La democrazia dell’acqua

Quelli alle risorse idriche sono diritti di usufrutto. L’acqua può essere utilizzata ma non posseduta. Gli esseri umani hanno il diritto alla vita e alle risorse che la sostengono, e tra queste c’è l’acqua. Il suo essere indispensabile alla vita è il motivo per cui il diritto ad accedervi è stato accettato come un fatto naturale, sociale

Oggi ci troviamo di fronte a una crisi planetaria dell’acqua, che minaccia di aggravarsi nei prossimi decenni. L’economia globalizzata sta cambiando la definizione di acqua da bene pubblico a proprietà privata, una merce che si può estrarre e commerciare liberamente. L’ordine economico globale chiede la rimozione di tutti i vincoli e le normative sull’uso dell’acqua e l’istituzione di un mercato di questo bene. I sostenitori del libero commercio dell’acqua vedono i diritti di proprietà privata come unica alternativa alla libertà statale e i liberi mercati come il solo sostituto alla regolamentazione burocratica delle risorse idriche. Più di qualsiasi altra risorsa, l’acqua deve rimanere un bene pubblico e necessita di una gestione comune. In effetti, in gran parte delle società, ne è esclusa la proprietà privata. Testi antichi come le Institutiones di Giustiniano indicano che l’acqua e altre fonti naturali sono beni pubblici: “Per legge di natura questi elementi sono comuni a tutta l’umanità: l’aria, l’acqua dolce, il mare, e quindi le sponde del mare”. In paesi come l’India, lo spazio, l’aria, l’acqua e l’energia sono tradizionalmente considerati esterni ai rapporti di proprietà. Nelle tradizioni islamiche, la Sharia, che originariamente connotava il “cammino verso l’acqua”, fornisce la base fondamentale per il diritto all’acqua. Gli stessi Stati Uniti hanno avuto molti sostenitori dell’acqua come bene comune. “L’acqua è un elemento mobile, itinerante, e deve pertanto continuare a essere un bene comune per legge di natura”, scriveva William Blackstone, “così che io posso averne solo una proprietà di carattere temporaneo, transitorio, usufruttuario”. Con la globalizzazione e la privatizzazione delle risorse idriche, si rafforza il tentativo di erodere completamente i diritti dei popoli e rimpiazzare la proprietà collettiva con il controllo delle grandi aziende. II fatto che al di là dello stato e del mercato esistano comunità di persone in carne e ossa con bisogni concreti è qualcosa che nella corsa alla privatizzazione è spesso dimenticata.

Diritti idrici e diritti naturali – In tutto il mondo, nel corso della storia, i diritti idrici hanno assunto la loro forma prendendo in considerazione contemporaneamente i limiti degli ecosistemi e le necessità della popolazione. Il fatto che la radice del termine urdu “abadi”, insediamento umano sia ab, acqua, riflette lo sviluppo di insediamenti umani e civiltà lungo i corsi d’acqua. La dottrina del diritto ripario – il diritto naturale all’uso dell’acqua da parte degli abitanti che fanno capo per il sostentamento a un determinato sistema idrico, soprattutto un sistema fluviale – nasce anch’essa da questo concetto di ab. Storicamente, quello relativo all’acqua è sempre stato trattato come un diritto naturale – un diritto che deriva dalla natura umana, dalle condizioni storiche, dalle esigenze elementari e dalle idee di giustizia. I diritti all’acqua come i diritti naturali non nascono con lo stato: scaturiscono da un dato consenso ecologico all’esistenza umana. In quanto diritti naturali, quelli dell’acqua sono diritti di usufrutto; l’acqua può essere utilizzata ma non posseduta.
Gli esseri umani hanno il diritto alla vita e alle risorse che la sostengono, e tra queste c’è l’acqua. Il suo essere indispensabile alla vita è il motivo per cui, secondo le leggi consuetudinarie, il diritto ad accedervi è stato accettato come un fatto naturale, sociale: “Il fatto che il diritto all’acqua sia presente in tutte le legislazioni antiche, comprese le nostre dharmasastra e le leggi islamiche, e il fatto che tali norme continuino a sussistere come leggi consuetudinarie nell’epoca moderna, contraddicono l’idea che quelli sull’acqua siano diritti puramente giuridici, ossia garantiti dallo stato o dalla legge”. (Chattarpati Singh, Water and law).

Diritti ripari – I diritti ripari, basati su concetti come il diritto usufruttuario, la proprietà comune e il ragionevole uso, hanno guidato gli insediamenti umani in tutto il mondo. In India, i sistemi ripari, esistono da tempo immemorabile lungo l’Himalaya. Il famoso Grand Anicut (canale) sul Kaveri presso il fiume Ullar risale a mille anni fa ed è ritenuta la più grande struttura idraulica di controllo del flusso di un fiume esistente in India. è ancora in funzione. Nel nord-est, vecchi sistemi ripari noti come dong governano l’uso dell’acqua. Nel Maharashtra, le strutture di conservazione erano note con il nome di bandhara. Anche i sistemi ahar e pyne di Bihar, in cui un canale di inondazione non arginato (pyne) trasferisce l’acqua da un corso a un bacino di raccolta (ahar), rappresentano l’evoluzione di un concetto ripario. A differenza dei canali Sone costruiti dai britannici, che non hanno saputo andare incontro alle esigenze della popolazione, gli ahar e i pyne continuano a fornire acqua ai contadini. Negli Stati Uniti i sistemi ripari sono stati introdotti dagli spagnoli, che li avevano portati con sé dalla penisola iberica. Questi sistemi sono stati adottati in Colorado, New Mexico e Arizona, oltre che negli insediamenti orientali.

I principi della democrazia dell’acqua – Quelli che seguono sono nove principi che stanno alla base della democrazia dell’acqua:
1. L’acqua è un dono della natura. – Noi riceviamo l’acqua gratuitamente dalla natura. è nostro dovere nei confronti della natura usare questo dono secondo le nostre esigenze di sostentamento, mantenerlo pulito e in quantità adeguata. Le deviazioni che creano regioni aride o allagate violano il principio della democrazia ecologica.
2. L’acqua è essenziale alla vita. – L’acqua è la fonte della vita per tutte le specie. Tutte le specie e tutti gli ecosistemi hanno il diritto alla loro quota di acqua sul pianeta.
3. La vita è interconnessa mediante l’acqua. – L’acqua connette tutti gli esseri umani e ogni parte del pianeta attraverso il suo ciclo. Noi tutti abbiamo il dovere di assicurare che le nostre azioni non provochino danni ad altre specie e ad altre persone.
4. L’acqua deve essere gratuita per le esigenze di sostentamento. – Poiché la natura ci concede l’uso gratuito dell’acqua, comprarla e venderla per ricavarne profitto viola il nostro insito diritto al dono della natura e sottrae ai poveri i loro diritti umani.
5. L’acqua è limitata ed è soggetta a esaurimento – L’acqua è limitata e può esaurirsi se usata in maniera non sostenibile. Nell’uso non sostenibile rientra il prelevarne dall’ecosistema più di quanto la natura possa rifonderne (non – sostenibilità ecologica) e il consumarne più della propria legittima quota ai danni del diritto degli altri a una giusta parte (non – sostenibilità sociale).
6. L’acqua dev’essere conservata – Ognuno ha il dovere di conservare l’acqua e usarla in maniera sostenibile, entro limiti ecologici ed equi.
7. L’acqua è un bene comune – L’acqua non è un’invenzione umana. Non può essere confinata e non ha confini. è per natura un bene comune. Non può essere posseduta come proprietà privata e venduta come merce.
8. Nessuno ha il diritto di distruggerla – Nessuno ha il diritto di impiegare in eccesso, abusare, sprecare o inquinare i sistemi di circolazione dell’acqua. I permessi di inquinamento commerciabili violano il principio dell’uso equo e sostenibile.
9. L’acqua non è sostituibile – L’acqua è intrinsecamente diversa da altre risorse e prodotti. Non può essere trattata come una merce.

Le guerre dell’acqua”. ed. Feltrinelli – www.nuovimondimedia.it

Vandana Shiva
Fisica ed economista indiana, tra i massimi esperti internazionali di economia sociale, attivista politica e ambientalista, ha ricevuto il Nobel alternativo per la pace nel 1993.
Scienziata e filosofa indiana, direttrice di importanti istituti di ricerca e docente nelle istituzioni universitarie delle Nazioni Unite

Massimiliano Fanni Canelles

Viceprimario al reparto di Accettazione ed Emergenza dell'Ospedale ¨Franz Tappeiner¨di Merano nella Südtiroler Sanitätsbetrieb – Azienda sanitaria dell'Alto Adige – da giugno 2019. Attualmente in prima linea nella gestione clinica e nell'organizzazione per l'emergenza Coronavirus. In particolare responsabile del reparto di infettivi e semi – intensiva del Pronto Soccorso dell'ospedale di Merano. 

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