Sfruttamento senza regole

La conferenza di Copenaghen sul cambiamento climatico é stata impostata inizialmente solo sulla riduzione delle emissioni di gas serra e quindi sull’uso di risorse energetiche non rinnovabili trascurando i problemi sociali collegati al cambiamento climatico fra cui le disuguaglianze, gli effetti della virtualizzazione dell’economia e la sua crisi mondiale che riduce le risorse finanziarie per il cambiamento del modo di produrre.

Una delle caratteristiche proprie del nostro tempo é la tendenza alla frammentazione, caratteristica dei sistemi rigidi in momenti di crisi. La frammentazione agisce a livello sociale e crea un aumento continuo dei conflitti. Ma é presente anche a livello concettuale, perché é prevalsa una visione meccanica del Mondo: lo immaginiamo costituito da pezzi indipendenti, modificabili a volontà uno ad uno e poi assemblati dagli esseri umani secondo i loro progetti. Per questo tendiamo ad affrontare solo pezzi della realtà, dimenticandoci delle relazioni con gli altri “pezzi” e non curandoci in alcun modo delle dinamiche intrinsecamente imprevedibili dei processi. Questo atteggiamento é presente a livello globale e ci porta, in questo momento storico, a considerare come non collegate fra loro le quattro crisi che stiamo affrontando: ambientale, sociale, energetica ed economica. Ciò rende frammentaria ed inefficace lo nostra risposta. Diveniamo facilmente governabili dai poteri forti mondiali, i quali, invece, una visione d’insieme la possiedono, per quanto alienata e pericolosa per la nostra stessa sopravvivenza, e sanno come muoversi. Quanto avvenuto a Copenaghen ne è dimostrazione e chiarisce come il cambiamento climatico non possa essere affrontato se non si tengono presenti le spaventose divisioni fra Paesi ricchi e Paesi poveri, le disuguaglianze crescenti all’interno di essi e la “virtualizzazione” dell’economia globale, sempre meno legata alla produzione di beni e servizi. Non a caso, l’ostacolo maggiore al raggiungimento di un accordo reale sulla mitigazione del cambiamento globale é la richiesta dei Paesi poveri di aiuto, soprattutto in termini di ricerca e tecnologia, in cambio di un rallentamento dello sviluppo e, in particolare, di quello vorticoso dei grandi Paesi emergenti. In realtà, tutte e tre le crisi, economica, ambientale e sociale, sono intimamente legate e derivano dal distacco progressivo dell’umanità dalla visione ormai antiquata dell’economia quale motore del bene-essere derivante dalla soddisfazione dei bisogni reali umani.

Appare ovvio, infatti, che il cambiamento climatico globale deriva dall’utopia meccanica delle rivoluzioni industriali, tesa alla costruzione di un mondo meccanico tutto ottimizzato a nostro favore. Un mondo non condizionato dalle possibili conseguenze del nostro agire a medio e lungo termine derivanti dalle interazioni delle nostre azioni con il Mondo non umano, vivente e non vivente. È evidente che occupazione e sfruttamento senza regole delle risorse del Pianeta hanno condotto al cambiamento climatico, inasprito dalla diffusione di opere ed attività umane, come annunciato tanto tempo fa dal Club di Roma. È questa stessa ideologia, connotata dal tema della crescita continua di “materia trasformata in prodotto e merce” che ha provocato la virtualizzazione dell’economia, sempre meno reale e sempre più monetaria. In altre parole, gli innumerevoli fattori che limitano l’aumento della produzione hanno determinato la sostituzione, nelle dinamiche economiche, della produzione stessa con la moneta scambiata nei mercati finanziari e nelle borse di tutto il mondo. Un dato recente ci dice, infatti, che lo scambio di danaro può essere stimato di 120 miliardi di dollari per il PIL, unico indicatore di un qualche legame della moneta con le merci, ma é di 1700 miliardi nelle borse e nei cambi e di ben 5600 miliardi di dollari per i puri scambi finanziari. Secondo Jean Paul Fitoussi, una delle ragioni fondamentali per cui la produzione non riesce a crescere sufficientemente per aumentare continuamente il PIL é la disuguaglianza crescente all’interno dei Paesi e fra di loro, che esclude fasce sempre più grandi di popolazione dal mercato reale (un miliardo di persone ha un reddito sotto il livello minimo di sussistenza). Il limite alla crescita ed allo sviluppo viene superato sempre di più in modo virtuale dal dinamismo finanziario e, contemporaneamente, dall’aumento dell’“economia canaglia” (Loretta Napoleoni), basata su fattori di male-essere come droga, prostituzione, ecc. In un periodo in cui l’umanità sembra essersi dimenticata di essere fatta di materia viva e crede, invece, di essere misure che recuperino il senso della realtà e facciano fronte ai problemi veri e materiali della disuguaglianza, della fame, della carenza delle risorse fondamentali (il capitale naturale, fatto dei quattro elementi fondamentali, aria, acqua, suolo, fuocoenergia) e degli effetti dell’ideologia meccanica di ottimizzazione/ umanizzazione del Pianeta.

È in questo quadro che si situa la Conferenza di Copenaghen sul cambiamento climatico, la quale, non a caso, é stata impostata solo sulla riduzione delle emissioni di gas serra, derivante dall’uso di risorse energetiche non rinnovabili. Trascurati i problemi sociali collegati al cambiamento climatico, fra cui le disuguaglianze, gli effetti della virtualizzazione dell’economia, la crisi che riduce le risorse finanziarie per il cambiamento del modo di produrre, e anche la necessità di lavorare fin da ora per la mitigazione, al fine di contenere l’aumento di temperatura. Ma anche di mettere in atto, da subito, politiche di adattamento al cambiamento globale, che comunque arriverà. Finora, nelle trattative, non si é nemmeno tenuto presente il fatto che il cambiamento si stia intensificando in modo imprevedibile. Gli ultimi studi sull’argomento ci indicano chiaramente che l’aumento di due gradi, considerato comunemente la soglia di pericolo, è già stato toccato. Non si è tenuto neppure conto della disuguaglianza del cambiamento climatico stesso, più incisivo sui Paesi in via di sviluppo per ragioni fisiche, oltre che economiche. Proprio le nazioni che mostrano, in questo momento, un tasso di sviluppo dell’economia reale superiore a quello degli altri. È veramente difficile, quindi, chiedere proprio alle Nazioni emergenti che si pieghino ad un rallentamento del loro sviluppo per colpa dei Paesi che, dello sviluppo stesso, hanno già beneficiato e sono i veri responsabili dell’attuale situazione critica. Anzi, devo dire che le richieste dei Paesi emergenti sono ancora troppo deboli, nel senso che non viene chiesta una revisione delle norme dell’Organizzazione Mondiale del Commercio (WTO), essenziale per moderare la potenza delle grandi multinazionali e permettere uno sviluppo reale meno costoso ai Paesi poveri. Non a caso, da questi giungono voci come quella di Vandana Shiva, addirittura contraria alle attuali proposte di accordo, se queste non tengono conto della necessità impellente di modifica dell’attuale situazione. Non v’é dubbio, secondo me, che condizione primaria di un qualche successo di Copenaghen sia che ognuno dei Paesi contribuisca a fornire ai Paesi poveri i mezzi per affrontare il cambiamento risarcendoli, in qualche modo, dai danni che una crescita senza limiti ha provocato.

Le opinioni pubbliche dei Paesi sviluppati dovrebbero modificarsi ed il cambiamento potrebbe avvenire solo se i governi del Mondo chiarissero, una volta per tutte, la pericolosità di quanto sta succedendo e la necessità di un cambiamento della Società. Un cambiamento che unisca maggiore giustizia ad un ritorno all’economia reale e ad un controllo effettivo di quella virtuale. Impossibile se anche all’interno dei singoli Paesi non diminuiscono i dislivelli sociali e non si combatte realmente la criminalità mondiale, sempre più presente sull’economia virtuale. Contro questo grande cambiamento, e contro il ritorno ad un’economia diretta a produrre bene-essere reale e sostenibile, che riduca i danni provocati dal cambiamento climatico, si muovono forze molto potenti, basate sulla concezione comune che un essere umano é ricco non perché produce beni e servizi utili al benessere, ma soltanto perché possiede denaro. Come le persone più ricche del mondo, Bill Gates e, nel suo piccolo, Silvio Berlusconi. Uno dei modi per avvicinarci ad una mutazione così rilevante è quello di affermare all’unanimità che “il re é nudo”, mettendo insieme nozioni e concetti, contrastando la disseminazione di informazioni in parte vere ed in parte false, basate sugli “scoop”. Questi fanno riflettere su una cosa alla volta e non sull’intreccio delle dinamiche dei sistemi viventi e non viventi del nostro Pianeta. Per fare qualche esempio, dobbiamo premettere che, in questo secolo, il nostro Paese sarà in gran parte desertificato; la diversità naturale di piante ed animali sta diminuendo ad una velocità diverse centinaia di volte differente da quella delle epoche precedenti; sul nostro territorio dell’Europa del Sud transiteranno presto da 250 milioni ad un miliardo di persone in cerca di cibo ed acqua; già ora, in Africa, il numero di conflitti originati dalla fame e dalla sete stanno aumentando esponenzialmente; i dati recenti hanno almeno raddoppiato la spesa prevista per il contenimento (non l’eliminazione) dell’aumento della temperatura; una serie di malattie africane arriverà inevitabilmente da noi; i nostri ecosistemi saranno violentemente modificati dalle specie invasive; il costo dell’acqua potabile, chiamata non a caso “oro bianco”, aumenterà rapidamente per la sua carenza e per la forza rapidamente crescente delle multinazionali che operano nel settore della distribuzione; infine, si verificheranno dei conflitti, prima locali, poi, inevitabilmente, più ampi, a causa di tutte queste criticità. Non si tratta di previsioni di un catastrofista, ma di dati reali, ormai assolutamente accertati, a cui, almeno in parte, si può ancora rimediare, contenendo contemporaneamente tutt’e quattro le crisi citate all’inizio. Risulta di vitale importanza puntare ad un aumento del bene-essere e non soltanto della circolazione monetaria. Mi rendo conto che ciò che propongo è un cambiamento di dimensioni mai viste. Ma di dimensioni mai viste sono anche i problemi che affliggono l’umanità.

Da: Http//megazine.quotidianonet.ilsole24ore.net/ecquo/?p=55092

Marcello Buiatti
Professore ordinario di Genetica all’Università Firenze
Presidente dell’associazione “Ambiente e Lavoro”

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