo in cui si trova il minore sulle condizioni di ogni minore che si trovi in condizioni di abbandono per cui vengano a conoscenza in ragione del proprio uffici. La norma parla di abbandono ma tale termine non sta ad indicare soltanto un minore privo della sua famiglia, quanto piuttosto un minore che sia privo di una adeguata assistenza materiale e morale (così A. C. Moro), cioè quando a quel minore manchino le cure che gli sono indispensabili per crescere sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. In pratica la valutazione circa l’abbandono, che – occorre sottolineare – è di stretta competenza dell’AG minorile, parte essenzialmente dai bisogni del minore e non dalle capacità dell’adulto che ne è responsabile. Nel concetto di abbandono, inteso in tal senso, vanno pertanto incluse tutte quelle situazioni di maltrattamento, abuso o pericolo in cui versi un minore nell’ambito della sua famiglia.

Al di là della funzione formativa della scuola che non può e non deve assolutamente mettersi in dubbio, mi interessa sottolineare che la scuola è un osservatorio privilegiato per valutare lo sviluppo di un minore e per verificare se questo è esposto a situazioni di abbandono o addirittura a pericoli per la sua incolumità psicofisica. La scuola, infatti, è il secondo contesto sociale, dopo la famiglia, in cui un minore viene inserito e, rispetto al primo, è molto meno impenetrabile. La scuola, inoltre, ha occasione di incontrare i genitori e di osservare il bambino insieme a questi, di osservare perciò il tipo di relazione tra il bambino ed i genitori. Spesso la scuola conosce già la famiglia per aver accolto un fratello più grande. E’ perciò alla scuola, agli insegnanti, ai bidelli, ai presidi (ma anche ai medici, agli infermieri, e soprattutto agli assistenti sociali) che questa norma rivolge il suo appello per ottenere la denuncia di abbandono ovvero di quella carenza di cure che mette in pericolo lo sviluppo di ogni minore. In questi ultimi anni si è fatto un gran parlare di abuso e di maltrattamento. L’entrata in vigore di nuove norme in tema di violenza sessuale e di maltrattamento familiare ha stimolato molto le coscienze degli operatori sociali e scolastici e finalmente si è ottenuto che spesso proprio da una prima segnalazione scolastica si è attivata l’indagine che ha portato poi ad indagini penali e ad allontanamenti di minori abusati e maltrattati dalla loro famiglia per essere inseriti in programmi di protezione e di cura. Purtroppo, però, le segnalazioni che in TM pervengono dalla scuola con riferimento ad un più generico disagio minorile sono pochissime e quelle poche che arrivano si riferiscono in gran parte a minori che con i loro comportamenti devianti o la loro aggressività recano grave disturbo al sereno svolgimento delle lezioni o pericolo per gli altri studenti o gli insegnanti. Certo simili condotte sono sintomo di disagio ed in quanto tali vanno assolutamente prese in considerazione da parte del TM. Quello che però mi preme sottolineare è che in tali segnalazioni sembra assente lo scopo che la norma prevista dall’art. 9 L. 184/83 si prefigge: attivare il controllo sull’esercizio della potestà e sul contesto familiare di quei minori. Spesso, infatti, la denuncia del disagio è sottesa ad ottenere che il minore venga allontanato dal contesto scolastico piuttosto che ad attivare percorsi di sostegno del minore a rischio e della sua famiglia come invece prevede l’art. 1 della L. 184/83. La norma di cui sto parlando, invece, richiede che ogni sintomo di disagio, in quanto indice di abbandono, venga portato a conoscenza di coloro che operano nella rete a sostengo dell’infanzia e dell’adolescenza.

L’evasione dell’obbligo scolastico è uno dei principali sintomi del disagio minorile e di situazioni di rischio, ma accanto a questo vanno certamente annoverati altri sintomi come l’aggressività tra pari, fenomeni di bullismo, danneggiamenti degli arredi scolastici, sottrazioni di beni di insegnanti o di altri alunni e così via. Ma anche l’evasione scolastica di un fratello più grande, o la detenzione di un genitore o la separazione tra i genitori possono costituire indici di rischio che conviene assolutamente non trascurare. La tempestiva segnalazioni di tali fenomeni permette, se opportunamente accolta da parte del SS, l’attivazione di una indagine psico-sociale e l’offerta al minore ed alla famiglia di sostegni mirati sui bisogni di sviluppo di quel minore come appunto prevede l’art. 1 della L. 184/83 e tutte le altre norme in tema di assistenza. E’ la diagnosi precoce del disagio minore l’unica chance che abbiamo per interrompere una spirale diseducativa che rischia di divenire, altrimenti, tanto condizionante del minore e tanto compatta da non permettere alcuna apertura a modelli diversi da quelli familiari. Il bambino aggressivo messo al bando in un contesto scolastico diventerà sempre più aggressivo ed isolato fino ad esserne inconsapevolmente espulso, mentre un’attenta analisi del contesto familiare e dei modelli familiari potrebbe permettere di disinnescare l’aggressività, di fargli sperimentare nuovi modelli di comportamento e di fagli apprezzare quanto un diverso modo di comportarsi possa giovare soprattutto a se stesso. Certo non è facile! Ma certo è più facile sostenere una famiglia o un genitore quando il disagio del bambino si è appena manifestato piuttosto che quando quel bambino è a sua volta vittima dell’emarginazione scaturita per reazione alla sua aggressività. Gli stessi operatori sociali sono visti con maggior tolleranza se propongono soluzioni miti piuttosto che interventi di tutela estrema come ad es. un collocamento in una casa famiglia. I bambini stessi guardano con maggior fiducia agli insegnanti ed agli operatori sociali se le proposte di cambiamento sono di lieve impatto rispetto a quanto possano fare quelli ormai avvezzi prematuramente a regole antisociali. Sono cose piuttosto ovvie! Ma gli insuccessi che registriamo sono ancora troppi. Vuol dire che non lavoriamo bene. Forse non lavoriamo con la dovuta professionalità.

Le nostre energie vengono assorbite dai casi più gravi e gli interventi troppo spesso sono inefficaci soprattutto perché tardivi. Come si può pensare di convincere un tredicenne a frequentare la scuola se nella sua vita scolastica quel ragazzo ha accumulato emarginazione e frustrazioni? Come si può fargli comprendere che la frequenza scolastica è un suo diritto ed è anche una occasione di socializzazione se fino a quel momento ha sentito solo il peso del dovere della frequenza e se la forma di socializzazione che lui conosce è solo quella che contempla un pubblico per le sue bravate? Se poi passiamo a considerare il tema della legalità e della educazione alla legalità entrata a pieno titolo nei progetti di formazione scolastica e sponda indispensabile per la cura del disagio minorile, non possiamo non considerare quali e quante difficoltà si incontrino a parlare di rispetto delle regole non solo a chi le viola ma anche a chi subisce le condotte aggressive, le arroganze e le prepotenze in un contesto scolastico, quando tali condotte devianti non hanno trovato puntuale risposta in chi è deputato a correggerle. è per questo che Giovanni Falcone soleva dire “per vincere la mafia servirebbe sì un esercito ma di maestri elementari!” ed io aggiungerei e di assistenti sociali. Per concludere la diagnosi precoce dell’evasione scolastica e più in generale del disagio minorile sembra l’unico strumento rendere efficaci interventi che altrimenti resterebbero del tutto inadeguati allo scopo di permettere ad ogni minore non solo di frequentare la scuola ma anche di esercitare un suo vero e proprio diritto tutelato costituzionalmente al pari di altri fondamentali diritti della personalità : il diritto allo studio; il diritto ad un sano sviluppo della personalità. Senza il rispetto di tali diritti non si può neppure parlare di legalità. è questa è un’altra cosa ovvia.

Maria Teresa Rotondaro
Magistrato tribunale per i minori di Napoli

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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