Immigrazione femminile, uno sguardo di parte

Gli immigrati che vivono in Italia, secondo i dati del Ministero dell’Interno più la stima dei minori a fine 2005, sono 2.600.000. Di questi il 48% sono donne. è sorprendente il dato della presenza delle donne europee e delle neo comunitarie, che è molto alto. Il 40% delle donne hanno un permesso di soggiorno per motivo di lavoro: 36,9% lavoro dipendente e 3,1% lavoro autonomo

L’immigrazione coinvolge, quasi in uguale misura, sia uomini che donne, alcuni autori sostengono che i protagonisti della vicenda migratoria siano all’inizio gli uomini e che solo in un secondo momento vengano raggiunti dalle loro partner. In realtà, per  molti paesi, spesso sono le donne le prime ad emigrare; sono loro ad assolvere diversi ruoli all’interno della famiglia: economico, sociale, e soprattutto quando ci sono i figli, ad avere un compito educativo e di socializzazione. La presenza delle donne immigrate in Italia risale ai primi anni ’60 del secolo scorso. Le donne immigrate sono arrivate con modalità diverse: le filippine attraverso i rapporti con la Chiesa Cattolica e con agenzie di collocamento di lavoro all’estero le quali stabilivano i primi contatti con le  famiglie benestanti italiane presso cui andare a servizio. Diverso il percorso delle donne dell’Eritrea e Somale arrivate dopo lunghi anni di guerra, in conseguenza di legami storici con l’Italia, riconducibili alla breve, ma non per questo meno cruenta, stagione del colonialismo. Dopo sono arrivate le donne di Capo Verde e latino-americane. La presenza delle donne Nord Africane, Est Europa, Asiatiche  e del Africa Sub Sahariana risale ai primi anni ‘90. Gli anni ‘70 segnarono una svolta epocale per le donne italiane che si inseriscono stabilmente nel mondo del lavoro ed acquisiscono maggiore autonomia, ma determinano una forte domanda di potenziamento e di innovazione dei servizi sociali, che risultano drammaticamente inadeguati ed insufficienti. Condizione questa che purtroppo ancora oggi si verifica, soprattutto in alcune regioni del Centro Sud di Italia. Gli immigrati soggiornanti in Italia secondo i dati del Ministero dell’Interno più la stima dei minori a dicembre 2005 sono 2.600.000, di questi il 48% sono donne. A livello di grandi aree si riscontrano delle differenze nell’incidenza percentuale delle donne immigrate sul totale della popolazione straniera: al Nord d’Italia la presenza totale delle donne immigrate è equiparata al  46,1%, al Centro d’Italia al 51,9%, mentre al Sud sono 52,1%, nelle Isole il totale le donne immigrate rappresentano il  46,8%, nel corso dell’ultimo biennio la percentuale di donne  immigrate è  aumentata del 29%. L’area di provenienza delle donne immigrate corrisponde ad una globalizzazione del disagio che coinvolge la maggior parte del pianeta. Delle 222.000 donne immigrate residenti regolarmente in Italia, infatti provengono dall’Unione Europea, dall’Europa dell’Est, dall’Africa Settentrionale, dall’Africa Subsahariana, dall’Estremo Oriente, dal Subcontiente Indiano e  dall’America Latina. E’ sorprendente il dato della presenza delle donne europee e delle neo comunitarie che è molto alto. Il 40% delle donne hanno un permesso di soggiorno per motivo di lavoro: 36,9% lavoro dipendente e 3,1% lavoro autonomo. Per quanto riguarda l’inserimento lavorativo delle donne immigrate possiamo confermare che per decenni le donne non immaginavano un altro lavoro che non fosse quello legato direttamente ai servizi alla persona, svolto direttamente presso le famiglie, come conviventi a tempo pieno e con rapporti diretti, regolati dal contratto nazionale del commercio, sia pure nella sua  applicazione più riduttiva. Fino agli anni 90’ non era possibile per legge il lavoro autonomo e il riconoscimento dei titoli di studio veniva considerato dalle donne stesse inutile in una società che non offriva loro delle opportunità. Questo pensiero era comune anche tra le donne che provenivano da paesi dove il governo italiano aveva sottoscritto i pochi accordi di reciprocità per lavoro autonomo, le donne non ricorrevano a questa possibilità che poteva significare per loro la mobilità sociale e un maggiore reddito. Tuttavia le lavoratrici immigrate hanno dato diversi segni di autonomia e di gestione del tempo che coincidono con l’approvazione delle prime leggi sull’immigrazione e con l’apertura verso altre attività lavorative al di fuori del lavoro domestico e dipendente in generale. La mobilità sociale delle donne immigrate è molto diversa a secondo del territorio in cui le donne si dtabilizzano,  i  salari delle donne variano molto tra il Nord e il Sud d’Italia,  a uguale lavoro corrisponde una disparità di salario, con le donne italiane la disparità  non è solo salariale ma  anche  di inquadramento professionale che è più basso per le donne immigrate. Vi è anche l’evasione contributiva nei confronti delle donne immigrate le quali in genere  tornano nel paese d’origine a età avanzata o per problemi familiari senza curare i propri diritti previdenziali. Alcune iniziative hanno segnato e segnalano una nuova tendenza dell’associazionismo femminile che comincia ad esprimere una forte vocazione all’imprenditorialità: si è così creata nuova occupazione che sa valorizzare le competenze e le esperienze delle donne e presenta caratteristiche particolari e originali tali da consentire, insieme ad altre forme di lavoro e attività produttive, di parlare di una nuova forma di imprenditorialità, quella “etnica”. Ci sono aspetti legati al genere, alla cultura d’origine così come altri riconducibili direttamente alla religione, soprattutto in contesti sociali o politici fortemente connotati dal confessionalismo, la variabile religiosa, non può essere sottovalutata, condiziona la vita di tutti i giorni, soprattutto quella delle donne che provengono da paesi musulmani. Dal punto di vista demografico la Regione Lazio presenta caratteristiche particolari, in primo luogo il numero degli immigrati residenti è 368.794 rappresentando il 52% dei soggiornanti stranieri del centro Italia e il 14,2% di quelli in Italia. Nel Lazio si contano 183 nazionalità straniere che caratterizzano la regione con un policentrismo  etnico che vede nei provenienti dall’Europa il 54% (il 43% del Est Europa), dell’Asia il 20,1%, dell’America il 14% e   del continente africano solo il 10,8%.   La provincia con il numero di immigrati residenti più elevato  è Roma con  323.574, di cui  il 53,8% è costituito da donne. La comunità più numerosa è quella rumena con 60 mila presenze seguita dalla filippina con 22 mila, seguono dopo delle comunità con 5 mila unita (Albania, Perù, Stati Uniti, Spagna, India, Cina, Egitto, Ecuador, Regno Unito, Sri Lanka,  Molavia, Germkania e Brasile) gli europei sono il 52,8%, gli asiatici sono il 21,4%, gli americani il 14,9%, gli americani il 14,9% e gli africani solo il 10,5%. I 64% dei permessi di soggiorno sono per motivo di lavoro subordinato e il 6% per motivo di lavoro autonomo, il resto di permessi di soggiorno sono per motivi di famiglia, di studio, richiedenti asilo, asilo, religioso ecc.  Il 11,7% delle assunzioni a tempo indeterminato riguarda i lavoratori stranieri di queste il 38,7% sono donne. I settori di lavoro sono l’edilizia, il commercio (servizi, ristorazione, alberghiero), trasporti e agricoltura; la maggior parte degli immigrati lavora nelle piccole aziende con meno di 15 dipendenti. La età dei lavoratori varia secondo i settori però si sa che il 68% ha un’età tra i 18 e i 35 anni e il 26% tra i 36 e i 50 anni.  Sono meno di mille i minori che lavorano regolarmente e poco più di 500 quelli che hanno più di 50 anni, secondo i dati INPS che poi si riferiscono fondamentalmente alla Provincia di Roma.   La creazione d’impressa interessa a più di 7.000 stranieri di questi un terzo sono imprese intestate a donne immigrate, si tratta nella maggior parte dei casi di imprese artigiane, sono donne giovani con una età compresa tra i 30 e i 49 anni. Il fenomeno del lavoro delle donne immigrate riguarda maggiormente il lavoro subordinato però le tendenze sono nell’ambito del lavoro autonomo e nella creazione di impresa, soprattutto per donne che hanno più di cinque anni di residenza stabile. In questa premessa abbiamo presso in considerazione soprattutto i dati relativi alla presenza stabile e al lavoro regolare, purtroppo ci sono molti volti del lavoro che vengono denunciati sia presso i servizi sindacali che presso l’ispettorato del lavoro per quanto riguarda la non applicazione dei contratti collettivi di lavoro o direttamente il lavoro nero, ci sono però delle circostanze drammatiche che hanno a che vedere con la discriminazione e con la riduzione in schiavitù che sono denunciate nell’ ultimo periodo al numero verde del Ministero per le Pari Opportunità e  ai singoli servizi legali delle associazioni che svolgono attività a favore delle donne immigrate. Non ci sono dati precisi sul lavoro delle donne immigrate nell’agricoltura, inoltre c’è tutto un settore di lavoro presso le cooperative sociali e presso le aziende a carattere famigliare sulle quali non ci sono ricerche nè dati a disposizione, basti pensare solo al bacino di lavoro delle donne nelle piccole industrie a  Pomezia, in agricoltura nella zona di Nettuno nei settori alberghieri stagionali nei piccoli comuni del Lazio. La vita delle donne non si esaurisce nella famiglia e  nel  lavoro, le donne nelle uniche elezioni dei consiglieri aggiunti svoltesi due anni fa presso il Comune di Roma hanno dimostrato una volontà ferrea di partecipare attivamente e di fare politica di genere, donne che avevano fino a quel momento condotto una vita anche noiosa e rassegnata, si sono “svegliate” e hanno iniziato a  attivarsi per i diritti civili degli immigrati in generale, purtroppo in questa prima elezione in 19 Municipi sono state elette solo due donne, tutte due in periferia una del Mali nel VII e una donna filippina nel XV. A livello centrale l’unica donna è stata eletta poiché la delibera per le elezioni ha garantito un posto. Ma a differenza degli uomini eletti, le donne hanno continuato a formarsi e a partecipare attivamente anche all’ interno di forze politiche italiane offrendo una prospettiva per i quattro anni avvenire. Vorrei finire ricordando che nelle ultime elezione politiche generali una donna di origine dominicana è stata eletta parlamentare nella lista di Rifondazione Comunista, precedente che ci fa sperare in un cambiamento radicale nella visibilità e nella partecipazione delle donne immigrate.

 

Pilar Saravia
Antropologa peruviana presidente dell’associazione di donne immigrate NoDi

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