Colombia: come finisce la guerra e inizia la pace?

“Informiamo l’opinione pubblica che questa mattina è stato raggiunto l’accordo per il cessate il fuoco bilaterale e definitivo, per la consegna delle armi, per la garanzia della sicurezza e la lotta contro le organizzazioni criminali responsabili di omicidio e massacri o di azioni che attentano alla vita dei difensori dei diritti umani, dei movimenti sociali e politici”.

Queste le parole dei portavoce della delegazione di pace di L’Avana, con cui il 22 giugno si svegliava la Colombia. In un comunicato congiunto si annunciava la conclusione di un negoziato avviato nel 2012 nella fredda Oslo e concluso nella vicina L’Avana, dopo oltre 50 anni di conflitto, 8 milioni di vittime, 6 milioni di sfollati, 162 mila desaparecidos e 48 milioni di testimoni. 

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Il 23 giugno, all’ora di pranzo, in diretta da L’Avana, alla presenza di una delegazione internazionale composta dai capi di Stato di Venezuela, Cile, Salvador, Repubblica Domenicana e Cuba, Paese garante degli accordi di pace insieme alla Norvegia, il Segretario Generale delle Nazioni Unite Ban Ki-moon, il rappresentante degli Stati Uniti per il processo di pace Bernie Aronson ed l’inviato speciale dell’Unione Europea Eamon Gilmore, il Presidente della Colombia Juan Manuel Santos e il Comandante delle Forze Rivoluzionarie della Colombia (Farc) Timoleon Jimenez, detto Timochenko, firmavano l’accordo e si stringevano la mano, tra gli applausi dei presenti e i flash dei fotografi, per immortalare un giorno storico… Ma appunto, com’è fatto l’ultimo giorno di guerra di un Paese?

Forse, è come quando ti decidi finalmente a pulire le lenti degli occhiali e riprendi a vedere gli oggetti per la loro forma originaria o, forse, come quando scendendo dall’aereo, dopo un atterraggio troppo rapido, ti si aprono di nuovo le orecchie e ti rendi conto che per un tempo indefinitamente lungo avevi sentito la metà. O, più comunemente, è come quelle immagini d’archivio, in cui le persone scendono in strada, con bandiere e striscioni, si abbracciano, festeggiano, gridano… o forse questo succede solo all’esito positivo di una partita di calcio. E la Colombia il 22 giugno, nella semifinale di Coppa America, in una partita tormentata e sospesa contro il Cile, ha perso. 

L’accordo si è concluso con la negoziazione del punto 3 dell’agenda di pace titolato: fine del conflitto. Il cessate il fuoco bilaterale e definitivo sarà accompagnato dalla consegna delle armi nei prossimi sei mesi alle Nazioni Unite e la predisposizione di 23 aree di concentrazione e 8 accampamenti, in cui si avvierà il processo di reinserimento dei militanti delle Farc all’interno della società. Le aree identificate saranno vigilate dalle forze dell’esercito e dalla presenza di osservatori internazionali e sarà vietato introdurre armi all’interno dei campi. Contemporaneamente, il Governo si impegnerà nel combattere e sradicare le organizzazioni criminali, che stanno avanzando nel Paese e sono pronte ad occupare i territori gestiti fino ad oggi dalle Farc. Gli altri punti dell’accordo riguardano rispettivamente: la riforma della politica agraria; la partecipazione politica; la ricerca di una soluzione operativa e programmatica al problema delle droghe illecite; il risarcimento morale ed economico delle vittime; l’implementazione degli strumenti di verifica dell’attuazione degli accordi. La firma dell’intero accordo è prevista per il 20 di luglio, data indicativa, in seguito alla quale la popolazione sarà chiamata al voto, tramite plebiscito, per l’approvazione degli accordi.

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Tuttavia questo negoziato lascia non poche perplessità, soprattutto perché al tavolo di pace mancano due attori principali: l’Esercito di Liberazione Nazionale – ELN, seconda forza di guerrilla del Paese, è, infatti, seduto a un altro tavolo, e i gruppi paramilitari si stanno riunendo in taverna. Nel 2014 a Quito, l’ELN ha intrapreso una trattativa privata con il governo, che si è conclusa il 30 marzo 2016 con la firma, da entrambe le parti, di un accordo preparatorio alla successiva negoziazione pubblica. L’ELN si dichiara disposto a proseguire il dialogo a porte aperte e denuncia la strategia dello Stato di voler isolare e indebolire il potere contrattuale delle forze di guerriglia procedendo per trattative separate, otre a evidenziare una latitanza del Governo nel sedersi al tavolo di Quito.

I temi all’ordine del giorno, avanzati dall’ELN, sono simili a quelli discussi dalle Farc: partecipazione della popolazione alla costruzione della pace, democrazia per la pace, trasformazione multidimensionale (democrazia, rispetto per l’ambiente; riduzione della povertà; politiche contro la corruzione); riconoscimento dei diritti delle vittime; fine del conflitto armato; implementazione e verifica dell’adozione degli accordi di pace. L’invito, da parte della comunità internazionale, è che l’ELN raggiunga presto l’accordo con il governo seguendo l’esempio delle Farc.

Mentre la televisione trasmetteva in tutto il Paese la diretta degli accordi, a El Vergel, un villaggio a sud della Colombia nel Comune di La Llanada, così come in molti dei villaggi roccaforti storiche dei gruppi armati, le Farc invitavano la popolazione ad assistere, con proiezione pubblica, alla diretta da L’Avana. 

Nel mentre, a Pasto, ricorreva l’onomastico della città e le persone si preparavano alla serata finale del concorso di Trio nella piazza centrale. Tra soundcheck e controlli dell’ultima ora, dalla libreria la Lyra, che dà sulla piazza, si poteva sentire distintamente una canzone di Laura Pausini, probabilmente l’ultima delle immagini del primo giorno di pace di un Paese che un mezzo secolo di guerra ha reso totalmente indifferente. Un’indifferenza sofferta, celata dietro a sorrisi gioviali, passi di salsa e bicchieri di aguardiente. Nell’animo più profondo, il desiderio di una pace vera è anelato con rabbia e, nonostante sia stato violentato così ripetutamente da non poter credere alla realtà di un negoziato, è necessario mandare giù il boccone di fronte ai flash, e tentare uno sforzo congiunto e sincero verso la pace perché “è vero, a molti di noi è toccata la parte peggiore della storia, ma speriamo che altri possano vivere in un mondo migliore”…

Susanna Svaluto Moreolo

collaboratrice di SocialNews e cooperante, in Colombia, per OIKOS onlus

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