Intervista al Console Onorario Staffan De Mistura

La foto in Etiopia. Siamo nel 1986. Mi trovo di fronte ad un aereo inglese e ad un elicottero russo. Avevo organizzato un’operazione di bombardamento congiunta, da parte della Nato e del Patto di Varsavia. Non si trattava, però, di bombe, ma di cibo. Bisognava raggiungere gli altipiani etiopici, dove la gente stava morendo di fame. I militari sono bravissimi a bombardare, ma in quell’occasione togliemmo le bombe e le rimpiazzammo con sacchi di grano”.

Elisangela Annunziato

Il console Staffan de Mistura a Villa San Michele ph. Lello Mastroianni (1)Nato a Stoccolma nel 1947 da madre svedese e padre italiano della Dalmazia, dal 1974 Staffan de Mistura ha ricoperto innumerevoli incarichi per conto delle Nazioni Unite. La sua missione è sempre stata quella di attenuare le sofferenze della popolazione civile e stemperare le tensioni nelle aree di conflitto. Insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce, è Presidente dell’Istituto per la Pace Europea di Bruxelles, una struttura nata per prevenire i conflitti attraverso il dialogo. Nel maggio del 2014 ha ottenuto la Soprintendenza di Villa San Michele, a Capri, e la carica di Console Onorario di Svezia. Nel settembre dello stesso anno, il Segretario Generale delle Nazioni Unite ha annunciato la sua nomina ad Inviato Speciale per la Siria.

Lei ha ricoperto prestigiosi incarichi che l’hanno condotta in aree di crisi e di guerra. Sarajevo, ad esempio…

Sarajevo ha vissuto uno degli assedi più lunghi e più crudeli della storia dei Balcani e della stessa Europa. La vera tragedia è stata la consapevolezza che assediati ed assedianti, fino a poco tempo prima, erano amici, vicini di casa. Una tragedia anche umana. Basti ricordare il momento emblematico, indimenticabile, dei due fidanzati, uno bosniaco, l’altra serba. Si amavano e tentarono di fuggire per sposarsi. Vennero freddati entrambi dai cecchini. I corpi non vennero recuperati per lungo tempo, in ciò identificando l’odio esistente in quel momento. Il punto più difficile del mio coinvolgimento venne quando tentammo, con molta difficoltà, di portare le coperte nel paese a monte, assediante, e nella città a valle, Sarajevo. Il vero nemico non erano le bombe, la gente aveva imparato a nascondersi negli scantinati. Il vero nemico era il freddo. Vissi momenti molto difficili. L’inverno mieteva vittime tra i bambini e gli anziani.Giardino Villa San Michele  (11)


Lei è stato anche in Libano…

Durante la missione in Libano compresi il dramma delle mine antiuomo, letali per pastori, contadini e bambini che giocavano nei campi. Lanciai una campagna per la bonifica. C’erano migliaia di ordigni. Ottenemmo il finanziamento da parte di un Paese generoso, gli Emirati Arabi. Il compito fu portato a termine in meno di quattro anni. Ma ciò non bastava ancora. Bisognava anche celebrare il ritorno alla vita. Lo facemmo lanciando la campagna “Un albero per una mina”: ogni qualvolta veniva estratta una mina, nello stesso punto veniva piantato un albero. Un segnale proiettato verso il futuro.

È cambiata la guerra nel corso degli anni?

Sì, purtroppo. È cambiata molto. Oggi colpisce maggiormente i civili, come si può osservare in Medio Oriente. È terribile. I civili dovrebbero essere protetti, non rappresentare uno strumento per esercitare pressione su una parte o sull’altra.

Cosa pensa dei recenti attacchi terroristici?

Il terrorismo è un orrore che sta toccando tutti, da Oriente ad Occidente. Può essere vinto grazie alla determinazione del mondo arabo e di tutti coloro i quali ritengono che vada necessariamente fermato. Gli attentati suicidi sono gesti disperati propri di chi proviene da territori che non possono offrire più nulla.

Elisangela Annunziato, scrittrice e collaboratrice di SocialNews

Elisangela Annunziato

Elisangela Annunziato nasce a Salvador de Bahia in Brasile, ma da piccola viene adottata da una famiglia italiana. Ha effettuato diversi corsi tra cui un corso di formazione in “Organizzazione Eventi Culturali” a Firenze. Dopo la laurea conseguita presso l’università Federico II di Napoli, a ventidue anni, lascia tutto e va per motivi di lavoro negli Emirati Arabi Uniti. Tornata in Italia collabora con diverse associazioni nell’organizzazione di eventi culturali, editoriali e musicali. Da sempre impegnata nel sociale – è stata anche volontaria in Africa- idea e crea “Ti preparo un caffé”, blog che vuole raccontare l’incontro con “il diverso” (da te). E’ la sua scommessa. Oggi é una giornalista pubblicista, autrice del libro Il sogno di Francesca che tratta il tema dell’adozione. 

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