Eternit senza giustizia

di Davide Giacalone

eternit giustiziaNel caso Eternit lo scandalo non è nella sentenza della Corte di cassazione, ma nel modo in cui è stata accolta e dai più commentata. L’idea che al guasto di ponga rimedio allungando i tempi della prescrizione è non solo totalmente incongrua, nel caso in questione, ma una vera e propria presa per i fondelli. Una truffa. Anzi, ben più che una truffa: un’istigazione alla demolizione della giustizia. Per giunta a cura di quelli che hanno biascicato, per anni, che le sentenze sono sacre. Ne sono schifato.
La cassazione non ha sostenuto che l’imputato è innocente, ma che la procura ha sbagliato tutto e due tribunali si sono accodati all’errore. Non ha scritto che il processo è durato troppo a lungo (è durato pure meno della media, “solo” quattro anni), ha stabilito che il reato presupposto era prescritto prima ancora che lo si contestasse. Ha dato del somaro a pubblici ministeri e giudici. La caciara sollevatasi serve anche a nascondere le colpe (gravi) di questa faccenda. Colpe che si trovano fra le toghe.
Il reato contestato è quello di disastro ambientale, non quello di omicidio o, peggio ancora, strage. Il reato di pericolo si consuma fin quando sono in atto le pratiche che lo determinano, mentre per l’omicidio, ad esempio, fin quando ci sono dei morti. Lo stabilimento Eternit ha chiuso nel 1986. In assenza di atti interruttivi la prescrizione è di 15 anni, quindi scadeva nel 2001. Le indagini sono iniziate nel 2004. Era tutto da buttarsi fin dal primo giorno. Questo sostiene la cassazione.
Ora, per carità, si può pure pensare che la cassazione sbagli. Può sbagliare per due ragioni: a. perché sono ignoranti di diritto; b. perché si sono fatti convincere dall’imputato. Nel primo caso si chiude la cassazione. Nel secondo li si manda in galera. Io credo che abbiano ragione e non abbiano sbagliato, ma chi sostiene che tutto ruota attorno alla prescrizione, da Matteo Renzi e Pietro Grasso in giù, deve avere il coraggio di essere conseguente: sta chiedendo di cancellare la cassazione.
Mi colpisce la tesi di Carlo Federico Grosso, su La Stampa: la Corte avrebbe potuto valutare diversamente, tenendo presente anche la giustizia sostanziale. La “giustizia sostanziale” in cassazione?! Ma la cassazione esiste per l’esatto opposto, ovvero per la tutela e omogeneità della giustizia formale. E, del resto, senza forma e procedura la giustizia non esiste. Si torna a: volete liberare Gesù o Barabba? Ricordate come finì? Mi colpisce la tesi di Giancarlo Caselli, in folta compagnia: la prescrizione deve interrompersi, quando si avvia un processo. Ma a parte il fatto che qui la prescrizione per durata processuale non c’entra e a parte che già si allunga, e di molto, quando è in corso un procedimento, temo che molti si siano dimenticati di qual è il valore irrinunciabile della prescrizione: evitare che un cittadino sia per tutta la vita in balia del potere statale in toga, senza che questo manco sia capace di dimostrarne la colpevolezza. Sembra quasi, a sentire certi discorsi, che l’Italia sia l’unico Paese al mondo in cui esiste la prescrizione, tutto all’opposto, invece, in Italia ci sono reati, come l’omicidio, che non vanno mai in prescrizione, mentre in Francia si prescrivono pure quelli.
E non basta. Se dopo la lettura di una sentenza si alza un coro (ignorante) inneggiante a un cambio della legge per facilitare la condanna, in cosa, tale condotta indecente, è diversa dal coro che la legge volesse cambiarla per farlo assolvere? In tutti e due i casi la giustizia finisce nella pattumiera.
Se la procura non avesse commesso un errore madornale, nella contestazione del reato, e se due tribunali non avessero commesso l’ancor più grave errore di piegare le norme a quella che supponevano essere giustizia sostanziale, oggi non si parlerebbe di assoluzione (che non c’è) e si sarebbero risparmiati molti soldi, tanto tempo e una figura di palta. Dicono che ora intendono contestare l’omicidio. E come ci sono arrivati, per esclusione?
Dopo avere passato anni a battermi contro l’idolatria di ogni atto giudiziario, che poteva diffondersi solo in spregio al diritto, ora, come altre volte, mi ritrovo a battermi per il rispetto della giustizia. Vedere sempre le stesse persone, le stesse forze, le stesse culture, ieri a idolatrare e oggi a dannare, mi conforta nel giudizio da tempo maturato: questi la giustizia neanche sanno dove stia di casa.

Davide Giacalone
www.davidegiacalone.it

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