Il ritorno dei CIE e la deriva dei diritti umani

Il 18 gennaio 2017 il Ministro dell’Interno italiano Marco Minniti ha presentato il nuovo piano del Governo sull’immigrazione: un pacchetto di provvedimenti che prevede una nuova gestione dei migranti attraverso una serie di punti, i quali risultano per lo più opinabili.

Paolo Gentiloni presenta il Piano Minniti immigrazione CIE

La prima esigenza che traspare dal piano è quella di rimpatriare quante più persone irregolari possibili. Il provvedimento principe del piano, infatti, prevede l’accelerazione e l’aumento dei rimpatri forzati, nonostante già questa prima misura non sia completamente compatibile con il rispetto dei diritti umani.

Il secondo punto del provvedimento del Ministro dell’Interno riguarda, invece, la rete dei Centri di identificazione ed espulsione (Cie) che da quattro passeranno a venti, uno per ogni regione, i quali però cambieranno nome e, secondo il Ministro, di conseguenza anche funzione e ruolo.

Lo stesso piano di governo si rivolge in aggiunta anche ai “richiedenti protezione internazionale”, con l’obiettivo di ridurre i tempi, attualmente troppo lunghi, che le procedure comportano. inoltre riduce in questo modo le garanzie in sede giurisdizionale, rimuovendo il grado di appello per chi ha ricevuto un diniego dell’asilo in primo grado.

Sarà inoltre obbligatorio, per i richiedenti asilo, lavorare dal secondo mese dalla presentazione della domanda. Si tratterà comunque di lavori socialmente utili che non entreranno in contrasto con il mercato del lavoro, in quanto non saranno retribuiti.

Ultimo punto del piano risulta versare sul lato positivo della questione, si tratta infatti del proposito di raddoppiare i fondi per i programmi di rimpatrio volontario assistito e di sostenere un maggiore coinvolgimento degli enti che prendono parte alla rete Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati).

Un piano che risulta fragile dal punto di vista politico, ma soprattutto criticabile dal punto di vista dei diritti umani. Si tratta di un provvedimento che punta più sulla “comodità” rispetto alla dignità e all’umanità, che ignora il fallimento di alcuni sistemi già precedentemente in funzione, come il sistema dei Cie, per riproporre soluzioni che sembrano confliggere con i principi sia della Costituzione, sia di quell’Unione Europea. Secondo alcuni attivisti, siamo di fronte ad una vera e propria  deriva i suoi valori fondamentali.

interno cie

I Cie, Centri di identificazione ed espulsione degli stranieri irregolari, sono «sono strutture detentive dove vengono reclusi i cittadini stranieri sprovvisti di regolare titolo di soggiorno», da tempo criticati per le condizioni con cui vengono trattenute le persone, dove il rispetto dei diritti umani è totalmente calpestato e dove la malagestione rende il governo delle strutture estremamente dispendioso. La permanenza nella struttura corrisponde esattamente ad una detenzione, dove chi vi permane è privato della libertà personale ed è sottoposto ad un regime di coercizione che prevede, tra le diverse conseguenze, il divieto di ricevere visite e di far valere il diritto alla difesa legale, in quanto trasgressore di una precisa disposizione amministrativa, cioè quella del necessario permesso di soggiorno.

Secondo i numerosi racconti di coloro che sono stati detenuti nei Centri, le condizioni di vita sono precarie: mancano igiene e pulizia, i pasti sono scarsi, la privacy è un valore inesistente ed il trattamento inumano e degradante ricorda le situazioni abbandonate prima di partire.

È tuttora difficile definire cosa siano i Cie, perché non si riesce a tracciarne i confini tecnico-giuridici all’interno della legge e dell’amministrazione italiana. I cosiddetti «ospiti» vivono all’interno di questi con angoscia e paura, limitati nell’espressione della loro libertà, trattati come i peggiori criminali, disorientati rispetto alla realtà ed alle loro possibilità, stipati nelle strutture come animali destinati al macello.

Il rapporto della Commissione per i diritti umani del Senato, punta il dito verso gli stessi centri, considerandoli e definendoli «peggiori delle carceri». Inoltre,li considera «luoghi orribili, i quali sono aumentati di numero a seguito dell’ondata di profughi». La commissione denuncia, inoltre, la difficoltà del nostro paese nell’eseguire i rimpatri e la totale inefficacia del sistema di trattenimento ed espulsione, affermando che «L’Italia tollera all’interno del proprio territorio e del proprio sistema istituzionale che vi siano luoghi così orribili come i CIE. Costruiamo recinti e ci mettiamo il filo spinato laddove dovremmo invece elaborare strategie razionali e intelligenti per l’accoglienza».

Dopo varie denunce da parte di ONG e associazioni indipendenti unite nella campagna LasciateCIEntrare, anche il rapporto della stessa commissione del gennaio 2017 non si discosta dalle critiche che presenta da anni riguardo agli stessi centri.

All’interno di un sistema che dovrebbe quindi abolire i Centri di identificazione ed espulsione per l’abominio che provocano nei confronti delle persone e dei loro diritti, il nuovo piano di governo per l’immigrazione ne propone invece l’aumento, lasciando così da parte i «vecchi e cari» diritti umani e dimostrando un anacronismo pericoloso e disumano.

 

Anna Toniolo

Anna Toniolo

Anna Toniolo, nata a Mirano (VE) il 1/marzo/1994. Studentessa al terzo anno di Scienze Politiche, Relazioni internazionali e Diritti Umani all’Università degli Studi di Padova. Viaggiatrice e curiosa incallita, giornalista in erba per passione, combatto per la verità e la giustizia per vocazione. Su SocialNews alimento la mia passione per il giornalismo e la scrittura, alimentando la mia attitudine verso la giustizia e facendo del mio meglio per trasmetterla a chi legge. Cosa sono per me i diritti umani? Sono il filo rosso che unisce ogni essere umano, sono ciò che ci dovrebbe sempre ricordare che, anche se diversi, siamo tutti uguali. Bandite le discriminazioni. 

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